Il Governo libico, dopo aver esitato per più di una settimana, ha finito per riconoscere Re Faruk come sovrano dell’Egitto e del Sudan. Il Primo ministro libico, Mahmoud Bey Muntasser, ha annunziato oggi, infatti, che sabato scorso l’ambasciatore egiziano Fadel Bey Salan El Din è stato ricevuto dal Senusso ed è stato accreditato presso di lui come rappresentante diplomatico di «Re Faruk d’Egitto e del Sudan». Il Primo ministro ha colto l’occasione per dichiarare che la controversia anglo-egiziana relativamente al Sudan non interessa la Libia. L’accettazione delle credenzial in tale forma ha proseguito il Premier libico «non significa niente di più del fatto che la Libia nutre per il popolo egiziano e per il popolo sudanese sinceri sentimenti di amore e di profondo affetto e desidera mantenere tanto con l’uno quanto con l’altro rapporti di vera fratellanza. Il Governo libico esprime la sua profonda speranza che la questione dei rapporti fra le due Nazioni sorelle possa essere risolta stabilmente in un modo che soddisfi le aspirazioni di entrambe».
Accordo tra il premier egiziano Neguib e il leader indipendentista sudanese El Mahdi, più o meno apertamente creatura inglese, giunto al Cairo dalla Gran Bretagna con istruzioni chiare: non rinviare in nessun caso all’anno prossimo l’autonomia sudanese. Il testo dell’accordo è stato pubblicato dal giornale Al Misri. L’accordo, secondo il giornale, contempla il riconoscimento del diritto dei Sudanesi a decidere del loro futuro in piena libertà, la realizzazione di un autogoverno quale condizione indispensabile per decidere sull’avvenire del Paese, la revisione della Costituzione per impedire nel frattempo eventuali interferenze dell’attuale governatore britannico, e lo sgombero delle truppe di presidio condominiale britanniche ed egiziane. Le elezioni per un’Assemblea costituente dovrebbero svolgersi entro la fine dell’anno, il plebiscito sull’unione con l’Egitto o sull’indipendenza in data da stabilirsi. Si trascina intanto la polemica con l’ex-re Faruk. Circoli governativi hanno affermato oggi che le frodi fiscali attribuite all’ex-sovrano potranno essere coperte solo in parte dai beni reali posti sotto sequestro. Tali beni saranno messi all’asta, meno quelli di importanza storica. Offerte, inoltre, sono già pervenute da varie Nazioni per l’acquisto delle collezioni filatelica e numismatica di Faruk. (da un articolo di Virgilio Lilli).
Una minaccia di guerra è stata diretta agli Inglesi da uno dei principali ministri del generale Neguib, il tenente colonnello Nasser, che alcuni chiamano « l’uomo numero due dell’ Egitto ». Le dichiarazioni del colonnello Nasser fatte a un giornale americano, e ripubblicate al Cairo, sono redatte nel tono bellicoso e intransigente che è caratteristico dei nazionalisti e specialmente dei nazionalisti orientall. Londra non si è scossa molto a questo ostile squillo di tromba, ma è raro che Londra si scuota. Il colonnello Nasser dice che se gli Inglesi non lasceranno la zona del Canale i capi del colpo di Stato militare agiranno; si dimetteranno dal Governo per condurre la guerriglia contro le forze che occupano Suez. "Non sarà una vera guerra. Sarà una guerra di "commandos ", una guerriglia. Bombe a mano saranno lanciate nell’oscurità, i soldati inglesi saranno uccisi nelle strade ... Se il peggio dovesse venire, la storia della nostra lotta sarà molto simile a quella di Sansone nel Vecchio Testamento. Faremo cadere il tempio sul nostro capo per distruggere i nemici che stanno in mezzo a noi». Queste parole non devono essere prese molto alla lettera: c’è una retorica rivoluzionaria quasi obbligata per i dirigenti di certi Paesi. Ma sarebbe un errore prenderle alla leggera. La verità è che i negoziati fra Neguib e l’ambasciatore britannico al Cairo sul Sudan non fanno progressi. L’Egitto ha accettato il piano per l’indipendenza del Sudan, abilmente manovrando gli Inglesi, che di quella indipendenza si erano fatti campioni quando il Governo del Cairo domandava l’annessione del Paese alla corona di Faruk. Le difficoltà che restano da risolvere riguardano le tre Provincie meridionali sudanesi per le quali i britannici chiedono particolari garanzie (sono abitate da tribù arretratissime), e i poteri del Governatore nel periodo del trapasso. Una definitiva approvazione del progetto di indipendenza per il Sudan e la premessa di un accordo con gli occidentali per la difesa dell’Egitto è lo sgombero del Canale di Suez. Si capisce perciò la ragione dell’intervista di Nasser. Essa significa: se gli Inglesi esitano ancora a concludere le trattative impegnate per il Sudan, rimandando con questo pretesto le conversazioni sulla difesa di Suez e sul loro ritiro dalla zona occupata, noi faremo la guerriglia.
Il Sudan si è pronunziato ieri a favore dell’unione con l’Egitto. Infatti, secondo gli ultimi risultati comunicati ieri sera, il partito filo-egiziano di Unione nazionale si trova nettamente in testa nelle elezioni sudanesi. I sudanesi, con il loro voto, si sono dichiarati contrari, non solo all’amministrazione britannica, che ha subito uno scacco netto, ma anche a Sayed Abdel Rahman El Nahdi, capo del partito indipendente « Umma », che è stato anch’esso nettamente battuto
L’Egitto ha chiesto al Sudan la cessione di tutto il territorio che si trova a nord del ventiduesimo parallelo. Esso comprende un triangolo che si estende lungo il Mar Rosso e la zona di Uadi Halfa sul Nilo. Delle intenzioni egiziane, ha rivelato Mahgoub in una conferenza-stampa, il Governo di Kartum ha avuto notizia ufficiale qualche giorno fa. Il Cairo ha offerto come contropartita al Sudan una piccola zona più a sud. Il territorio sul quale il Presidente Nasser intende imporre la sovranità egiziana, occupa all’incirca seicento miglia quadrate. La richiesta egiziana ha forma indiretta: vale a dire, nella nota datata 16 febbraio, il Governo del Cairo informa quello di Kartum che ha intenzione di estendere anche al territorio in questione, venerdì prossimo, il plebiscito indetto in Egitto e in Siria per la creazione della nuova « Repubblica araba unita », e che per controllare le operazioni ha deciso di inviare sul posto una commissione con una guardia armata di scorta. Aspra è stata la reazione sudanese. Il Consiglio dei ministri, riunitosi questa notte e rimasto in seduta fino all’alba, ha deciso di inviare Mahgoub al Cairo, e ha riaffermato decisamente la sovranità sudanese sulla zona. Il Primo ministro Abdullah Khalil ha cercato di raggiungere Nasser per telefono, ma è riuscito a parlare solo con i funzionari del Ministero degli Interni egiziano. Khalil ha comunque ricordato che i confini della zona contesa furono fissati ben cinquantasei anni fa, e che da allora la regione è sempre stata amministrata da Kartum. Quando l’Egitto riconobbe l’indipendenza sudanese, affermò specificamente che il riconoscimento era valido per il territorio del Sudan nei confini esistenti. Il 29 gennaio 1958 si e
Il ministro sudanese per gli Affari sociali Mohammed Abu Sin ha annunciato oggi che le truppe egiziane hanno sgomberato Abu Ramad. Tutti gli elementi egiziani sono stati ritirati e il vice-governatore della zona ha ammainato la bandiera egiziana. L’annuncio è stato dato dal ministro nel corso di una conferenzastampa. In precedenza il Governo sudanese aveva annunciato che truppe egiziane, della consistenza di circa una compagnia, si erano attestate ad Abu Ramad, circa 130 chilometri entro il confine sudanese. Il ministro degli Esteri d’Etiopia ha pubblicato un comunicato il quale annuncia che l’imperatore, in seguito alle risposte favorevoli ricevute dal Sudan e dall’Egitto a1 suo appello del 18 febbraio per l’apertura di negoziati pacifici per la soluzione della controversia Egitto-Sudanese, si dichiara pronto ad offrire ì suoi buoni uffici per trovare una soluzione accettabile per le due parti. L’agenzia « Medio Oriente » annuncia che una nuova moneta, la « lira araba », sarà messa prossimamente in circolazione nella Repubblica araba unita. Questa moneta sostituirà la lira siriana e la lira egiziana ora in vigore. L’ agenzia « Medio Oriente » aggiunge che negoziati al riguardo sono stati iniziati tra il Cairo e Damasco.
Nevica per mezz’ora sul deserto del Sahara
Amnesty International denuncia il massacro di un centinaio di bambini compiuto, nella Repubblica Centraficana, dalla guardia personale dell’imperatore Bokassa.
In Guinea Equatoriale (meno di un milione di abitanti, 28 mila chilometri quadrati di superficie, ricchi giacimenti di petrolio, reddito medio di un dollaro al giorno) Teodoro Obiang Nguema ha spodestato con la forza lo zio, Francisco Macias Nguema.
Angola: morte di Agostinho Neto, presidente della Repubblica e guida dell’MPLA (Movimento popolare di liberazione dell’Angola). José Eduardo dos Santos lo sostituisce nelle cariche.
In Nigeria termina termina la dittatura militare, e si stabilisce la Seconda Repubblica nigeriana guidata da Shehu Shagari.
«L’intervento russo - cubano dall’Angola all’Etiopia, con i 50 mila «soldati di ventura ideologica» offerti da Fidel Castro, è divenuto un’intrusione militare permanente nel cuore dell’Africa. Un generale sovietico, Vassilij Petrov, ha diretto prima il ponte aereo nella guerra di Menghistu contro la Somalia per l’Ogaden e poi le offensive contro l’Eritrea. Dall’Angola sono partite le incursioni dei ribelli zairesi nella provincia di Kolwezi, dove si produce gran parte del cobalto utilizzato dalla tecnologia aerospaziale degli Stati Uniti. Nel Sahara è stata equipaggiata con armi sovietiche e algerine la guerriglia del Polisario, indirizzata fra l’altro al sabotaggio della produzione di fosfati che il Marocco esporta in Occidente. Lungo la «via del petrolio» i sovietici hanno proceduto alla satellizzazione del Sud Yemen, collocando le loro navi nel golfo di Aden, e poi anche dell’Afghanistan, insediando dieci compagnie del loro esercito tra Kabul e Bagram a garanzia del regime di Hafizullah Amin. Nel Sud Est asiatico hanno fornito al «sub-imperialismo» di Hanoi i carri armati T53, T54, T59, i Mig, i missili Sam per invadere la Cambogia e opporsi alla rappresaglia cinese, ma non le risorse di cui si dice che il Vietnam ha bisogno per sopravvivere e fermare l’ondata degli espatri» (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera).
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