Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La legge di riforma del Senato approvata ieri proprio dal Senato non è ancora legge dello Stato, ma poco ci manca. Alla Camera il governo Renzi ha una maggioranza molto solida ed è piuttosto sicuro che il testo passato a Palazzo Madama venga varato senza modifiche. Perché la Camera si pronunci dovranno, per legge, passare tre mesi, ma dopo il suo sì sarà chiusa la fase della cosiddetta prima lettura e il cammino del disegno di legge Boschi sarà a quel punto in discesa: Senato e Camera, nell’ordine, dovranno, sempre a tre mesi di distanza uno dall’altro, approvare o respingere in blocco il testo. Ed è difficile pensare che un’assemblea lo respinga. Divenuto legge costituzionale, il nuovo Senato dovrà però ancora affrontare la prova del referendum confermativo, che Renzi trasformerà di sicuro in un voto su se stesso. Ci sono incognite su questo referendum? Qualunque consultazione elettorale ha delle incognite, ma a vederla da oggi, benché ci voglia più di un anno prima di questo ultimissimo passo, la partita sembra risolta in favore del premier.
• Che ieri ha comunque già messo a segno una bella vittoria. Se penso a tutta la grancassa che è stata suonata negli ultimi sei mesi...
Ma lei non deve essere ingeneroso, e certe battaglie vanno combattute anche se saranno perse. Magari lei pensa che i bersaniani non fossero in buona fede, che il loro desiderio non fosse veramente quello di migliorare la legge, ma piuttosto quello di mettere in difficoltà il segretario... Questo però è un processo alle intenzioni e non ce lo possiamo permettere...
• Com’è andato, esattamente, il voto?
179 sì, 16 no, 7 astenuti. Tutte le opposizioni sono uscite dall’aula, tranne i verdiniani (Ala) che hanno votato a favore. Berlusconi, incerto sul da farsi, ha fatto abbandonare i seggi, ma senza uscire dall’aula. Era tentato di restare e votare no, come hanno fatto i fittiani, ma poi ha avuto paura che alcuni dei suoi, nel segreto dell’urna, votassero a favore della riforma... Prima del voto, ha preso la parola Giorgio Napolitano, e allora quelli del Movimento 5 Stelle e quelli di Forza Italia hanno abbandonato l’emiciclo per protesta. Il M5S ha da dire su tutti, e figuriamoci quindi su Napolitano. Berlusconi imputa invece all’ex capo dello Stato «la sua complicità nella manovra che determinò le mie dimissioni da presidente del Consiglio nel 2011» (così ha detto ai suoi durante una riunione).
• Strano questo intervento di Napolitano, no? È un senatore a vita, forse dovrebbe astenersi...
Probabilmente non è neanche l’ultima forzatura di quest’uomo. Ha persino detto: «Non mi avete notato al mio banco perché ho ritenuto più appropriato il non intervenire, dopo aver dato un contributo in commissione, nell’aspro scontro politico in assemblea su temi tra i più delicati». E infatti ai cronisti che più tardi gli hanno chiesto un commento sull’Italicum ha detto: «Le risposte non devo darle io, sono un senatore sui generis, non guido gruppi né sto al governo». In ogni caso, Napolitano ha fortemente elogiato la riforma, pur ammettendo che non si tratta di un testo perfetto, e si sa che di questo cambiamento fu grande sponsor anche quando stava al Quirinale. «È compito di tutti prepararci a mettere concretamente in piedi il nuovo Senato, non stiamo semplicemnte chiudendo i conti con i tentativi frustrati, dobbiamo dare risposte a situazioni nuove e a esigenze stringenti, dobbiamo riformare arricchendola la nostra democrazia parlamentare e dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane sulla legge elettorale e gli equilibri istituzionali». Un passaggio, questo, che forse non ha entusiasmato Renzi, almeno apparentemente, fino ad oggi, impermeabile a qualunque richiesta di modifica della legge elettorale già approvata.
• Resta da dire qualcosa su come sarà questo nuovo Senato.
Fine del bicameralismo perfetto: la fiducia al governo e la maggior parte delle leggi saranno approvate dalla sola Camera. I senatori saranno chiamati a partecipare solo in occasione di leggi elettorali, leggi costituzionali e ratifica dei trattati internazionali. I senatori - 100 e non più 315 -saranno scelti tra i consiglieri regionali e i sindaci. Il modo della loro elezione, pomo della discordia tra maggioranza e minoranza pd, è stato stabilito con un compromesso che, lo confesso, non ho capito fino in fondo: i cittadini, al momento di votare per i consigli regionali, sceglieranno anche quei consiglieri che desiderano far entrare in Senato. Costoro poi saranno eletti definitivamente dai consiglieri regionali! Aspetto a pronunciarmi che sia varata la norma relativa all’elezione di questi strani parlamentari.
• Tutto questo porterà finalmente a dei risparmi?
Non troppo consistenti, alla fine. I senatori costano 164 milioni (indennità+rimborsi spese+contributi ai gruppi+costo delle segreterie particolari). Questi soldi saranno risparmiati. Gli altri costi - spese di funzionamento, pensioni degli ex senatori, costo del personale, pensioni degli ex dipendenti - restano tali e quali. Sono 380-390 milioni.
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