Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Come mai, in presenza di una massa tanto imponente di cartamoneta, le borse stanno andando giù, lo spread è in risalita e, insomma, si risentono i venti tipici della crisi di cui quasi quasi ci eravamo dimenticati?
• Non ho capito.
La Banca Centrale europea compra a man bassa titoli del debito pubblico, quello che si chiama “quantitative easing”. Equivale a stampare cartamoneta. I giapponesi, idem. Gli americani erano intenzionati a rallentare l’immissione di banconote sul mercato, ma certi dati hanno consigliato di aspettare ancora un po’ prima di procedere a un raffreddamento deciso. Tutto questo denaro in circolazione finisce per tener su i valori di Borsa, perché i finanzieri, quando non sanno che fare e si trovano troppi soldi in portafogli, comprano azioni. Coma mai da un paio di giorni, invece, vendono? Ieri le Borse sono andate tutte giù, Milano ha perso il 2% e lo spread, cioè il differenziale tra le obbligazioni a dieci anni tedesche e quelle a dieci anni italiane, è sui massimi del 2015, cioè ha toccato quota 145 punti, e poco più di un mese fa, il 12 marzo, stava a 87.
• A queste domande, che ora capisco, deve rispondere lei, mica io.
È che il fallimento della Grecia è diventato probabilissimo. Si parla addirittura della prossima settimana. Detta in poche parole: nella prima metà di maggio Atene deve rimborsare al Fondo Monetario Internazionale un miliardo di euro. Il ministro delle Finanze greco, lo sciupafemmine Varoufakis, è andato in America a pregare la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, di concedere alla Grecia un rinvio del pagamento. La Lagarde ha risposto che questo è assolutamente impossibile: non abbiamo mai concesso a un paese di prima fascia, come la Grecia, di non rispettare alla scadenza i suoi impegni, ha detto in sostanza. La questione è che questo miliardo non c’è o potrebbe saltar fuori se si raschiasse ancora il fondo di cassa delle banche e delle società pubbliche greche, trucco già messo in atto nelle settimane scorse per far fronte ad altri impegni e che non potrebbe più essere ripetuto in seguito. Non pagare gli stipendi degli statali? Non pagare le pensioni? Impensabile. Senonché, se non restituisci i soldi al Fondo Monetario sei fuori sul serio.
• Non dovevano incassare una tranche da 7 e passa miliardi di un vecchio prestito?
Sì, ma, per dargli i 7 miliardi, Fmi Bce e Ue pretendono che i greci stiano dentro la politica di austerità garantita all’atto della concessione dei prestiti. Senonché Tsipras ha vinto le elezioni promettendo tutto l’inverso, cioè posti di lavoro negli apparati pubblici, ritorno alle pensioni di un tempo, salario minimo portato a 751 euro dagli attuali 586 (la legge sul salario minimo è alla Camera lunedì). Supponiamo che il leader di Syriza, disperato, ceda alle richieste dei falchi europei. In questo caso perderebbe un buon 30% del partito, l’ala dura che (forse) preferisce uscire dalla moneta unica che tornare ai diktat della troika. In realtà Tsipras e Varoufakis pensano che i tedeschi e gli altri, all’ultimo secondo, avranno una tale paura della cosiddetta Grexit, cioè l’uscita della Grecia, da cedere su tutta la linea.
• Potrebbe accadere?
Potrebbe forse accadere, ma è meno probabile di una volta. Quest’anno votano spagnoli e portoghesi, una vittoria della linea Tsipras rafforzerebbe i movimenti anti-euro dei rispettivi paesi. I movimenti anti-euro, in base a tutti i sondaggi, diventano sempre più forti: la Lega e Grillo da noi, Podemos in Spagna, l’Ukip in Gran Bretagna, gruppi in Olanda e in Finlandia, un partito che preoccupa la Merkel perfino in Germania. Si chiama Alternative für Deutschland.
• Quindi è più probabile che la Grecia salti per aria. Ed è per questo che le Borse scendono e lo spread sale. Ma che accadrà al resto d’Europa a quel punto?
Gli esperti dicono che oggi il sistema reggerebbe, nonostante contraccolpi non indifferenti soprattutto sulle finanze degli stati. In questi anni, infatti, le banche hanno alleggerito la loro esposizione verso la Grecia. Nel 2008 il sistema creditizio aveva crediti verso Atene di 200 miliardi, all’inzio del 2012 i soldi che i greci dovevano restituire alle banche europee erano ancora 62,6 miliardi, oggi infine siamo ad appena 18,6 miliardi, una cifra che non può provocare terremoti (irrisoria anche l’esposizione italiana, oggi di appena 1,22 miliardi, 6,86 nel 2009). Per gli Stati invece il colpo sarebbe grave: si tratterebbe di mettere una croce su 194,7 miliardi e, relativamente all’Italia, su 40,8 miliardi di euro. Non poco, ma la questione è che, per tenere in piedi la Grecia, dovremmo forse tirare fuori altri soldi, trovandoci magari tra qualche mese con un’esposizione più grave di quella attuale. Tra le altre conseguenze da temere c’è anche quella della fuga dei capitali dalle banche dei paesi deboli verso le banche tedesche. La Grecia è stata messa in ginocchio, tra gli altri, dagli stessi greci che da molti mesi preferiscono tenersi gli euro sotto il materasso piuttosto che nei conti correnti.
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