Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Stiamo uscendo dalla cosiddetta “procedura d’infrazione” e questo significa che l’anno prossimo dovremmo/potremmo avere una dozzina di miliardi in più del previsto per rilanciare l’economia. Miliardi pubblici, naturalmente.
• Sembra che “procedura d’infrazione” sia diventata un’espressione comune, ma non è che io abbia capito troppo bene che cosa significa.
L’Unione europea si basa su un trattato firmato nella cittadina olandese di Maastricht. Tra le regole di questo trattato (i cosiddetti «parametri») c’è il famoso rapporto deficit/Pil. Lei vuole che le rispieghi per la centesima volta che cosa significa “deficit” e che cosa significa “Pil”? Va bene, testa dura, d’accordo. Il deficit è la differenza tra entrate (tasse) e uscite (spesa pubblica). Il Pil è tutto quello che produciamo e consumiamo (siamo intorno a 1600 miliardi di euro l’anno). Si prende il primo numero (deficit) e si divide per il secondo (Pil): se esce fuori una cifra superiore a 0,03, stiamo violando il trattato di Maastricht. Il parametro dice cioè che il rapporto tra deficit e Pil non può essere superiore al 3 per cento. Se lo si infrange, l’Unione apre una procedura che alla fine può costare una sanzione anche di mezzo punto di Pil. Noi eravamo al 5,5 (anno 2009) e quindi era partita la procedura. Ma adesso, grazie alle bastonate di Monti, siamo di nuovo al 3, anzi al 2,9, e quindi ieri la Commissione Ue ha chiesto al Consiglio Ue (l’insieme dei ministri finanziari) di interrompere la procedura. Il Consiglio Ue si riunisce il 21 giugno e lì l’uscita dell’Italia dal girone dei reprobi sarà ufficializzata. È solo una formalità, non ci saranno sorprese.
• Sul piano pratico questo significa....?
Secondo l’Europa non significa niente di particolare, se non che abbiamo evitato una sanzione da 8 miliardi. Anzi, in tutte le dichiarazioni europee di ieri ci viene raccomandato di fare molta attenzione, ci siamo già spesi lo spendibile decidendo di pagare ai fornitori una parte dei debiti della pubblica amministrazione, Barroso ha anche dichiarato che il nostro debito è troppo alto perché ci sia concesso qualche rallentamento, Olli Rehn ha aggiunto che «l’Italia ha margini di sicurezza molto piccoli per tenere il deficit sotto il 3%» eccetera eccetera. L’aria che tira tra i nostri politici è invece completamente diversa.
• Cioè?
Le ritaglio qualche virgolettato. Maurizio Lupi (Pdl): «Il rigore non produce crescita, bensì più recessione». Fassina (Pd): «Il debito va ridotto, certo, ma [...] per dare impulso all’economia bisogna fare più debito e più deficit». Brunetta (Pdl): «Bisogna tornare a spendere, per crescere va sforato il rapporto deficit/pil», eccetera. Fanno capire gli stessi concetti, magari con parole diverse, Zanonato, Saccomanni, Giovannini e, naturalmente, Berlusconi. Aggiungiamo che il presidente del Consiglio Enrico Letta, nei suoi discorsi, non ha mai pronunciato la parola “liberalizzazioni”. Le intenzioni dei nostri, a qualunque partito appartengano, risultano a questo punto piuttosto chiare.
• Possono farlo, però?
Intanto, ho l’impressione che non riusciranno a evitare l’aumento di un punto dell’Iva. Tra le raccomandazioni che l’Europa ci ha ribadito ieri c’è quella di trasferire, un po’ alla volta, il peso fiscale dai redditi ai consumi. È proprio il caso di un’Iva al 22% invece che al 21%, come è previsto a partire dal 1° luglio. Una scuola di pensiero del tutto minoritaria predica addirittura un aumento immediato di quattro punti. Quanto all’Imu sulla prima casa, sarà certamente possibile una rimodulazione che la renda meno pesante o addirittura nulla per chi di case ne possiede solo una e sta sotto un certo reddito minimo. Ma i saldi dovranno essere gli stessi, per quanto Berlusconi batta i pugni sul tavolo. Dopo le amministrative, poi, le intemerate contro il governo hanno l’aria di essere sempre più puro teatro.
• Altri compiti a casa da fare?
La Commissione europea ci invita «a realizzare i surplus primari previsti» frase che, suppongo, significa: vendete pezzi di patrimonio pubblico e con i profitti realizzati abbattete un po’ di debito, in modo da pagare meno interessi (adesso il rosso ci costa una novantina di miliardi l’anno). Poi è necessario riformare la burocrazia, sia per avere un apparato meno costoso sia per diminuire il numero di passaggi a cui è sottoposta ogni pratica. Ogni passaggio oltre tutto rappresenta un potenziale pedaggio corruttivo, e l’Europa ci invita anche a fare la guerra fino in fondo alla corruzione, il che comporterebbe (a spanne) vantaggi finanziari per 60 miliardi. Bisogna poi che i processi civili siano più veloci, se no nessuno verrà a investire qui e senza investimenti esteri in Italia, chiaramente, non andremo da nessuna parte. Ma, veda lei, solo con questo semplice elenco a quante lobbies si deve dar fastidio, gli impiegati pubblici, i magistrati, gli avvocati, quelli delle Ferrovie, quelli delle Poste, quelli dell’energia i cui regimi più o meno di monopolio l’Europa vuole che siano incalzati dalla concorrenza...
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