Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi ci occupiamo di quest’idea del governo di pigliare soldi dalle pensioni di 3.500 euro netti al mese o, secondo alcuni, addirittura dalle pensioni di 2.000 o 2.500.
• Renzi ha smentito.Sì, con una serie di tweet. «I giornali di agosto sono pieni di progetti segreti del Governo. Talmente segreti che non li conosce neanche il Governo». Seguono gli hashtag: #nonesiste e #maddeche. In un altro paio di tweet Renzi ha scritto: «I progetti del Governo non sono segreti. Iniziamo dalla giustizia a cominciare da quella civile che oggi civile non è. Ne parliamo?». Poi: «C’è poi lo #sbloccaitalia che riguarda infrastrutture, energia, autorizzazioni pubbliche, finanza per investimenti. Ne parliamo?». Tutto bene, ma l’idea del prelievo sulle pensioni è uscita fuori domenica, in un’intervista del ministro Poletti al Corriere della Sera. La smentita di Renzi è arrivata ieri sera, cioè due giorni dopo, quando s’erano già espressi tutti contro. No dai sindacati, no dall’alleato Ncd, no anche da alcuni membri del Pd, come Cesare Damiano. Quindi dovremmo considerare l’uscita del ministro una specie di ballon d’essai. Dico ‘sta cosa e vediamo che succede, se non fanno troppo casino magari ci proviamo. Inoltre, Renzi ha messo a capo del suo staff economico di Palazzo Chigi un signore che si chiama Yoram Gutgeld, viene da McKinsey e già un anno fa ha teorizzato la possibilità di togliere un 10 per cento alle pensioni superiori ai 3.500 euro e incassare così 3,3 miliardi.
• Quindi la cosa sta in piedi.
L’idea gira. Ed è bene capire per tempo di che si tratta.
• Sentiamo.
Intanto un chiarimento tecnico. Se lei va da un assicuratore e chiede di costruirsi una rendita, dopo averle fatto la visita medica e constato che sta bene, le costruiranno un piano di versamenti di un certo numero di anni, e da un certo momento in poi le verseranno una rendita calcolata su due parametri: quello che ha effettivamente versato (i “premi”) e la sua speranza di vita, cioè il numero di anni in cui presumibilmente dovranno versarle questi soldi. Fino alla riforma Dini del 1996 il nostro sistema pensionistico ha funzionato in tutt’altro modo: si calcolava la pensione prendendo a parametro la retribuzione del cittadino e riconoscendo un assegno che è la media degli anni migliori o degli ultimi anni. Questo metodo, figlio del Paese dei Balocchi di Pinocchio, si chiama “retributivo”. Con il metodo retributivo le pensioni erogate sono superiori ai contributi versati e non tengono affatto conto della speranza di vita. Il risultato è che lo Stato italiano deve integrare i contributi versati a questo scopo dai lavoratori ancora attivi con 20 miliardi l’anno. Miliardi sottratti alla fiscalità generale. Tutto il sistema ci costa 260 miliardi l’anno.
• Che cosa è successo con la riforma Dini?
Si è passati a una logica più privatistica, cioè si tiene conto dei contributi versati. Il metodo si è perfezionato con la riforma Fornero, tanto ottima quanto esecrata. Esiste oggi quindi una ancor piccola percentuale di italiani che prendono una pensione proporzionale ai contributi versati e alla speranza di vita, e una ancora grande maggioranza di italiani che campa sul retributivo. L’idea di Poletti sarebbe quella di ricalcolare le pensioni basate sul retributivo col metodo «quanto prenderesti se invece ti applicassimo il contributivo?», poi di fare la differenza tra i due numeri, quindi applicare una percentuale su questa differenza e prendersi i soldi. L’obiettivo è tirar su un miliardo, «ma forse un miliardo e mezzo», cioè a un certo punto potremmo benissimo trovarci a due miliardi. Il ricalcolo riguarderebbe solo i pensionati che incassano 3.500 euro netti al mese. Con i soldi incassati si soccorrerebbero i cassintegrati e gli esodati, una classe sempre più misteriosa che ha goduto finora di sei interventi legislativi e non è ancora sparita, e coloro che, trovandosi a spasso per via delle ristrutturazioni, risulterebbero troppo vecchi per trovare un altro posto ma troppo giovani per prendere la pensione. A costoro si darebbero 750 euro al mese, che poi sarebbero restituiti a rate con una trattenuta del 5/6% sulla pensione.
• Ma si può fare?
Il fatto è che le pensioni da almeno 90 mila euro lordi all’anno sono già state colpite dai governi Monti e Letta. Inoltre: la Corte costituzionale ha sancito che questi interventi sono proibiti perché discriminatori. O si colpiscono tutti i redditi da 3.500 euro in su, e non solo quelli dei pensionati, oppure niente. C’è infine il problema della deflazione. Milton Friedman suggeriva, a banche tirchie e prezzi in discesa come adesso, di mandare in giro elicotteri che bombardassero le città di banconote. Mi pare che l’idea di un contributo di solidarietà di qualunque tipo, magari anche giusto, sia lontanissimo da questa e dalle altre ricette suggerite dai grandi economisti.
(leggi)