Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un discorso del governatore Mario Draghi, ieri a Napoli in occasione del cosiddetto Forex (incontro tra i più importanti operatori finanziari), ha fatto il punto sulla crisi.
• Che cosa ha detto?
Che dalla crisi stiamo uscendo. E tuttavia, ha poi offerto dati e considerazioni che sembrerebbero provare il contrario. Prima di tutto, riguardo all’occupazione: «Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600 mila occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finchè la flessione dell’occupazione non s’inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul Pil». Sembra un discorso ovvio, ma l’accenno ai consumi lo rende meno ovvio: solo un paese con un alto tasso di occupazione può sperare in una domanda alta, perché solo chi è occupato e ha una certa sicurezza relativamente ai suoi redditi compra serenamente quello di cui ha bisogno, o di cui crede di aver bisogno. Lei sa che il nostro sistema è fondato su un consumatore attivo e ottimista, senza il quale la domanda cade e la produzione rallenta. Quindi lavorare per estendere l’occupazione e distribuire meglio il reddito è una condizione sine qua non per uscire dalla crisi, almeno permanendo questo modello di sviluppo. Il governatore ha ricordato che la nostra perdita di competitività data da un quindicennio e ha ribadito che per recuperarla ci vogliono «le riforme strutturali», intendendo con questo, evidentemente (lo ha detto altre volte), un intervento che dia maggior protezione a chi rischia il psoto, che diminuisca le differenze tra Nord e Sud e tra ricchi e poveri, che aumenti il tasso d’istruzione generale dei cittadini. Nota di speranza: l’Italia dei primi anni Novanta era in condizioni economiche peggiori di quanto non lo sia attualmente la Grecia, eppure è riuscita ad uscire dalla crisi con le proprie forze.
• A proposito di Grecia: sull’euro in caduta e sui rischi a cui ci espongono i Pigs (cioè i quattro Paesi con i bilanci disastrati, Portogallo Irlanda Grecia Spagna) ha detto niente?
«L’euro è saldo», ma c’è bisogno che l’Unione europea abbia anche un «governo economico» saldo e univoco: «Occorre che nell’Unione europea si formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso che sono stati esercitati negli ultimi anni sui bilanci pubblici. Dieci anni fa all’avvio della moneta unica si levarono voci a richiedere anche un governo economico dell’Unione; furono sovrastate dai cori entusiasti che celebravano la meta raggiunta insieme all’impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione». Tema delicatissimo: quando nacque la Ue non si prese neanche in considerazione l’ipotesi che uno Stato potesse fallire. Si scrisse anzi nero su bianco che aiutare uno Stato era tassativamente proibito. Di fronte al caso greco perciò non si sa letteralmente che cosa fare, anche perché qualunque intervento che intaccasse la sovranità nazionale sarebbe extra-Maastricht e costituirebbe un precedente. Bisogna perciò – dice Draghi – che si faccia un passo avanti nella direzione dell’integrazione economica. Una cosa difficile: come integrarsi economicamente senza rinunciare a una parte della propria sovranità, cioè rassegnandosi a essere meno indipendenti?
• Ha messo sotto accusa le banche?
No, ha solo ricordato che gli utili delle banche nel 2009 si sono dimezzati rispetto al 2008. I prestiti alle imprese sono diminuiti del 3%, quelli alle famiglie sono invece aumentati di altrettanto. Le sofferenze sono in aumento, vale a dire sono in aumento le rate non pagate e quelli che in gergo si chiamano ”gli incagli”. Una preoccupazione: «I nuovi prestiti per l’acquisto della casa vengono concessi quasi sempre a tasso variabile. Occorre che i contraenti siano avvertiti del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso». Implicitamente Draghi ci ricorda che, al primo accenno di ripresa della domanda, i tassi saranno alzati per tenere sotto controllo l’inflazione. Le famiglie ne tengano conto e non si facciano abbacinare da condizioni che sembrano molto favorevoli ma non possono che essere temporanee.
• S’è capito quando ci sarà questo aumento dei tassi?
Dice che «a medio termine non emergono rischi d’inflazione». Quindi «a medio termine» i tassi dovranno restar fermi. «Medio termine» è però un’espressione ambigua: può anche voler dire l’anno prossimo, cioè in definitiva fra non molto.
• Altro da segnalare?
Le banche devono ricapitalizzarsi. E stare molto attente con bonus, premi e altre remunerazioni ai manager, i cui eccessi il pubblico non capirebbe. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/2/2010]
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