Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ryanair ha offerto ieri un miliardo di dollari per gli scali di Malpensa e Orio al Serio. Si propone di realizzare 80 nuove rotte, di mettere in servizio entro il 2012 diciotto nuovi B-737, di creare cinquanta rotte internazionali e dieci nuovi collegamenti nazionali da Milano verso l’Italia meridionale. Vale la pena ricordare due cose: pochi giorni fa Alitalia ha abbandonato Malpensa, tagliando quasi la metà dei suoi 340 voli giornalieri; e alla domanda: «Si prenderebbe Alitalia?», il capo di Ryanair, Michael O’Leary, ha risposto: «Neanche se me la regalano».
• Perché Malpensa sì e Alitalia no?
Dice O’Leary: «L’Alitalia è un casino che non sarà risolto se non si farà fuori la politica». Malpensa, invece, non è diventata quello che poteva diventare proprio «perché per anni ha scommesso sul cavallo sbagliato, Alitalia».
• Alitalia ha veramente colpe nel fallimento di Malpensa?
È stato folle pensare che Alitalia, da sola, potesse garantire l’hub italiano, cioè lo scalo dove si concentrano la maggior parte dei voli. Per fare un hub ci vuole una compagnia che garantisca almeno 80 voli a lungo raggio e che faccia dell’aeroporto prescelto il suo perno. Su questo perno converranno tutti i voli a corto raggio con i viaggiatori destinati agli scali internazionali. Ma Alitalia non ha 80 aerei a lungo raggio, ma solo 23. Invece: Klm-Air France tiene l’hub di Parigi con 170 voli, Lufthansa garantisce Francoforte con 134 aerei e British Airway occupa Londra con 130 apparecchi. Tre hub che smistano più di 50 milioni di passeggeri l’anno. Fiumicino ne fa 30, Malpensa appena 20.
• E con Ryanair invece che succederà?
O’Leary promette di portare 10 milioni di passeggeri (adesso su Malpensa ne ha tre). Bisogna fidarsi di questo O’Leary: irlandese, 44 anni, piccoletto, studi non finiti. Dirigeva dei chioschi alimentari e mr Ryan a un certo punto gli chiese di salvargli la compagnia. O’Leary si ispirò agli americani della Southwest Airlines, compagnia low cost – cioè a basso costo – e ridisegnò completamente il business ipotizzando passeggeri che pagassero il biglietto prezzi irrisori. La sua tariffa media è di 41 euro, contro i 186 di Alitalia. Beh, dal 1992 ha chiuso i conti sempre in attivo. Gli ultimi dati resi pubblici riguardano il 2004: un margine di duecento milioni di euro dopo le tasse.
• Ma come fa?
Tre regole. Un scegliere un solo modello di aeroplano, il 737-800, non importa se non ha abbastanza autonomia per attraversare l’Atlantico. Vantaggi: imporre tariffe più basse alla Boeing e contenere le spese di manutenzione. Due: lavorare solo con aeroporti secondari. Risultato: tasse aeroportuali più basse e contratti molto vantaggiosi. Tre: non far passare più di 25 minuti tra atterraggio e decollo, cosa possibile solo negli aeroporti secondari. Quindi ogni apparecchio Ryanair fa mediamente ogni giorno due voli in più dei concorrenti. Nel 2004, ha fatto viaggiare così 34 milioni di passeggeri con uno staff di 2.500 persone. Alitalia di passeggeri ne ha trasportati 25 milioni, con un personale più o meno dieci volte tanto. Con Ryanair, naturalmente, si vola spartano. Per esempio, a bordo è impossibile trovare del ghiaccio. Risparmiando sui cubetti, si tagliano 50 mila euro l’anno. Le bibite, gli snack – anche una nocciolina – sono a pagamento (con cibi e bevande Ryanair ha guadagnato, lo scorso anno, 180 milioni). Per vedere film e programmi tv, bisogna pagare 7 euro (e 30 su cento pagano). Inoltre il 95% per cento delle vendite di biglietti avviene attraverso il sito Ryanair.com e questo rappresenta un altro risparmio.
• Dov’è la fregatura?
Beh, i prezzi in realtà non sono tutti bassissimi. Ossia: lo sono in certi giorni della settimana e solo se si decide la data di partenza molto tempo prima. Un aeroplano low cost può portare contemporaneamente passeggeri con 12 tariffe diverse l’uno dall’altro. Poi: ogni variazione al biglietto viene fatta pagare così cara che conviene ricomprarlo. Bastano poi cinque minuti di ritardo e l’aereo è perduto senza rimborso. Vietato sbagliare peso, dieci chili per il bagaglio a mano (un collo) e quindici per quello nella stiva (un collo). L’eccedenza costa un occhio. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/9/2007]
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