Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  aprile 16 Martedì calendario

«Io e Ennio come una favola E pensare che per sposarci chiese un prestito a suo zio»


di Elvira Serra
Lina Tombolato: ho sette nipoti che mi aiutano a superare la nostalgia

~
G li occhi di Lina Tombolato brillano come il verde del vestito che indossa, seduta sul divano dove lei e il marito Ennio Doris guardavano la televisione mano nella mano. In casa come nella vita: 59 anni insieme. Un viaggio cominciato in bicicletta, passando per la Fiat 850 del viaggio di nozze nel 1966, la Citroën Pallas del 1973 quando lui era diventato il miglior venditore in Dival, l’elicottero degli anni ‘90 per tornare a Tombolo, in Veneto, da Milano, dove aveva creato con Silvio Berlusconi quella che sarebbe diventata Banca Mediolanum, fino al jet dei viaggi di lavoro o delle vacanze. E loro sempre uguali: due ragazzi di Tombolo che non hanno mai dimenticato da dove sono partiti.
È al cinema il film che racconta la storia di suo marito: «C’è anche domani». L’ha emozionata di più Massimo Ghini, nel ruolo di Ennio adulto, o Daniel Santantonio, lui da ragazzo?
«Sono stati tutti bravissimi. Ma mi sono commossa quando ho visto i miei suoceri, persone meravigliose, e al primo incontro tra me ed Ennio».
Lo teneva d’occhio...
«Da un anno, ma ero più giovane di sei anni e non mi vedeva... Finché, quando io avevo 15 anni e lui 22, ci siamo incontrati a casa di mio zio. La zia Elvira mi aveva avvisata».
Il titolo non è penalizzato dalla quasi omonima pellicola di Paola Cortellesi?
«Ci ha sorpreso, quando è uscito il suo. Il nostro rimanda all’autobiografia di Ennio pubblicata nel 2014 da Sperling & Kupfer: “C’è anche domani” era il suo motto, aveva lo sguardo sempre rivolto al futuro».
Il ritratto che ne fa il regista Giacomo Campiotti è molto fiabesco.
«Se mi volto indietro, la nostra vita è stata davvero una favola. La sceneggiatura, anzi, è stata romanzata per creare, per esempio, un antagonista che non c’era».
Quando vi siete sposati, immaginava che sareste arrivati così lontano?
«No, ma avevo fiducia cieca nelle intuizioni di Ennio. Certo, sorrido se penso che per sposarci abbiamo chiesto un prestito allo zio, e che con quei soldi ci siamo comprati la camera da letto che costava meno in assoluto per andare a vivere dai suoi genitori. Ma credevamo nei nostri sogni. Vorrei che il film lo vedessero nelle scuole per infondere speranza ai ragazzi di oggi».
Che conosce bene, visto che ha sette nipoti, dai 14 ai 27 anni. In chi rivede suo marito?
Il film sulla sua vita
Gli attori? Li ho trovati tutti bravissimi. Mi sono commossa quando ho visto i miei suoceri e alla scena del nostro primo incontro
«Sia nei figli di Massimo che di Sara. Aqua ha un carattere frizzante, Alberto sogna di fare il regista, Lunachiara è riflessiva, Sara Viola è dolce, Agnese si dà un gran da fare, Davide è il piccolino, anche se è già un metro 85, Anna ha grinta, ed è l’unica rossa».
Conserva ancora le lettere che vi scrivevate da ragazzi?
«Sì, le ha Sara. Ce le mandavamo d’estate, quando ero al mare a Jesolo con la sorella. Lui ci raggiungeva il sabato in pullman. Ricordo i nostri baci salati: la nostra canzone era Sapore di sale».
Lo aspettava per cena.
«Arrivava anche dopo mezzanotte, ma era un momento solo nostro. Amava la cucina popolare. Quando poi ci siamo potuti permettere il cuoco, se ai bambini preparava cotoletta e risotto e a noi piatti elaborati, chiedeva le stesse cose cucinate per i figli».
È scomparso il 24 novembre 2021. Cosa le manca?
«La quotidianità, i piccoli gesti. Io che gli preparo gli abiti da indossare con i gemelli, noi che balliamo il tango in vestaglia...».
Riposa a Tombolo. Lo va a trovare spesso?
«Sì, appena torno a casa per prima cosa vado da lui. Ma mio marito è qui, nel mio cuore. La cosa bella è che al cimitero trovo sempre biglietti e fiori lasciati dai dipendenti che vanno a salutarlo».
Lo ha sempre incoraggiato.
«Incoraggiavo anche le mogli dei nostri addetti alle vendite! Eravamo due ottimisti. La regola: mai lamentarsi».
In affari con Berlusconi
Quando lasciò Dival guadagnava 124 milioni di lire al mese. Io lo spronai: «Non vuoi fare qualcosa di importante per i tuoi figli?»
Non ha esitato nemmeno quando lui decise di rimborsare di tasca propria, dunque vostra, i clienti travolti dal fallimento di Lehman Brothers?
«Non bastava essere d’accordo, ho dovuto firmare un documento. E sapevo che era la cosa giusta. Il banchiere di riferimento di Ennio era Amadeo Peter Giannini, tra i fondatori della Bank of America. Lehman Brothers ci ha dato l’opportunità di mostrare di che pasta era fatto Ennio».
Quando lasciò Dival per fondare con Berlusconi Programma Italia quanto guadagnava?
«124 milioni di lire al mese. Fui io a spronarlo. Gli dicevo: non vuoi lasciare ai tuoi figli qualcosa di importante?».
Un ricordo di Berlusconi?
«La genialità, la generosità, l’altruismo. Non c’era volta che tornassimo senza un suo regalo, dopo una visita».
Ha avuto una vita sentimentale diversa dalla vostra.
«Tante cose sono state inventate. A me resta un ricordo privato molto affettuoso. Le nostre famiglie si incontrarono una settimana prima che morisse e lo rivedo con blocco e penna mentre scriveva cosa voleva fare per l’Italia».
Avete coltivato gli amici d’infanzia.
«Ennio li invitava nei road show. Durante gli spostamenti in aereo giocava a carte con loro, ridevano, poi lui lavorava e loro facevano i turisti».
Mediolanum è ancora sponsor del Giro d’Italia, con la maglia azzurra.
L’omaggio
Ogni volta che vado al cimitero trovo sempre biglietti e fiori lasciati dai dipendenti che sono stati a salutarlo: è una cosa molto bella
«Abbiamo ricordi bellissimi legati al Giro. Lo seguivamo con gli amici, ci portavamo il pranzo al sacco e mangiavamo sui prati».
Quando la assale la nostalgia cosa fa?
«Quando è tanta, piango. Ma sento anche una grande responsabilità verso i miei figli, i miei nipoti e la famiglia dei nostri family banker. Tra poco andrò in Oman con loro in un viaggio premio».