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 2024  marzo 28 Giovedì calendario

Contrari a prescindere

Se ci fossero diecimila persone che sostengono enormità, o anche se fossero venti o trentamila, poco male. Purtroppo nella società contemporanea si potrebbe dire che c’è una percentuale della popolazione (all’incirca il 30/40%) che, ogni volta che c’è una scelta da fare, fa invariabilmente quella sbagliata. E ciò ben sapendo che la maggioranza la considera sbagliata: ma quello è un motivo in più per adottarla. Vale anche per l’astensione dal voto: molti pensano che bisognerebbe sfasciare tutto e ricominciare da capo. Come se fosse possibile. Comunque l’odio per chiunque comandi annebbia il cervello di molti e dà da mangiare a comici come Maurizio Crozza. Il fenomeno è talmente imponente che merita riflessione. E ciò che bisogna mettere bene in chiaro, sin da principio, è che esso riguarda da un lato l’umanità e dall’altro il singolo.Nel Ventesimo Secolo questo atteggiamento ha avuto un senso, perché c’era una nuova religione, il marxismo, che ne dava una spiegazione. L’umanità era oppressa e sarebbe stata felice dopo la crisi del capitalismo e il trionfo della rivoluzione proletaria. Finché è stata viva l’utopia comunista, gli ingenui e gli stupidi hanno potuto credere che, buttando giù la Repubblica Italiana e trasformandola in Repubblica Democratica Italiana di obbedienza moscovita, tutto sarebbe andato per il meglio. Andare sempre e comunque contro il potere significava favorire l’ultima crisi del capitalismo e anticipare la rivoluzione proletaria. Oggi di tutto questo si sorride appena, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, e tuttavia come si spiega la persistenza di questo atteggiamento? Innanzi tutto con la storia. In Francia il popolo era sinceramente monarchico e tuttavia nel Seicento c’è stata la Fronde. Nel Settecento cattolico c’è stato l’Illuminismo. Nel periodo rivoluzionario c’è stata la Vandea. E si potrebbero trovare molti altri esempi. Il popolo si dichiara felice solo nei Paesi in cui, dichiarandosi infelice, si va in galera.
In realtà il popolo è sempre insoddisfatto ed arriva ad ipotizzare di avere un nemico che trama contro di lui. Tanto che, se lo potesse eliminare, tutto poi andrebbe bene. I governi, visto che trovano conveniente deviare su questo nemico immaginario l’animosità che già si manifesta contro di loro, incoraggiano questa credenza. E questo sistema è particolarmente caro alle dittature. Questo spiega il nazionalismo acceso, l’antisemitismo, il razzismo. Il sistema funziona tanto bene da far sì che il popolo applauda perfino una dichiarazione di guerra. Magari poi perdendola rovinosamente (caso emblematico i palestinesi e Israele). Lo stesso Hitler in questo campo merita una citazione. Sapete perché diede a credere che la Germania aggrediva la Russia? Perché non aveva il Lebensraum necessario, lo spazio vitale. Viene da sorridere ma è proprio così. Ancora oggi la Turchia geme sotto una dittatura perché Erdogan fa finta di lottare contro il suo nemico Fethullah Gülen, colpevole di ogni malefatta. Avete mai sentito parlare di lui? No. E tuttavia da solo – secondo Erdogan – Gülen può fare la rivoluzione in Turchia e rovesciarlo.
Il caso più interessante è tuttavia il modo come questo fenomeno si configura a livello individuale: il conflitto interno viene proiettato all’esterno. Il singolo disadattato (quello che da ragazzo va male a scuola, poi non riesce ad imparare un mestiere, poi è disoccupato, e infine non ha nessun tipo di successo) ha seri motivi per considerarsi un fallito. Ma arrivare a questa coscienza richiede molto coraggio. Dunque per le persone più superficiali e più disposte ad auto-ingannarsi esiste la soluzione del nemico esterno. «Non sono io che non riesco ad avere rapporti facili col resto dell’umanità, è il resto dell’umanità che sembra avercela con me. Non sono io che non ho cercato o trovato un lavoro, è che non mi è stato offerto il lavoro che avrei volentieri esercitato. L’amore? Sa Iddio se ci ho provato. Ma tutte le donne (o corrispondentemente tutti gli uomini) sono egoiste, esigenti e, per dirla in una parola, puttane (per gli uomini: farabutti, delinquenti, prevaricatori)». E via di questo passo.
Sicché in conclusione questi uomini sono giustificati se ce l’hanno con l’altro sesso, con l’umanità e, per cominciare, con i concittadini. Sono contro le banche, perché le banche sono il tempio del denaro che loro non hanno. Sono contro le scuole, colpevoli di averli dichiarati inferiori. Sono contro le automobili che loro non possono permettersi, e all’occasione le bruciano nelle manifestazioni di protesta. Questi però sono piccoli sfoghi. Il nemico centrale è l’istituzione che guida la collettività e la rappresenta: lo Stato. E allora cosa c’è di meglio che attaccare la polizia, che rappresenta e difende quello Stato? L’intera umanità è coalizzata contro questo singolo, e questo singolo si sente un eroe mentre attacca lo Stato. Lo Stato lo ha schiacciato, e lui cerca di schiacciare un poliziotto. E per farlo chiama dei falliti come lui a dargli una mano. In democrazia alcuni la chiamano libera manifestazione del pensiero.
Il violento di strada è un fallito che esorcizza la sua tragedia intima esternandola e trasformandola in una vittoria sopra la collettività. Ma il fallimento, se così vogliamo chiamarlo, non si può esorcizzare. Si smette sul serio di essere inferiori quando si riesce a capire che si è meno dotati, e che l’unica soluzione per galleggiare è essere molto amabili con tutti. Se invece ci si dà al rancore, alla depressione, al malessere personale che si scarica sul sociale, non se ne esce. Si rimane al bambino che pesta i piedi, si rotola per terra, e si rende odioso. Ma soggettivamente soffre sul serio.