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 2024  marzo 28 Giovedì calendario

Yankee in campo per Sudan e Haiti

In più di un caso, gli Stati Uniti ci irritano. Da un po’ di tempo anche per la loro schizofrenia interna. La realtà, però, è che dietro agli errori e a certe arroganze c’è il Paese che interviene nelle situazioni più disastrose che si presentano sul pianeta. Siano aiuti dopo eventi naturali, siano interventi per fermare terrorismi e guerre civili, Washington di solito c’è. Al momento, due crisi sono oscurate dalle guerre in Ucraina e a Gaza ma sono drammatiche: a Haiti e nel Sudan. In entrambe, gli americani cercano il modo per evitare che i due Paesi finiscano definitivamente nella lista degli Stati falliti, con ancora più vittime. Haiti è nelle settimane scorse caduta nell’anarchia a causa del crollo del potere centrale dopo che bande di criminali hanno terrorizzato città e villaggi, hanno assaltato carceri e liberato quattromila prigionieri che si sono per lo più uniti alle razzie e hanno impedito il rientro in patria del primo ministro Ariel Henry che stava in Kenya in cerca di aiuti. L’Onu ha calcolato che nella metà di isola caraibica Hispaniola che costituisce Haiti ci sono cinquanta armi per ognuno degli 11 milioni di abitanti. La Repubblica Dominicana (l’altra metà dell’isola) sta accelerando la costruzione di un muro sul confine per evitare che il caos le arrivi in casa. Già colpita da un terremoto devastante nel 2010, con una storia di violenze e di dittatura, oggi Haiti ha un Pil pro capite di 1.200 dollari l’anno (la Repubblica Dominicana di oltre 8.800). Washington e i Paesi caraibici del Caricom stanno cercando di creare le basi per costituire un governo e di fare intervenire una forza internazionale (del Kenya) pagata almeno in parte dagli Stati Uniti. In Sudan è scoppiata nello scorso aprile una guerra civile tra due eserciti, uno ufficiale e uno di ribelli, che ha costretto ad abbandonare case e villaggi sette milioni di persone, ha distrutto la capitale Khartoum e ha fatto dire alle Nazioni Unite che quasi 18 milioni di sudanesi sono sull’orlo della carestia. Qui, Washington sta tentando, assieme all’Arabia Saudita, di mobilitare Paesi africani e mediorientali per dare il via a una trattativa tra le fazioni in guerra. Complicato, ma una finestra potrebbe aprirsi dopo metà aprile. Intanto, assieme ai britannici, gli americani cercano di tenere aperto il transito marittimo nel Mar Rosso. «Yankee go home» non è lo slogan più saggio.