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 2023  settembre 11 Lunedì calendario

Biografia di Domenico De Masi

Domenico De Masi (1938-2023). Professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma. Teorico dell’ozio creativo. «Bisogna saper oziare per vivere meglio e produrre di più» • Nato a Rotello (Campobasso). Il padre, chirurgo, muore quando lui ha 9 anni. Infanzia in collegio, dai salesiani a Caserta. Poi a Perugia, grazie a una borsa di studio per orfani. «Avrei voluto fare Lettere e Filosofia ma non c’era. Ripiegai su Legge che non mi piaceva affatto per cui facevo gli esami il più presto possibile nella sessione estiva e li facevo il più tardi possibile nella sessione autunnale. Così tra le due sessioni viaggiavo per l’Europa in Vespa» • Un giorno nei corridoi dell’università vede una porta con su scritto “Antropologia culturale”. Incuriosito entra e ascolta la lezione del prof. Seppilli: «E Seppilli parlava delle streghe e delle fattucchiere. Alla fine della lezione vado dal professore e gli chiedo: “Ma voi parlate sempre di streghe e fattucchiere? O parlate anche di giovani, anziani, conflitti...” “Sì, è la nostra materia”. E come si chiama questa materia? “Sociologia”. E dove si insegna? “Il posto più vicino è Parigi”» • Per tutta l’estate dei suoi vent’anni dà lezioni private e con i soldi guadagnati si compra una nuova Vespa e va a Parigi per fare un corso di sociologia. Conosce Sartre che lo aiuta a ottenere una borsa di studio per la Sorbona • «Di notte facevo il commesso nell’unica libreria aperta, una fortuna enorme. Dalle 9 di sera alle 6 del mattino avevo tutti i libri a mia disposizione per studiare» • Torna in Italia, inizia la carriera. Assistente all’università di Napoli. Manager per grandi imprese. Reportage di carattere sociologico su Nord e Sud. Collabora con Il Punto, conosce Pier Paolo Pasolini • «Tutto questo mi portò alla stesura del mio primo libro. Si chiamava La negazione urbana, un libro su Napoli. Raccontavo vite parallele: quella di un carcerato e quella di un suo compagno di scuola che aveva fatto fortuna. Lo pubblicai con Il Mulino. Ebbe molto successo. E mi proposero un’antologia di sociologia dell’industria anche questo fortunato. E da quel momento pubblicai parecchio con Il Mulino, con Laterza, con Franco Angeli. Da allora ho portato avanti le grandi tematiche post-industriali con un libro pubblicato da Franco Angeli che arrivò a 13 edizioni in meno di un anno. Era intitolato L’avvento post-industriale» • «Il libro fu difeso da Giorgio Napolitano all’interno del Pci. Con la mia teoria finiva l’egemonia operaia e la cosa non piaceva a tutti» • «Mi sono inventato un metodo pedagogico abbastanza nuovo, basato sulla ricerca» • Del 2000 L’ozio creativo: «Gli antichi romani quando arrivavano in un posto per prima cosa creavano un teatro e le terme. Le terme erano il tempio dell’ozio creativo. Tutti i romani andavano verso le 10 del mattino alle terme. Lì non solo si faceva il bagno o ginnastica, si faceva politica, letteratura. Da qui sono passato allo studio della creatività. La creatività è un’attività umana straordinaria. Io ero intrigato dalla creatività collettiva. Mi era chiaro che dall’Ottocento eravamo passati dalla creatività del singolo a una creatività per cui tremila ingegneri della Apple creano un iPad. Iniziai lo studio di centinaia di gruppi creativi del passato: il gruppo di Enrico Fermi, di Pasteur, la Bauhaus a Berlino che portarono al libro L’emozione e la regola. A mio avviso la creatività è sintesi di queste due cose. Non basta avere un’idea, bisogna anche realizzarla. Poi cercai di analizzare la differenza tra la creatività singolare e quella collettiva. Ognuno di noi o è fantasioso o è concreto ma nei gruppi creativi c’erano sia persone fantasiose sia persone concrete. Basta mettere a capo del gruppo una persona carismatica per ottenere la creatività. Molte scuole, anche in Brasile, si basano sull’ozio creativo e su questo concetto di creatività» • Per anni militante di sinistra, ma senza rapporti con la sinistra ufficiale. Amico di Beppe Grillo ha condotto diversi studi per il M5S, pur non aderendo al Movimento • Era molto amico anche di Lina Wertmüller: «Per trent’anni, ogni sabato o la domenica, cadesse il mondo, lei, Francesco Rosi e io andavamo al cinema insieme. E anche quando Francesco veniva meno, andavamo Lina e io» E dopo il cinema a cena? «Naturalmente. La casa di Lina è stato un luogo incredibile. Era sempre frequentata da gente interessante, la sera si vedevano spesso Arbore, De Crescenzo. Ci sono passati Andy Warhol, Barbra Streisand, Pedro Almodovar. Era attentissima alla cultura e all’arte» [a Gimmo Cuomo, CdS] • Morto sabato a Roma, in seguito a una breve ma micidiale malattia. Aveva 85 anni. È stato sposato due volte. Lascia due figlie e quattro nipoti.