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 2020  dicembre 28 Lunedì calendario

Intervista al tennista Lorenzo Musetti

Sarebbe stato il Natale perfetto per lui, se da Melbourne fosse arrivata la letterina di Babbo Natale. Ma la wild card sperata e attesa non è pervenuta e dunque, Lorenzo Musetti, si è accontentato del cenone in famiglia, cosa che comunque non gli accadeva da qualche anno. Lorenzo Musetti ha solo 18 anni, anche se ormai è un frequent flyer. È il ragazzo che ha incantato agli Internazionali di Roma, a settembre, eliminando Stan Wawrinka e Nishikori e diventando il più giovane italiano a qualificarsi agli ottavi di un Masters 1000 nell’era Open. Ora il mondo del tennis lo attende per l’esplosione definitiva nel 2021.
Alla fine quei giorni che un giovane atleta sogna sono arrivati.
«Li aspettavo, sapendo che prima o poi il lavoro paga sempre, ma erano inaspettati e quindi la ricompensata è stata più bella».
Orgoglio e rivalsa, o quali altri sentimenti?
«Orgoglio, nonostante il ritorno delle pacche sulle spalle».
Come accadde già dopo il trionfo agli Australian Open juniores.
«Esatto, poi però ricordo anche i momenti bui successivi».
E quindi ora è vaccinato su questo.
«Ho avuto la forza di rialzarmi anche quando nessuno mi considerava. So come va il mondo, e capisco come nessuno vuole affiancarsi ai perdenti. Per questo bisogna affidarsi alle persone che ti vogliono veramente bene».
Che poi sarebbero?
«La mia famiglia, il mio coach e il mio team. Con il tempo inquadro subito gli opportunisti».
Sembra che sia nel tennis da una vita.
«Ma è così. Faccio questa vita da tanti anni ormai: ho iniziato la mia esperienza professionale con Simone Tartarini che avevo nove anni, da Carrara a La Spezia fino a San Benedetto del Tronto».
Un percorso di formazione e di crescita.
«Con un unico mentore: Simone.
Alla fine sto più con lui che con i miei genitori. Io sono curioso, ma Simone mi sprona ulteriormente.
Vuole che segua le cose del mondo, niente Tik Tok o simili. E quando siamo per tornei andiamo a vedere le città, siamo in giro anche per distrarci: per dire, conosco Melbourne come fosse Carrara e la passeggiata lungo lo Yarra, dalle parti di Flinders street, è d’obbligo».
Magari sono utili per farsi amicizie.
«Di solito il mio compagno di viaggio è Giulio Zeppieri. Ormai siamo quasi un team unico, considerando le avventure da juniores».
Però poi vi tocca affrontarvi, come accaduto al Foro Italico.
«Ed è un dispiacere, ma nel tennis non esiste il pareggio. E neppure l’amicizia in campo: questa è la legge. A Roma forse avevo più fuoco dentro io».
Poi c’è il suo gioco, i suoi gesti tecnici così diversi dal resto del mondo.
«Mi dicono che io sia all’antica, con il mio rovescio a una mano, le smorzate. Ma a me piace, è il mio modo di giocare e non lo cambierei mai, anche se poi l’estro a volte mi sfugge e faccio confusione».
Ma adesso aiutano gli esercizi
respiratori.
«Soffrivo la pressione, quasi mi si bloccava il diaframma e in campo non riuscivo ad esprimermi: non ero abituato a stress e aspettative.
Poi mi hanno fatto conoscere Fabio Brucini, che ha lavorato anche con Umberto Pelizzari, e mi ha dato delle lezioni».
Sott’acqua? In apnea?
«Ma no, no: nessuna lezione in acqua, tutto a secco con tanti consigli ed esercizi da fare: si è aperto un mondo, e così sono riuscito a meccanizzare in partita il tipo di respiro».
Una volta c’era anche un’ideuzza sul cinema, magari la chiama Paolo Sorrentino per una ‘Grande Bellezza del tennis’.
«Ahahah. No, al cinema pensavo quand’ero più piccolo, con i film di Lino Banfi. Ero un fifone che evitava gli horror, ma ora l’ispirazione è finita. Però oggi sarei più tipo da Fast and Furious ».
Come in fondo è questa generazione azzurra di tennisti.
«Beh, voi che siete dall’altra parte dovreste esserne contenti. Siamo tanti, siamo giovani, siamo vogliosi: però bisogna prima uscire dalle paludi dei challenger. Ma il futuro del tennis italiano sarà in buone mani».
A meno che non troviate sulla strada qualche piacevole distrazione.
«No, no: io non sono esattamente fidanzato, chiaramente adesso in questo momento una relazione non so. Poi, credo di essere abbastanza giovane per poter aspettare».
Giovane, e già pronto per la carriera diplomatica.
«Ma non faccio catenaccio, questo è il mio carattere. Il fatto è che il tennis assorbe, e io devo ancora crescere».
Ecco, su quali punti?
«Migliorare fisicamente, creare una muscolatura più forte.
Tecnicamente stiamo lavorando sugli appoggi. Infine mentalmente: devo consolidare lo step di crescita».
Ma si gioca più per i soldi o per la gloria?
«Prima c’è la passione, poi serve anche il resto. Perché i sacrifici ci sono, e i viaggi all’inizio son belli ma possono anche essere pesanti: sapeste quante feste comandate che ho già saltato…».