Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 04 Giovedì calendario

Storie di citazioni sbagliate. Un libro di Lorenzetto

Una volta Indro Montanelli confessò che quando era incerto sulla paternità di una citazione tagliava la testa al toro e l’attribuiva a Montesquieu che considerava così autorevole da aver potuto dire praticamente di tutto. Sulla fallibilità della memoria umana e sull’escamotage montanelliano è costruito il libro di Stefano Lorenzetto che non saprei dire se è più divertente o più istruttivo: Chi (non) l’ha detto (Marsilio). 
Le cose che scrive Lorenzetto, che Mario Cervi chiamava l’Oracolo – scoprite voi perché —, vanno lette sempre con considerazione, talmente è preciso, scrupoloso, enciclopedico al limite dell’infallibilità. Per capirci: questo «dizionario delle citazioni sbagliate» ha la bellezza di ben tre indici: i presunti autori, i nomi, le citazioni. Si va da Gesù a Nereo Rocco, da Agostino d’Ippona a Carlo Cottarelli, da Benito Mussolini a Donald Trump, da Francesco d’Assisi a Moana Pozzi con il risultato, per dirla con una citazione, che «il naufragar m’è dolce in questo mare». Così il modo migliore di leggere il libro-dizionario è scorrere l’indice delle citazioni. Qui viene il bello. 
Prendiamo un classico: Giulio Andreotti. Era bravo nelle battute e negli aforismi, quasi quanto Ennio Flaiano. Senz’altro sua è «il potere logora chi non ce l’ha», che va quasi a braccetto con «a pensar male si fa peccato, ma spesso s’indovina». Quest’ultima, però, non è di Andreotti ma, forse, del cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani e il giovane Andreotti, come ricordò lui stesso, la sentì per la prima volta nel 1939, pronunciata dal porporato all’Università Lateranense. 
Tuttavia, nello stesso anno la frase apparve nelle cronache milanesi del «Corriere della Sera» e ancora il 9 giugno 1969 nella rubrica del Proverbio del giorno: «A pensà maa se fa maa, ma se induvinna». Fu, però, Giovanni Malagodi a identificare la frase con Andreotti quando in un’intervista nel 1977 disse che il democristiano dava dei giudizi sugli uomini sostanzialmente veri, ma era un po’ troppo incline ad abusare del «detto toscano» che «a pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina». 
Altra citazione: «Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene». Enzo Biagi, che ricorreva non poco alle frasi celebri ed a effetto, l’attribuì a colpo sicuro a Woody Allen e per ben due volte su «Panorama» nel 1992 e nel 1996, ma la frase è, invece, di Eugène Ionesco, drammaturgo del teatro dell’assurdo, anche se non si sa né dove né quando l’abbia effettivamente pronunciata. Il che è un po’ assurdo. 
Come, in fondo, è un po’ assurda la storia della frase più celebre di Mike Bongiorno che Mike Bongiorno non disse: «Ahi ahi, signora Longari, mi è caduta sull’uccello!». Per iniziare la Longari, campionessa di Rischiatutto, non esiste perché il vero nome della donna è Maria Giuliana Toro, che nel 1998 rivelò: «Mai pronunciata quella frase. Mica per niente: io stavo lì, no? Ho sempre smentito anche Bongiorno. Ho rivisto le registrazioni di tutte le puntate. Niente di niente. È buffo che io sia ricordata per un falso clamoroso. Potenza della televisione. Non è vero ciò che è vero, è vero solo quello che la gente ritiene sia vero». Ma la frase piaceva così tanto che alla fine Mike, anni dopo in un’altra trasmissione, disse veramente la frase che non disse mai. 
La verità è che la citazione ha un suo fascino e, come diceva Jorge Luis Borges, «la vita stessa è una citazione», sempre che l’abbia effettivamente detto, avverte ironicamente Lorenzetto. Ecco perché la citazione perfetta è quella non scritta: non è vera ma è verosimile e per questa sua potente qualità alla fine è di fatto un mito. 
Il montanelliano «turatevi il naso ma votate Dc» è leggendario. Il grande giornalista scrisse l’editoriale sul «Giornale» il 4 maggio 1976: temeva il sorpasso del Pci sulla Dc e invitò i lettori a turarsi il naso e votare i democristiani. Da quel momento in poi la frase di Montanelli è diventata un modo di dire per dire che a volte, per evitare guai peggiori, bisogna fare di necessità virtù. Sennonché, non solo la frase non era di Montanelli, ma di Gaetano Salvemini e risaliva, addirittura, ad Adolf Hitler, ma in quello storico «fondo» il giornalista non la scrisse. Eppure, tutti citiamo Montanelli, proprio come Montanelli citava Montesquieu. Vien quasi da correggere Borges: la vita è una citazione sbagliata.