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 2019  marzo 21 Giovedì calendario

Il ritorno di Lang Lang. Intervista

Quel modo così teatrale di staccare la mano destra dalla tastiera, sull’ultima nota, con gli occhi chiusi; i capelli corvini; le scarpe da ginnastica con le strisce dorate che fanno glamour; l’uso dei social per lanciare messaggi ai giovani. E meno male che da ragazzo era «molto timido». Il super virtuoso pianista cinese Lang Lang è divenuto un fenomeno sociale, e non da oggi che ha 36 anni. Perciò ha fatto molto clamore la notizia di un incidente che lo ha costretto a non toccare il pianoforte per un anno. «Su questa vicenda sono nate molte leggende, vi ringrazio di darmi la possibilità di spiegare cosa è successo veramente».
Prego...
«Ho avuto un’ infiammazione mentre mi esercitavo a suonare il Concerto per la mano sinistra di Ravel. Non sono stato ansioso e non ho pensato nemmeno un secondo che la mia carriera si sarebbe compromessa. Non è vero che mi è successo durante un concerto alla Carnegie Hall. Da otto mesi sono tornato alla normale attività, anche se l’ho un po’ rallentata: ora tengo 70 concerti all’anno».
Che cosa ha fatto in quel periodo di riposo?
«Ho rinforzato la mia condizione fisica, ho insegnato, ho ascoltato tanto repertorio sinfonico, soprattutto Brahms; ho seguito più da vicino la mia Fondazione e l’Accademia che insegna a studiare pianoforte anche col sorriso, perché la musica classica può essere cool e divertente».
È vero che 40 milioni di ragazzi in Cina hanno imparato a suonare piano vedendola in concerto o su Internet?
«Mi hanno detto che ora sono 60 milioni».
Come gli abitanti dell’Italia...
«Non lo sapevo, ma così è. Io agli studenti dico sempre che la musica non è saper leggere le note ma creare emozione. Incoraggiare i giovani pianisti è uno degli obiettivi del mio nuovo cd, Piano Book, che segna il mio ritorno alla Universal, dove suono i brani che mi hanno fatto desiderare di diventare un musicista, la mia playlist».
Quali sono?
«La Sonata K 545 di Mozart, Per Elisa di Beethoven, Clair de lune di Debussy, il Minuetto n 1 di Bach...Il primo choc lo ebbi quando alla tv ascoltai Horowitz che da Mosca suonava Traumerei di Schumann, pezzo non difficile tecnicamente eseguito al più alto livello».
Quando tornerà nel nostro Paese?
«In aprile 2020, per un recital alla Scala: Variazioni Goldberg di Bach. Le interpretazioni che amo? Glenn Gould e Muray Perahia».
La sua personalità è unica, ma alcuni critici dicono che lei si prende troppe libertà.
«Rispetto ogni opinione. Ai miei denigratori rispondo che seguo la tradizione e faccio tesoro di ciò che ho imparato dal passato. Al tempo stesso ho bisogno di trovare nuova forza creativa dal repertorio standard».
In passato ci disse che desiderava incontrare Maurizio Pollini.
«È successo finalmente, giriamo così tanto che non ricordo se a Berlino o a Tokyo. Ho una foto con lui, gli ho detto della mia ammirazione, non posso dire che abbiamo parlato molto».
Come spiega la ruggine tra lei e la sua connazionale Yuja Wang?
«Non ho problemi con lei, abbiamo avuto lo stesso insegnante a Philadelphia, è venuta a mangiare a casa mia con altre persone. Questa cosa non mi disturba, non so cos’altro aggiungere».
Ha suonato con il calciatore Neymar...
«Sì, quando giocava nel Barcellona. I brasiliani hanno un senso musicale innato. Nel suo soggiorno troneggiava un pianoforte Steinway».
E del cross over cosa pensa?
«Preferisco lavorare con compositori che hanno un diverso background, mi è capitato con Paul McCartney e John Legend, che ha una formazione classica di tutto rispetto».
Lei vive tra New York e Pechino. Ha mai pensato di aiutare le relazioni tra Cina e USA?
«Sono stato nominato messaggero di pace per l’ONU, noi possiamo fare da ponte attraverso la musica».