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 2019  marzo 21 Giovedì calendario

Intervista a Eros Ramazzotti

«Sono un vecchio ragazzo a cui piace tantissimo la vita, girare il mondo, cantare e vivere nella musica». Eros Ramazzotti ha 55 anni, è sulla scena da trentacinque ma non sembra affatto stanco. Per celebrare la lunga carriera si è concesso un tour mondiale: si è appena conclusa la parte italiana, ora è in giro per l’Europa, da maggio sarà poi negli Stati Uniti, America Latina, Asia, Europa dell’est. Una lunga strada iniziata tra i palazzi di Cinecittà a Roma. «Ho seguito sempre il mio istinto. Alle volte non mi è stato d’aiuto, purtroppo ho avuto accanto gente non buona, sono stato tradito da chi gestiva i miei soldi e mi sono ritrovato in mezzo alla strada. Ma non ho mai perso la passione e la speranza».
Come ha fatto a resistere?
«Sono onesto, pulito, sentivo che era ingiusto subire. Dovevo rimettere in piedi quello che avevo costruito».
Appassionato, ma anche testardo e ambizioso?
«Non sono ambizioso, non sarei me stesso se lo fossi. Certo, un pizzico d’ambizione serve ma non è fondamentale. Sono dell’idea che se una cosa non riesce devi fare altro. Dall’esordio a Sanremo a oggi è stato un crescendo ma è frutto di un grande lavoro, molto duro. Se penso che in dieci anni, dall’84 al ’94 ho girato il mondo duecentocinquanta volte…».
Qual è la sua dote migliore?
«La perseveranza. Se decido di fare una cosa la affronto in maniera totale e costante. E poi mi sento ancora un bluesman, ma ho anche capito che il pop era la mia strada e che le due cose potevano stare insieme».
Nel frattempo è diventato adulto.
«Ma il Peter Pan non muore mai. Anche perché, per la vita che faccio, se non resto un po’ cazzaro non posso reggere».
Difficile mettere insieme famiglia, amore, amici, successo?
«Niente è facile. Con la famiglia la prima esperienza non è andata bene, ma le cose non sono state mai tutte negative. E la figlia grande mi sembra che sia cresciuta davvero bene. Dipende da come si è fatti, ogni cosa ha le sue conseguenze».
Le piace il mondo di oggi?
«Difficile farselo piacere quando vedi che uno ammazza la gente in diretta Facebook. Ma ci sono anche cose bellissime, come la manifestazione dei ragazzi per l’ambiente, un tema che ho sempre tenuto presente, nel concerto mando dei video, parlo della plastica, dell’inquinamento che creiamo noi. Ma le parole non bastano più. Adesso servono i fatti».
Le canzoni possono cambiare il mondo?
«Cambiarlo no, sensibilizzare sì. Pensi a tutto quello che è nato da We are the world. Certo, in Africa ci sono ancora bambini che muoiono di fame. Per cambiare le cose ci vuole l’impegno di chi comanda nel mondo».
Quali desideri ha ancora un vecchio ragazzo come Ramazzotti?
«Che la Juve vinca la Champions. No, la prima cose è la salute, poi continuare la mia strada e, poi, la Champions. Scherzo, la cosa più importante sarebbe lasciare il mondo in buone condizioni. Sarà il mondo dei nostri figli, sarebbe una buona eredità».
Lei è seguito da milioni di persone. Sente la responsabilità di quello che dice e che fa?
«Chiunque abbia un po’ di successo ha una responsabilità. Io ho sempre voluto dare positività a chi ascolta le mie canzoni».
Ambasciatore positivo anche dell’Italia nel mondo. Un’ Italia che ama ancora?
«Sono fiero di portare un po’ di Italia nel mondo. Ovviamente vedo com’è cambiato tutto, com’è cambiata la gente. Ma questo è ancora un grande paese. Bello e forte».