Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  marzo 20 Mercoledì calendario

Doninelli e la dieta

Da quando a 16 anni ingrassò dopo una delusione d’amore, lo scrittore Luca Doninelli ha vissuto un’odissea nella dieta. È arrivato a pesare 140 chili su un metro e 77, ha pagato con asma, attacchi di panico, coliti. Quando non provava la Scarsdale o non era in una clinica per obesi, svuotava il frigo e si diceva che la sua smodatezza era un «modo di rapportarsi all’assoluto». Ora ha 63 anni, ne è fuori e ha scritto «La dieta sono io – come ho perso 50 chili. Definitivamente», in uscita domani per La nave di Teseo. Dice: «Ho capito tanto del mio corpo». 
Che cosa ha capito? 
«Che nelle diete precedenti perdevo chili che rimettevo perché le approcciavo da bipolare: ero ossessivo compulsivo nel mangiare e lo ero nel seguire la Dukan. Il criterio che mi faceva ingrassare era lo stesso che mi faceva dimagrire. Invece, mangiamo bene solo se stiamo bene». 
Un punto di svolta? 
«L’incontro con Luciano, uno spacciatore che ha perso 100 chili, conosciuto in un gruppo di autoaiuto. Mi ha detto che, morto suo padre, si è chiesto: grasso come sono, che aiuto posso dare a mamma? Aveva avuto pietà di sé e anch’io ho iniziato ad averne di me. Non era scontato: ho sempre avuto un’autostima alta, sono orgoglioso, permaloso, snob, sono un intellettuale tipico. Ma si può avere amor proprio e odiarsi». 
Lei si odiava? 
«Una sera, i miei piedi mi hanno fatto pietà, perché mi reggevano e non si erano sfasciati. Da lì, ho avuto finestrelle in cui mi vedevo da fuori e scorgevo cose che nascondevano l’odio per me stesso». 
Che cosa odiava di sé? 
«Sono un intellettuale fuori dal coro, nasco ciellino, allievo di Giovanni Testori e queste cose le paghi. Da un lato, sei felice di essere diverso, dall’altro, vuoi i vantaggi di chi non lo è. Dovresti essere fiero di non vincere lo Strega, ma se non lo vinci, dai la colpa alla cultura di sinistra. Alla fine, hai paura del potere». 
Che c’entra il potere? 
«Da grasso, sparisci dal mondo dei corpi, governato dalla legge del potere. Nei film, il ciccione prepotente agisce per conto del capo e si vieta di prenderne il posto, vuole cose che non sta bene avere. Io, d’indole, sono per l’eccesso, ma mi frenano l’etica, la morale. Volevo essere un chitarrista rock, il Jimmy Page dei Led Zeppelin che devastavano gli hotel. Io potrei essere un criminale o un terrorista, ma l’etica mi dissuade». 
Ha sublimato gli eccessi nel cibo? 
«Immagino di sì». 
Il suo rapporto col potere? 
«A volte, sentendomi inferiore, mi odiavo e sfogavo la rabbia fino a farmi danno». 
Quando si è fatto danno? 
«Sul Giornale, stroncai ferocemente Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi. Ebbi attacchi enormi, mi diedero del fascista. Capii che l’avevo colpito perché rappresentava l’establishment intellettuale. Da uomo-contro, avrei dovuto essere felice degli attacchi. Invece, capii che ero frustrato, che, come diceva Flannery O’Connor, non bisogna dire di no, bisogna fare di no. Che, se avevo un’altra idea di mondo, avrei dovuto scrivere un libro, non demolire Tabucchi. Invece, l’invidia aveva fatto esplodere la mia rabbia, portandomi pessima fama». 
L’ha compreso subito? 
«Sì, non sono scemo, ma cambiare è un’altra cosa». 
Il moralismo le è passato? 
«Sono dimagrito perché me ne sto liberando. Ora, non m’importa dello Strega». 
Nel libro, racconta che si è liberato anche da un potente che ammirava e subiva. 
«L’ho mandato a quel paese dentro di me e ho iniziato la dieta definitiva. Sa quando Nathaniel Hawthorne racconta di un uomo di personalità che ne comanda uno più cauto, poi l’uomo forte muore e l’altro continua a fare ciò che il primo gli ha ordinato? Esistono dipendenze da cibo, da morale, da persone e per vincerne una devi vincerle tutte». 
Che dieta ha fatto? 
«La chetogenica, che avevo già provato invano, ma ero diverso io e la dietologa Raffaella Monti non mi ha fatto sentire un ciccione schifoso». 
Ha perso 50 chili mentre riduceva i «Miserabili» per il teatro da 1.9oo pagine a 90. Che cos’è stato più faticoso? 
«Tagliare pagine bellissime è stato peggio che rinunciare alla pizza, perché capivo che la bellezza fa stare bene, mentre l’obeso cerca la bruttezza perché sente di somigliarle».