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 2019  marzo 20 Mercoledì calendario

«Il cervello femminile non esiste»

I detrattori (e ne ha tanti) l’hanno ribattezzata "neuronazi" o "feticista dell’uguaglianza". Ma Gina Rippon, professore emerito di neuroscienze cognitive al Brain Center della Aston University di Birmingham, se la ride. «Mi trattano come fossi una negazionista. Io non nego le differenze tra uomini e donne. Ritengo però che il gap tra i sessi non sia dovuto a differenze nei rispettivi cervelli, che non esistono». Per ribadirlo la Rippon ha appena dato alle stampeThe Gendered Brain (Il cervello genderizzato) pubblicato nel Regno Unito da Penguin. E presto la neuroscienziata dell’uguaglianza esporrà le sue tesi anche in Italia. «Sarò a Torino in aprile per spiegare come la plasticità del cervello abbia a che fare con lo scarso numero di donne che emergono nelle professioni scientifiche».

Professoressa , quanto è lontana la parità tra sessi in ambito accademico?
«Molto. Se i progressi continueranno a essere lenti come oggi, saremo pari non prima della fine del XXII secolo».
Cominciamo dall’inizio. Le portano in laboratorio un cervello umano. Osservandone la struttura non c’è modo di capire se era di un uomo o di una donna?
«No. Se è molto grande è più probabile che sia appartenuto a un maschio. Ma ci sono maschi fisicamente piccoli e donne grandi, quindi le dimensioni del cervello non aiutano».
E quegli studi che abbiamo letto sulle diverse connessioni, e dunque sulle diverse abilità, dei cervelli maschili e femminili? Sbagliati?
«Le verità è che per secoli anche gli scienziati, partendo dal presupposto che uomini e donne sono diversi, si sono dedicati a individuare quali strutture neurologiche fossero alla base di tale diversità. E hanno creduto di trovarle. Ma oggi sappiamo con certezza che i cervelli di maschi e femmine sono identici, le cose che li accomunano superano le differenze».
C’è chi insiste e dice: diverso non significa inferiore.
«Oggi. Ma in passato a lungo si è pensato che le donne fossero inferiori da un punto di vista evolutivo. Poi si è cominciato a dire che hanno capacità complementari a quelle degli uomini, ma che non sono portate per certe cose maschili, per esempio le materie scientifiche. Pochi mesi fa lo ha ribadito al Cern il fisico Alessandro Strumia (poi espulso dal laboratorio di Ginevra, ndr). Il risultato è che le donne sono sottorappresentate: in teoria si sostiene che le donne non sono inferiori, ma nella realtà le si esclude».
Quali sono le scoperte che spazzano via l’idea di un cervello femminile?
«Andrebbe rovesciata la domanda: ci sono scoperte che dimostrano l’esistenza di differenze tra i cervelli di uomini e donne? La mia risposta è no. In ogni caso, negli ultimi anni abbiamo compreso molte cose nuove. Per esempio nel campo dell’epigenetica: le esperienze fatte possono condizionare l’espressione di alcuni geni, che poi determinano l’insorgere o meno di certe strutture neuronali».
È quello che lei chiama il cervello plastico, non sempre uguale a se stesso ma plasmato dalle esperienze che si vivono?
«Esattamente».
Quindi, la sua tesi è che sia il mondo genderizzato a produrre cervelli genderizzati?
«Assolutamente sì».
Lei ha un fratello gemello maschio. Quanto è stata importante la sua storia familiare nel decidere di specializzarsi su questi argomenti?
«I nostri genitori sono stati attenti a trattarci allo stesso modo, ma in modo inconsapevole hanno fatto differenze tra un bambino e una bambina. Tuttavia, mio fratello è un’artista, io sono una scienziata. Dunque forse sono riusciti nel loro intento».
Ha suggerimenti per i genitori? Come si fa a non produrre cervelli genderizzati?
«Ancora oggi il nostro mondo continua a proporre modelli diversi a maschi e femmine. È difficile per i genitori isolare i propri figli in modo che non siano influenzati da questa visione. Però possono offrire loro il massimo spettro possibile di opportunità. A partire dai giochi: se una bambina vuole essere la principessa del castello non c’è problema. Ma non la si deve scoraggiare se vuole giocare con le costruzioni. Se si continua a dare ai maschi giochi che fanno uso di logica e alle femmine quelli ispirati all’accudimento si trasmette un messaggio preciso ai bimbi e ai loro cervelli».