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 2019  marzo 20 Mercoledì calendario

Intervista a Zerocalcare sull’italiano ucciso in Siria

La voce va e viene. Michele Rech, in arte Zerocalcare, è in treno. Sta andando a Torino per la conferenza stampa che si tiene oggi su una vicenda assurda: il 25 marzo si terrà un’udienza perché la Procura ha chiesto per sei persone la sorveglianza speciale in quanto "socialmente pericolose" per avere concretamente sostenuto la lotta contro l’Isis. Oltre a Zerocalcare sarà presente anche il regista Davide Ferrario.

Lei conosceva Lorenzo Orsetti, il militare italiano delle milizie curde Ypg ucciso ieri dall’Isis?
«Lo conoscevo virtualmente nel senso che eravamo amici su Facebook. Leggevo quello che pubblicava. Non ci siamo mai incontrati di persona, ma condividevo le sue idee».
Sa che cosa gli è successo?
«So quello che ho letto: credo sia caduto in un’imboscata mentre cercava di liberare le ultime postazioni in mano ai miliziani».
Lei è stato a Kobane. Per che cosa combattono i curdi?
«L’Isis nella sua entità fattuale è allo sbando, ma esistono ancora zone in cui sono barricati i miliziani. Però bisogna fare attenzione perché il jihadismo come ideologia è tutt’altro che sconfitto: in Siria ci sono molte zone in cui si sono stabiliti miliziani sotto la protezione della Turchia, come la città di Afrin. Quindi la situazione è ancora molto complessa e pericolosa».
Che cosa ne pensa della posizione americana?
«Trump ha annunciato il ritiro, poi il Pentagono gli ha fatto cambiare idea. Al momento impediscono un’invasione totale del Rojava da parte della Turchia, ma sul campo non è che facciano la differenza».
Su Facebook aveva pubblicato una striscia su come combattere l’Isis che in questi giorni sta girando moltissimo. Perché l’aveva scritta?
«Perché i pm torinesi hanno richiesto la sorveglianza speciale e il divieto di dimora a Torino per sei persone andate a combattere contro l’Isis e che adesso, tornate in Italia, si trovano inquisite. Il 25 marzo ci sarà l’udienza. Lorenzo stesso, che adesso viene celebrato da tutto l’arco politico o quasi come un eroe, sarebbe stato sottoposto a misure restrittive. La sorveglianza speciale all’opinione pubblica viene mostrata come quasi necessaria per chi ha maneggiato armi, ma in realtà gli organi di sicurezza sanno bene chi sono queste persone e che non lo hanno fatto perché vogliono imbracciare le armi in Italia.
Sanno benissimo che non sono terroristi, anzi tutto il contrario: loro sono andati a combattere i terroristi!».
Che cosa comporta la sorveglianza speciale?
«Non poter fare politica, non poter partecipare a manifestazioni politiche, non potersi riunire con persone con cui fanno attività e non poter stare a Torino dove uno vive, lavora, ha affetti. Quindi è una misura punitiva a tutti gli effetti, non ha nulla a che vedere con la sicurezza».
Come ricordava, tutte le forze politiche hanno però omaggiato la morte di Lorenzo Orsetti.
«Sì, ma questo rispetto per chi andava a combattere contro l’Isis a parole mi sembrava che ci fosse anche prima mediaticamente. È alla prova dei fatti che le cose cambiano. È facile farsi belli dicendo che Lorenzo è stato un martire, mi sembra che lo abbia scritto da qualche parte anche il ministro degli Interni Matteo Salvini: la politica deve dare una risposta chiara sulle persone ancora in vita che hanno portato e continuano a portare avanti gli stessi ideali di Lorenzo. Mi sembra che siano molto meno quelli che si schierano su questo punto».
Non crede nel pacifismo?
«Credo che ognuno deve fare i conti con la propria coscienza. Io distinguo le guerre di aggressione dalle guerre di liberazione. Essere pacifici e odiare la guerra non significa che bisogna guardare inermi i massacri».
La democrazia non è una cosa scontata.
«Nel nostro passato c’è anche la guerra partigiana, ma non significa che non bisogna aspirare a un mondo di pace: al contrario si è arrivati alla pace grazie a chi ha combattuto contro la dittatura. Chi ha lottato contro il fascismo stava dalla parte giusta. Poi per farlo naturalmente ci possono essere diversi modi».
Quali sono?
«Ce ne sono moltissimi: io in quella vignetta ne racconto alcuni. Ci sono gli ultrà dei muri che parlano continuamente della lotta all’Isis e poi sono capaci soltanto di far affogare la gente in mare e quelli invece che decidono di andare a combattere per un progetto che vuole libertà e pace. In mezzo ci sono quelli che cercano di raccontare queste cose, quelli che cercano di promuovere politiche di dialogo, di inclusione e di coesistenza tra culture diverse».
Cosa succederà alla conferenza stampa?
«Io mi presto volentieri a parlare se serve per porre attenzione su quanto sta succedendo ma la parola ultima deve essere data a chi ha fatto quell’esperienza. Non voglio occupare lo spazio degli altri che sicuramente hanno molto più titolo di me di parlare».