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 2019  marzo 19 Martedì calendario

Intervista a Dominik Paris

La Coppa del mondo è terminata e il quadro della stagione è finalmente completo. Un oro mondiale ad Åre, una coppa di super G, otto vittorie (quattro consecutive nel finale) su piste leggendarie come Kitzbühel e Bormio, ma anche insidiose come Kvitfjell e Andorra. Domani nelle prove degli assoluti di Cortina sfilerà Dominik Paris, protagonista di una stagione alla Tomba, alla Thoeni. «Ma io sono ancora piccolino... sì, va bene, sono un po’ cresciuto, ma resto sempre una persona normale».

Ha compreso quel che ha fatto?
«Devo ancora capire. È stata una stagione fantastica, in cui sono diventato quel che volevo essere, un discesista al top su tutte le piste, in tutte le condizioni. Ero più in forma del solito, sicuro dei miei materiali. Quando cresce la fiducia, sai di poterti esprimere bene dappertutto».
La vittoria più emozionante a Kitzbühel o al Mondiale?
«No, a Soldeu, l’ultima gara che sono riuscito a vincere conquistando la ‘coppetta’ di superG. È da tempo che la sognavo».
Il complimento più bello?
«Mi sono già scordato tutto, chi se ne importa».
Cosa prova scendendo sulle piste della leggenda, dei Klammer, dei Maier?
«A me piacciono le piste difficili come Kitz o Bormio, dove ti serve il coraggio. Alle statistiche e alla storia non penso tanto».
Ma chi l’ha ispirata per scegliere questa strada?
«Da bambino vedevo in tv Hermann Maier, e un giorno dissi a papà: ‘Voglio diventare discesista come lui’».
Non si spaventò suo padre?
«Mi ha cresciuto sugli sci, mi ci ha messo che avevo tre anni e mezzo, come poteva? Anche lui è molto appassionato, fa l’allenatore, mi ha dato la spinta decisiva. Peccato che io non sia mai riuscito a incontrare Maier, ha smesso l’anno prima del mio debutto».
Quando è cambiata la sua vita, passando dalla sua valle allo sci dei campioni?
«Quel che ha cambiato tutto è stata la scelta di andare a vivere in una malga per prepararmi all’inverno successivo. Per stare meglio fisicamente».
Cosa non andava bene in quella fase della vita, prima di isolarsi in quota?
«Non ero capace di dire no agli amici. Giravo un po’ troppo».
Troppa birra?
«Invece di allenarmi, troppi festival... le due cose non stanno bene insieme. Devi lavorare tantissimo in estate per essere pronto in inverno. Mi sono dato un’ultima possibilità, era proprio l’ultima. Ma da quel momento ce l’ho fatta. Ho cominciato ad andare bene in Coppa Europa, poi sono arrivate la Coppa del mondo, le Olimpiadi di Vancouver».
Lo sci cos’era e cos’è ora per lei?
«La velocità è tutto, ci sono cresciuto, mi diverto. Mi dipinge un sorriso sulla faccia».
Non è preoccupata Kristina, sua compagna e madre di suo figlio Niko?
«Capisce bene cosa significa per me, quindi tutto funziona più facilmente tra di noi. Lei è la mia prima tifosa».
In genere agli sciatori si chiede del primo paio di sci. Ma la prima chitarra la ricorda?
«No, avevo sedici anni, ma ricordo benissimo la prima Ibanez a sette corde che mi comprai a diciotto anni. Una corda in più, più bassa della nota E (il "mi", ndr) adatta per suonare metal».
Voleva essere un AC/DC o un Iron Maiden?
«Piuttosto ascoltavo i cd degli Offspring e dei Nirvana. In quegli anni c’erano i lettori di compact disc portatili, portavo in giro la mia musica».
Come prosegue la sua carriera di frontman della band metal Rise of Voltage?
«Partecipiamo a tre festival quest’estate. Due in Alto Adige, uno vicino a Udine, all’ÈResia Metalfest».
Tutti vogliono avere il campione sul palco?
«La musica non c’entra niente con lo sci. Ci piace suonare, presentare i nostri pezzi, fare qualcosa che piaccia alla gente. Non posso più suonare la chitarra, non ho il tempo per esercitarmi, ma canto e scrivo le canzoni».
Cosa mette nei suoi testi?
«Mi immedesimo nei caratteri di altre persone. Cambio personalità. In "Jealousy" vivo il dramma di un uomo geloso».
Come si premierà per questa stagione?
«Un po’ di mare, ma non lontano da casa. Ho un figlio di otto mesi, Niko, non è il caso di fare lunghi viaggi».
Cosa si può volere di più dopo una stagione così?
«Riposo. Musica. E la motivazione per allenarsi bene e ripetere tutto quello che è venuto quest’anno».