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 2019  marzo 18 Lunedì calendario

Ottantamila etichette di acque minerali

Oltre 80 mila etichette, 12 mila bottiglie, molte delle quali ancora piene e sigillate, ma anche impianti storici che raccontano un patrimonio culturale che ha alle spalle una storia millenaria. E’ l’acqua la protagonista del museo nazionale Carlo Brazzorotto di Crodo. Di recente a Padova l’ente ha ricevuto il premio Elio Botti come protagonista di promozione e diffusione della una cultura dell’acqua. «E’ un’esposizione che forse in Piemonte è ancora poco conosciuta, ma d’estate sono tanti i turisti che si fermano a visitarla, molti gli stranieri» spiega Andrea Brustia, da otto anni «guida» del museo. 
Non è un caso che l’esposizione sia nata in Ossola. Crodo è uno dei paesi che ha dato i natali alle acque minerali: qui in l’industriale milanese Piero Ginocchi puntò, ed ebbe fortuna, sull’imbottigliamento delle acque delle fonti di Crodo che fece poi conoscere in tutto il mondo. E qui, con quell’acqua, è nato il Crodino, «l’analcolico biondo».
«Abbiamo avuto l’idea agli inizi degli Anni 90 ma il museo è stato aperto nel 2006 all’ingresso del parco termale - racconta Marco Mantovani, presidente del centro studi Ginocchi -. Siamo partiti in sordina pensando di concentrarci sulle acque del territorio, invece abbiamo avuto la fortuna di incontrare Carlo Brazzorotto che ci ha donato la quasi totalità del suo patrimonio, che presentiamo al pubblico. Prima di andare in pensione era ricercatore all’università di Bologna e si occupava proprio di analisi sulle acque minerali. Quando si sparse la voce del nostro museo, anche aziende famose come S.Pellegrino ci donò del materiale». 
Il Novecento è raccontato attraverso le etichette e le bottiglie, una raccolta minuziosa. Alcune sembrano uguali alle altre, invece si distinguono per piccoli particolari. «Ci sono anche sei impianti completi - continua Brustia -, da un saturatore di fine ’800 che serviva per gasare l’acqua a macchinari degli Anni Trenta. Poi qualche impianto più moderno, ma comunque antecedente al 1960. Conserviamo anche acqua imbottigliata prima del disastro di Cernobil, se mai servisse per qualche analisi è a disposizione». 
Tra gli obiettivi c’è quello di ampliare la sala di esposizione e trasferire qui anche la biblioteca specializzata sulle acque termali e minerali che ora si trova nel Centro studi.