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 2019  marzo 18 Lunedì calendario

Il senso politico dei capelli sale e pepe di Xi

PECHINO Arriverà a Roma giovedì su un Boeing 747 di Air China, compagnia statale ma commerciale. Xi Jinping non ha un Air Force One come i presidenti degli Stati Uniti: usa un jet civile convertito ogni volta per le lunghe visite di Stato. Ma non c’è da scommettere che a Roma Xi circoli come un comune mortale, sarebbe sorprendente se si tuffasse in strada a stringere mani tra la gente, anche se vuole propagandare la Via della Seta. A Pechino il Presidente, segretario generale del Partito comunista, capo anche della Commissione centrale militare, leader di una dozzina di «gruppi guida» che pianificano tutto e decidono tutto, vive a Zhongnanhai, che una volta era un parco adiacente alla Città Proibita. Mura alte, segreto completo su quello che accade all’interno. Insomma, è estremamente raro vedere Xi da vicino in Cina.
Usando lo zoom dalla balconata nella Grande Sala del popolo dove si è appena chiuso il Congresso nazionale del popolo (qui è tutto del popolo, come nel Regno Unito è tutto nominalmente di Sua Maestà) i fotoreporter si sono accorti che Xi Jinping ha dei capelli grigi, quasi bianchi. Una rottura con la tradizione secondo la quale i leader cinesi, tutti oltre la sessantina, mantengono miracolose teste nere. È evidente se si comparano le criniere di Xi con quelle dei predecessori Hu Jintao e Jiang Zemin e di migliaia di quadri dirigenti del Partito-Stato.
Anche Mao, che di capelli ne aveva pochi, diciamo che aveva una fronte ampia, non ha un singolo capello bianco nel ritratto a olio che domina l’ingresso alla Città proibita in Piazza Tienanmen. Miracoli della tinta e della brillantina, usate come lucido da scarpe, per mostrare alle masse che il potere non invecchia mai, logora solo chi non ce l’ha, come teorizzava Giulio Andreotti.
Però Xi, 66 anni a giugno, ha finalmente ciocche di capelli grigi. Se ha deciso di mettere fine al conformismo del nero innaturale e poco credibile, secondo gli analisti, è per segnalare alla gente di essere uno di loro, non un principe rosso.
Un piccolo salto nel grigio dei capelli, che si inquadra nella sua campagna contro «la vanità e la stravaganza», espressioni che usa sovente nelle riunioni con i quadri, invitandoli a distaccarsene.
Soft power?
C’è anche chi ci vede l’esibizione di fiducia in se stesso di chi non deve ricorrere a ritocchi
Un’operazione di soft power, per esibire anche di avere una tale fiducia in se stesso, nella propria forza, da non dover ricorrere a ritocchi giovanili. La propaganda invita la gente a considerarlo Xi Dada, lo Zio Xi: in Cina «zio» qualifica non solo un parente, ma una personalità di livello superiore, a cui portare rispetto. E il sale e pepe in testa fa parte di questo gioco d’immagine.
La scelta di Xi è stata notata anche dai delegati al Congresso: qualcuno ha osservato con falsa ingenuità che gli sono spuntati i primi capelli grigi per il peso delle contingenze, dal rallentamento dell’economia alla lotta alla povertà, alla guerra dei dazi con Donald Trump.
E a proposito di Trump, che invece cura il suo riporto giallo-arancio, un sondaggio Pew Research in 25 Paesi ha rilevato lo scorso ottobre che perde la partita della fiducia globale con Xi: 34% per il cinese, 27% per l’americano. In vetta c’è la signora Merkel: 52%.
Precisazione sull’aereo «non speciale» che trasporta il leader. I cinesi stanno lavorando ai loro primi jet commerciali, ma sono ancora dipendenti da Boeing e Airbus per le loro flotte (sono più bravi con gli apparecchi militari). Pechino aveva ordinato nel 2001 un Boeing di Stato, che fu preparato a San Antonio. Sottoposto a ispezione di sicurezza in Cina, si scoprì che c’erano «cimici» da spionaggio. Da allora sono stati selezionati due Boeing comuni di Air China, che vengono adattati per accogliere il leader con divani, letti e ufficio volante. Finita la missione si smonta l’allestimento e gli aerei tornano all’uso del popolo. O così almeno si racconta.