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 2019  marzo 18 Lunedì calendario

La voragine nell’erario

Roma Ci sono le visite mediche da 20 minuti che diventano 40 e i corsi di formazione mai organizzati. Ci sono gli appalti truccati e le pensioni percepite nonostante i titolari siano morti. E poi i docenti universitari con il doppio lavoro e i ticket sanitari non pagati da chi si è finto povero presentando un Isee truccato proprio per godere delle agevolazioni. Il rapporto riservato che dà conto delle ultime attività del Nucleo speciale della Guardia di Finanza e della Corte dei Conti elenca gli illeciti compiuti in materia di spesa pubblica. Il danno per l’Erario supera ormai i sei miliardi di euro, migliaia sono i dipendenti pubblici finiti sotto inchiesta e chiamati dai giudici contabili a risarcire una vera e propria voragine nei conti. E adesso i controlli sono stati intensificati per incidere in quei settori – dal bonus cultura al reddito di cittadinanza – dove altissimo è il rischio di nuove truffe. Gli ultimi dati ufficiali diffusi nel giugno scorso parlavano di 8.400 tra funzionari e impiegati «colpevoli» degli sprechi, ma a leggere i nuovi report appare evidente come questo numero sia destinato a crescere notevolmente.
Secondo gli investigatori i reati nel settore della Sanità possono essere compiuti anche per «una diffusa inefficienza organizzativa del controllo da parte degli Organi preposti, i quali svolgono un’azione carente o addirittura inesistente». Gli illeciti più frequenti sono «la sovrafatturazione di prestazioni (per esempio una terapia di 20 minuti fatturata come se fosse di 40 minuti); i «pacchetti» di analisi di laboratorio fatturati separatamente; le terapie di gruppo fatturate come individuali». Nel corso dei controlli negli ospedali e nei laboratori è stato scoperto che ad alcuni pazienti «sono stati chiesti pagamenti supplementari informali per ricevere prestazioni sanitarie a cui hanno diritto oppure sono state date indicazioni per sottoporsi a prestazioni private, magari funzionali alla successiva erogazione di prestazioni cliniche da parte dello stesso specialista in strutture pubbliche».
Nell’ultimo anno «continuano ad essere accertati casi di truffa ai danni dell’Inps, per un ammontare complessivo pari a 4,5 milioni di euro» che riguardano in particolare due settori. Il primo è legato «all’evasione contributiva da parte di aziende correlata all’avviamento delle cosiddette procedure di mobilità». In particolare è stato scoperto che molte aziende non versano il «contributo di ingresso» e poi spostano una parte dei dipendenti «in aziende facenti capo ai medesimi gruppi di imprese, con il verosimile scopo di usufruire di indebite agevolazioni contributive legislativamente previste proprio per il riassorbimento di personale in mobilità». L’altro riguarda invece «l’indebito beneficio erogato, nell’ambito delle indennità per invalidità, a soggetti che hanno dichiarato di essere affetti da sordità e dunque hanno diritto all’indennità di comunicazione, alla pensione non reversibile e all’indennità frequenza». A questo naturalmente si aggiungono i casi di persone che continuano a percepire la pensione dei familiari morti, ma anche di chi non ha dichiarato di essere residente all’estero e ha ottenuto il contributo per anni».
Truffe previdenziali
Falsi invalidi e pensioni incassate anche se il titolare è morto:
l’Inps è «sotto attacco»
Quella dei corsi di formazione che in realtà non vengono organizzati è una delle truffe più frequenti per l’erogazione dei fondi europei per decine di milioni, ma i controlli sulle piccole imprese hanno consentito di accertare illeciti con una «indebita percezione» di oltre 90 milioni di euro attraverso i «contratti di programma» gestiti dal ministero dello Sviluppo Economico negli anni passati e adesso verificati. Su 44 ispezioni, ben la metà ha dimostrato che il lavoro non era mai stato svolto.
Se l’operazione Magistri ha consentito di individuare 337 docenti universitari che hanno preso quasi 58 milioni di euro senza averne titolo perché svolgevano un doppio incarico nonostante i divieti, le verifiche nel settore della sanità pubblica hanno consentito di stanare dottori e parasanitari che risultavano in servizio pur lavorando nelle strutture private, compresi numerosi addetti al servizio di guardia medica.