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 2019  marzo 06 Mercoledì calendario

L’ipocrisia alla Scala

Sarà un bene o un male che gli arabi, anzi i sauditi, anzi il petrolio Aramco, anzi il famoso principe Mohammad bin Salman cui si attribuiscono atti di nervosismo tipo far tagliare a fette chi gli è antipatico, entrino nel massimamente aristocratico consiglio di amministrazione della mitica Scala, a dire la loro sulla Traviata o Moses und Aron, su Mahler o Barenboim? Il no è istintivo, ma poi trovandosi per la prima volta a pensarla come la signora Santanché, ci si impone quello che si definisce “un momento di riflessione” e quindi di confusione, di scoramento. Improvvisamente anche i più refrattari all’opera e alla musica sinfonica, anche i non milanesi, entusiasti di avere un nuovo argomento di cui cliccare, si son messi subito al lavoro, ognuno in direzioni spesso impensabili: il forzista Gasparri è fuori di sé, il sindaco Sala, presidente del cda scaligero, «non sembra escludere del tutto l’ipotesi» mentre il Fratello d’Italia Mollicone tuona no ai soldi arabi e il presidente di regione Fontana promette di valutare, come il ministro dei Beni culturali che va oltre, in quanto «valuteremo con la Farnesina», e c’è anche chi nel governo si preoccupa, «Esistono su quel Paese punti di domanda…».
Ce ne saranno pure sulla Scala, e uno è certamente come trovare indispensabili finanziamenti. I suoi ricavi sono alti, più di 57 milioni, i contributi pubblici molto decrescenti, di 45 milioni, quelli privati di 24. Nel cda la quota minima è di 3 milioni a testa, ma c’è chi come la Fondazione Cariplo ne dà 10. Domanda scema: allora perché non si è chiesto alla ricchissima corte di Riad, se proprio il monarca assoluto saudita e parenti vogliono mettere il naso nella Scala, non gli si chiede anziché 15 milioni in 5 anni, 20 milioni l’anno? Forse allora, malgrado tutto, ci si potrebbe fare un pensierino; sempre che anche per una istituzione culturale e non solo per il mercato, si accettino inaccettabili compromessi. Per ora pare tutto fermo; il sovraintendente Pereira ha commentato secco: «Nessuno del consiglio si è opposto», ricordando di averne discusso sia con la Regione che con il cda, sin dall’inizio delle prime trattative tuttora in corso. I mormorii intanto stordiscono: sono stati quei furboni degli arabi a iniziare le trattative con la direzione del teatro, perché hanno deciso diusare le montagne di riyal che li stanno soffocando per far posto a un po’ di cultura occidentale, visto che hanno da poco addirittura un ministro del ramo, forse a scopo turistico, pur non rinunciando alle tradizioni di casa, tipo lapidazione, tortura, intellettuali scomparsi e donne senza diritti.Nei primi incontri si è parlato di fondare a Riad un’accademia di musica e una scuola di ballo, il tutto per bambini, già pensando forse che arrivati a dieci anni e quindi ormai pericolosamente impudichi, saranno mandati a casa. Poi va bene i diritti umani, ma ci si passa sopra quando i sauditi comprano mezza Milano, o dalla Sardegna partono migliaiai di bombe MK, nel 2017 per 20 milioni di euro, allo scopo non culturale di distruggere lo Yemen: insomma no ai diritti umani nel Paese, e sì alla guerra più spietata fuori.
Ci si può assolvere ricordano che anche la tuttora democratica Francia esporta oltre al resto, la sua cultura: in un’oasi pare meravigliosa, il governo ha appena affidato alla sua star Jean Nouvel la costruzione di un immenso lussuoso villaggio per quegli occidentali che deplorano certo, ma insomma… Si sa che il cda deve tra pochi giorni decidere se riconfermare o no Pereira: cosa che è, o era, dopo questa storia, probabile se non sicura.
E prima gli italiani? Non tanto per la figura del sovraintendente che oggi è ovvio sia internazionale, ma per quel continuo, vile sbandierare la nostra cultura contro gli immigrati che la contaminerebbero solo mangiando falafel e non polenta; e questi ricchissimi sauditi? La Scala può avere sue rispettabili ragioni per accettare il loro denaro, Che però lo stesso Pereira definisce non essenziale, ma non il governo, a cui altri responsabili, per lavarsene le mani, affidano la decisione.
Giusto portare la nostra bravura nel mondo, già ci sono trattative serie con la Cina, diverso è accettare l’ingresso in una delle nostre grandi istituzioni, simbolo della grandezza culturale non solo italiana ma occidentale, di un mondo opposto, quello saudita, tribale, nemico non per la diversa religione ma per la assolutezza crudele e la potenza sconfinata.