Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  marzo 04 Lunedì calendario

La metà dei medici è pronta a lasciare

La tempesta perfetta è in arrivo. Anzi è già in corso, alimentata da un mix di elementi che è frutto di mancata o distorta programmazione, blocco delle assunzioni, risorse al ralenti ed effetto pensioni tra picco delle uscite e quota 100. Il tormentone che affligge il pianeta medici è ben noto anche ai pazienti: pronto soccorso intasati, liste d’attesa, corsie d’ospedale vuote e camici bianchi stressati sono esperienza quotidiana. Oggi mancano all’appello circa 10mila specialisti e al 2025 la desertificazione è destinata ad allargarsi. Se non si corre ai ripari, almeno 16.500 professionisti potrebbero sparire da settori-chiave: si stimano gap di 4.180 medici d’emergenza-urgenza, 3.323 pediatri, 1.828 internisti, 1.395 anestesisti e 1.278 chirurghi. Solo per citare la carenze maggiori.
Gli anni della «gobba pensionistica» 
E proprio uno dei provvedimenti al cuore del programma Lega-M5S darà un’ulteriore sforbiciata: nel triennio 2019-2021 – tra legge Fornero e quota 100 – si stimano 25mila uscite. Sei-7mila ogni anno per la prima misura e fino a 1.500 per la seconda. In totale si parla di 52.500 medici che saranno fuori entro il 2025. Vale dire il 50% degli attuali specialisti. 
Idem per gli infermieri: con l’attuazione di quota 100, per il pensionamento 2019 si rischia di portare i buchi d’organico dagli attuali 53mila a oltre 90mila. Carenze strutturali e di know-how, che si riverberano sull’erogazione dei «Livelli essenziali di assistenza» e sull’accesso alle cure.
Servono risposte rapide: Regioni come il Veneto denunciano solo per i medici un gap di 1.300 unità. Il paradosso dell’imbuto formativo è che i concorsi vanno deserti, tanto che si pensa anche a importare professionisti da altri Paesi europei. Una beffa, per una realtà come l’Italia, che per formare un medico spende 150-200mila euro. Né sembra una soluzione l’ampliamento del numero chiuso a 12mila accessi per la facoltà di Medicina, che un tavolo di lavoro presso il Miur starebbe valutando: l’emergenza specialisti richiede una soluzione urgente ora. 
Le contromisure sinora inadeguate 
Ad accorciare i tempi lavora in prima battuta il ministero della Salute, che ha appena inviato alle Regioni una circolare con la richiesta di allineare le prove di selezione a quanto previsto in manovra. «Nella legge di Bilancio abbiamo ufficialmente aperto i concorsi agli specializzandi iscritti agli ultimi anni di corso. Dobbiamo aiutare con misure concrete i neolaureati in Medicina per superare la paralisi del sistema post laurea», ricorda la titolare della Salute, Giulia Grillo.
A lanciare l’allarme sono da anni le sigle di settore, in testa l’Anaao Assomed con la sua sezione Giovani, ma anche i sindacati e le associazioni – da Federspecializzandi al Segretariato italiano Giovani medici all’Associazione Liberi specializzandi – che riuniscono i medici specialisti o aspiranti tali. E che non si stancano di ricordare, innanzitutto, il gap profondo tra i 6.934 posti messi a bando dal Miur per le cinquanta scuole di specialità e i circa 16mila laureati che negli anni si sono accumulati per la programmazione al ribasso dei contratti (-24% rispetto a quanto richiesto dagli Accordi Stato-Regioni), per il progressivo aumento degli accessi a numero chiuso a Medicina (oggi sono arrivati a 9.779) e per le imminenti iniezioni “extra” di circa diecimila ricorsisti al Tar.
Porte ancora chiuse alle assunzioni 
Negli anni il numero di borse di specialità è cresciuto, ma non abbastanza per risolvere il gap. «Anche l’incremento di 900 contratti dal 2019, previsto nella legge di Bilancio, è insufficiente per ridurre il deficit di specialisti nell’immediato futuro», spiega il segretario nazionale Anaao Assomed, Carlo Palermo.
Il dossier specializzandi è presente nel Contratto di governo, secondo cui «i posti per la formazione specialistica dei medici dovrebbero essere determinati dalle reali necessità assistenziali, tenendo conto anche dei pensionamenti, assicurando un’armonizzazione tra posti nei corsi di laurea e posti nel corso di specializzazione».
Peccato che il via libera alle assunzioni sia saltato anche nell’ultimo traghetto utile, il Dl Semplificazioni, e che a tutt’oggi resti da sciogliere il nodo del tetto sul personale, fissato in tempi di spending review al livello 2004 meno l’1,4%. La partita è tutta da giocare nel nuovo Patto per la salute, ma siamo appena all’avvio dei tavoli.