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 2018  novembre 12 Lunedì calendario

L’economia secondo il fisico César Hidalgo

La conoscenza è mobile. E, secondo César Hidalgo, la conoscenza è un fattore determinante nell’economia delle società complesse. Più del lavoro, più del capitale. «La conoscenza è legata all’informazione: la prima è l’input, la seconda l’output. Insomma, se la conoscenza è il motore di un’economia, l’informazione è l’auto. Quella che ci porta a destinazione», dice con una battuta l’autore di «L’evoluzione dell’ordine. La crescita dell’informazione dagli atomi alle economie» (Bollati Boringhieri).
Il saggio ha scompigliato schemi e grafici di molti economisti tradizionali, portando nelle scienze economiche e sociali i principi della fisica sull’aggregazione della materia e su come ordine ed entropia si manifestino nell’Universo, dagli atomi agli organismi fino alle società: l’ordine è formato da reti che si scambiano informazioni. Nelle economie che funzionano le reti sono dinamiche: trasportano e strutturano dati.
Hidalgo riceverà domani al Teatro Piccolo Regio di Torino il Premio Lagrange-Fondazione Crt per le sue ricerche di frontiera. Ha utilizzato un nuovo strumento, l’indice di complessità economica (Eci+), per determinare la distribuzione della ricchezza nel Pianeta e i vantaggi che un’economia può acquisire rispetto a un’altra. Il risultato è l’Atlas of Economic Complexity: un atlante della complessità economica, in cui si misura la situazione di 128 nazioni con una metrica inedita.
Al Massachusetts Institute of Technology di Boston il trentanovenne cileno è professore di Media, Arts and Sciences e dirige un team sull’apprendimento collettivo. I progetti vanno dal motore di visualizzazione «Dive», che trasforma i dati in storie, a «Pantheon», progetto per disegnare una geografia della memoria dell’umanità attraverso le biografie di personaggi famosi. Ancora, e sempre, informazione.
«Nell’Universo sembra prevalere l’entropia, che è una misura del disordine. In realtà la tendenza lascia delle sacche di ordine. In biologia l’elica del Dna è un esempio. È un sistema strutturato complesso che trasmette informazione. La contro-tendenza all’ordine si può spiegare con un’immagine: una vasca piena d’acqua che si svuota forma dei gorghi. Se si continua a versare acqua, la situazione si stabilizza». In altre parole l’equilibrio è dinamico? «In un certo senso. Nelle società l’informazione si organizza in reti che sono determinanti per il successo di un’economia. Non sempre, però, la distribuzione è regolare: in Occidente ci sono luoghi ad alta densità d’informazione, città come Amsterdam, Tokyo, San Francisco, e zone vuote, pur se apparentemente ricche. Per esempio, quella del Cile è un’economia ricca grazie all’estrazione di materie prime, ma informazione e capacità sono concentrate nel campo minerario. Al confronto con quella della Corea del Sud è un’economia povera d’informazione e destinata alla stagnazione, se non cambia. I prodotti del Paese asiatico, ad alta tecnologia, hanno, invece, un valore aggiunto d’informazione».
Hidalgo in una recente ricerca del Mit mette anche in relazione il livello di complessità di un’economia con l’eguaglianza economica e la distribuzione della ricchezza al suo interno. Ma reti d’informazione efficienti bastano per assicurare buone prestazioni economiche? La Cina dei Ming del XV secolo era più sofisticata di quella europea tardomedievale e disponeva di molte lobby, da quelle mercantili a quelle dei funzionari, con una forte concentrazione d’informazione. Eppure il Celeste Impero venne surclassato dai relativamente rozzi Stati europei. «La Cina diventò insulare, bloccata dalla tradizione. Gli europei, invece, puntarono sul rischio. Svilupparono reti commerciali che erano anche reti d’informazione. Oggi – osserva Hidalgo – la situazione è ribaltata: in Cina l’informazione è a buon mercato e l’Europa guarda al passato, senza la capacità di organizzare il suo enorme bagaglio d’informazione».
E l’Italia? Come può trasformare il suo millenario patrimonio culturale in informazione produttiva? «Deve spendere di più in ricerca e formazione, naturalmente. Non si tratta solo di proteggere e valorizzare i monumenti del passato, ma di ricreare una società che sappia produrli. Dai monumenti alle grandi individualità: penso a Enzo Ferrari».
Reti di persone che sappiano trasformare l’informazione in innovazione? «Proprio così. L’innovazione è l’applicazione della conoscenza. L’informazione il suo trasmettitore. E anche il mercato del lavoro è coinvolto nello scambio d’informazione. In una società legata al posto fisso l’informazione non circola. D’altra parte, se i lavoratori cambiano lavoro a un ritmo eccessivo non hanno tempo d’imparare nulla. È necessario un equilibrio nella mobilità». Per parafrasare una celebre battuta cinematografica di Humphrey Bogart: È l’informazione, baby. Non si può fermare.