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 2018  novembre 12 Lunedì calendario

False recensioni sul web, come guadagnare mille euro al mese in nero

Nel linguaggio dell’alta finanza si chiamerebbe aggiotaggio. E sarebbe persino un reato. Ma nel grande mercato online, dove tutto si confonde e i controlli sono molto più facili da aggirare, il rischio massimo che si può correre è quello di essere “bannati”. Né una denuncia né una sanzione: soltanto una specie di cartellino rosso digitale. 

La punizione dunque fa poca paura e il business continua a funzionare sempre. Semplice, semplicissimo: basta cambiare profilo, scegliere una nuova mail e ripartire con il solito metodo. La trappola ai danni di milioni di web-compratori è posta quasi con dolcezza, sotto le belle parole di una recensione ricca di dettagli, ma perfettamente fasulla. Sembra poco, ma la gran parte degli affari sul web (quasi 25 miliardi all’anno solo in Italia) si basa proprio sui “feedback”, sul parere degli altri clienti.
In gioco ci sono molti milioni di euro e per “abbellire” il bancone virtuale di migliaia di negozianti c’è bisogno di una sterminata rete di “recensori”. 

Mercenari che si fanno pagare per assegnare buoni voti ai milioni di prodotti che ogni giorno finiscono sulle esposizioni digitali. Il gigantesco raggiro è difficile da distinguere persino per le piattaforme di e-commerce. Figuriamoci per gli acquirenti, gli e-shopper, che sperano di fare un affare con l’aiuto di altri utenti e che per scegliere un prodotto e ordinarlo si fanno convincere dalle recensioni. L’inganno è questo: le aziende che sfruttano i market del web (quello di Amazon è il più fornito e di conseguenza il più ambito) vanno alla caccia di utenti che diano buoni voti alla loro mercanzia. Li contattano su Facebook e li pagano. Li convincono a comprare uno dei loro pezzi, rimborsano integralmente la spesa e poi pretendono una recensione. In cambio del disturbo, spesso e volentieri, sono anche disposti a riconoscere un piccolo bonus. Tra i cinque e i dieci euro. E così un passatempo può diventare facilmente un secondo lavoro. Il nostro esperimento dura sei mesi. E ci consente di mettere da parte un gruzzolo di circa 800 euro. Con pochissimo impegno, giusto nei ritagli di tempo. Compriamo un centinaio di prodotti e spendiamo più o meno 1000 euro. I venditori (cinesi, russi, inglesi, americani e anche italiani) ci scambiano per “recensori” qualunque e non si fanno sfuggire l’occasione. Alla fine si rivelano tutti affidabili e persino rapidissimi. Nel giro di due o tre giorni ci restituiscono la somma “investita” e noi poco dopo possiamo rivendere il materiale ordinato in un negozio dell’usato e su altri siti di annunci. A conti fatti, non abbiamo sborsato neanche un centesimo per gli acquisti e la rivendita ci ha assicurato un guadagno “pulito”. Ad alto rischio evasione fiscale. 
Il reclutamento sui social
Gli affari si fanno principalmente su Amazon e anche su E-bay, ma i rapporti con i venditori iniziano altrove: su Facebook, ovvio. Nel grande social ci sono decine di pagine in cui i colossi commerciali cercano acquirenti-complici. Ci iscriviamo al gruppo “It Review recensori” e un attimo dopo il social network ci suggerisce altri canali simili. Si apre un nuovo mondo. Chiediamo informazioni e un utente milanese con anni di esperienza alle spalle ci spiega le regole base, ma non in pubblico perché le sentinelle di Zuckerberg controllano le bacheche: «Prima di tutto devi avere un account verificato su Amazon, cioè devi essere un utente “Prime”, perché solo così la tua recensione sarà considerata valida. A quel punto è tutto molto semplice». Sul gruppo il clima è carbonaro. E dei nuovi utenti ci si fida poco. Le proposte non sono sempre esplicite, perché spesso Facebook blocca i gruppi in cui si fanno le trattative. Qualcuno, infatti, pubblica soltanto “innocue” foto con i pezzi in vendita nel suo web-market: il messaggio è chiaro lo stesso. Qualcun altro è più diretto. Viviana lancia di buon mattino il suo primo appello agli utenti: «Chi è disposto a comprare e a recensire un tappo salva-vino?». L’annuncio è pubblico ma i contatti devono proseguire obbligatoriamente in privato. La trattativa non è lunga e senza troppi giri di parole: «Piacere», questo è l’unico spazio per i convenevoli. «Ecco il nome preciso del mio prodotto, cercalo su Amazon e compralo. Poi mandami lo screenshot dell’acquisto e quello della recensione e così io ti farò il bonifico». Tutto chiaro. Spendiamo 12 euro e 99 e due giorni dopo il corriere consegna il pacco. Ovviamente manteniamo l’impegno della recensione: «Prodotto utilissimo e finalmente non dovrò buttar via il vino rimasto nel fondo della bottiglia». Il venditore è soddisfatto, non tanto per il nostro parere ma solo perché il suo “salva-vino” ha già un bottino di 51 recensioni: quante di queste saranno autentiche? Intanto, appena il commento è online Viviana fa partire il bonifico: 12,99 euro, la stessa cifra spesa impiegata per l’ordinazione. Ora il “tappo magico” è nostro: un regalo che possiamo rivendere. Su Ebay lo acquistano in meno di 24 ore: 10 euro, cioè l’80 per cento del prezzo iniziale. «Sei disposto a fare altri affari con me? - chiede poco dopo un venditore inglese - Se vuoi ogni settimana ti mando un elenco di prodotti da recensire». Accettiamo.Il business funziona. 

La trattativa sui prezzi
Le proposte si sprecano, concludere le trattative è semplice e non comporta mai un braccio di ferro sui prezzi. Proviamo a intrufolarci in un altro gruppo Facebook. Scegliamo “Amazon recensioni Italia” e così l’attività diventa più impegnativa. Ai nuovi iscritti viene servita subito l’esca. Ci scrive Paolo dalle Isole Tremiti, che dimentica di rimuovere la geolocalizzazione del suo account: «Ti interessano questi occhiali polarizzati?». Proviamo a far saltare le regole d’ingaggio ma le condizioni sono uguali per tutti: «Fai il rimborso subito dopo ordine?», chiediamo provocatoriamente. La risposta arriva dopo pochi secondi: «No, come al solito, dopo la recensione». Affare fatto. La compravendita prende ritmo e i pacchi arrivano a casa uno dopo l’altro: un set di cacciavite e chiavi inglesi, una torcia, quattro strisce di luci a led, una maschera per snorkeling, 6 smartwatch, un set per make-up, due faretti per il giardino, le luci per l’albero di natale, un rasoio per capelli, sei o sette pennelli e persino un metal detector. Claudio, un altro venditore italiano, ha capito che siamo precisi e affidabili e ci manda l’elenco di tutti i prodotti che espone negli scaffali di Amazon. «Hanno bisogno di essere valutati positivamente. Ecco il catalogo completo, così puoi scegliere quello che ti interessa di più». Tra le foto c’è davvero di tutto: dai caricatori per cellulari alle batterie per l’auto, dall’accordatore per chitarre fino ai giochi erotici. 
La zona franca di Internet
L’esperimento prosegue fino ai 100 acquisti, ma ci arrendiamo al nuovo cartellino rosso da Amazon. Per fare tutto abbiamo cambiato tre volte l’account, creato tre diverse caselle di posta elettronica ed effettuato duecento transazioni su PayPal. Amazon, che conosce il raggiro delle recensioni e tenta di combatterlo, va alla caccia di profili sospetti e anche noi per quattro volte siamo finiti nella rete dei controlli. Con una motivazione precisa: eccesso di recensioni. Ma sarebbe bastato creare un nuovo profilo per ricominciare a fare affari. In un mercato clandestino dove i clienti si trasformano in intermediari e di fatto iniziano un’attività commerciale abusiva. Fisco a parte, a cascare nella trappola sono sempre gli altri acquirenti che si fidano delle recensioni, non immaginando che quelle belle parole sono state commissionate e pagate. Loro invece ci credono davvero, spendono e poi si ritrovano a casa un prodotto che spesso è di pessima qualità ma che nella zona franca del web era stato venduto come un oggetto d’eccellenza. Per di più certificato.