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 2018  novembre 12 Lunedì calendario

Lol, bambole assassine

“Papà, però come vestono male le cinesi”. Il padre muove lo sguardo a destra: la signora con pantaloni di pile blu a pois bianchi e camicia di seta con due sbuffi sulle spalle e zoccoli ai piedi pare confermare le parole pronunciate dalla figlia di otto anni che ora lo guarda interrogativa: “Le cinesi!”, ripete. La faccia inebetita del padre richiede una ulteriore spiegazione: “Pensa che le fake Lol cinesi mettono il gilet giallo”. Si passa poi alla spiegazione delle “fake Lol” che sono per l’appunto da considerarsi “cinesi”.
Si distinguono dalle Lol originali (il padre giura di aver partecipato a questa conversazione) perchè “sono fatte in America ma vendute in Italia da Giochi Preziosi”. Le Lol sono delle bamboline di plastica dai colori vispi e l’aspetto glamour. Possono piangere, sputare e far la pipì se immerse nell’acqua e poi strizzate (nulla di entusiasmante, vero), cambiano colore con il freddo (non è raro trovarle in frigo), sono collezionabili. Dispongono di animali (Pets) e sorelle minori (Lil). Hanno gadget bizzarri e prezzi non proprio popolari. Sono un fenomeno di massa.

Se chiedete a un giornalaio se ha l’album della Panini loro dedicato, quello sta per minuti a spiegarvi che sono settimane che l’ha ordinato e non si trova, di colleghi che lo hanno richiesto su Amazon ma non arriva, e che non è il caso comunque di chiedere ad alcuno se ne possegga una copia perchè non c’è, non esiste. Se chiedete alla Panini risponde cortese: “La grande richiesta purtroppo ha reso sfornite alcune zone d’Italia: sono comunque in atto riassortimenti”. Che è un po’ la stessa cosa che dice il giornalaio con meno bestemmie nel mezzo.
Ora è del tutto normale che i figli seguano delle passioni, anche spinti dalla pubblicità che li bombarda. Le Lol, però, hanno in tal senso un’arma potentissima: YouTube. Una roba che un genitore neanche prende in considerazione. E invece imbattendosi nel canale di “Glitter” (la figlia la chiama così, per nome, anche accompagnando l’espressione con urletti di gioia), si ricavano una serie di informazioni fondamentali. “Glitter – Storie di Bambole” è un canale YouTube con oltre 210mila iscritti e video anche con mezzo milione di visualizzazioni. Nel linguaggio tecnico è un “unboxing”, cioè uno “scartocciamento” in diretta video del prodotto (la Lol dispone di una serie infinita di confezioni modello matrioska, accessori, parrucche, slime). È un “unboxing” per bambini: mani in primo piano a scartare e un po’ Art Attack: le Lol fake (quelle “cinesi”), vengono trasformate in altri personaggi, le altre interagiscono tra loro creando storie, vantando acconciature, o contribuendo a rendere interessante lo scartocciamento (“bellissimo”, “magnifico”, “colorato”, “super”). La figlia preferisce queste storielle anche ai cartoni animati. Così vede una mezz’ora di pubblicità (senza interruzioni) col prodotto ben posizionato e le spiegazioni di nuovi ed entusiasmanti risvolti della produzione Lol. Quello di Glitter non è l’unico canale dedicato alle Lol. Corinne Mantineo ha oltre il doppio degli iscritti, ma la figlia non l’ha ancora scoperto. Da qualche anno l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha posto il faro sugli “influencer marketing”, dettando alcune regole di comportamento in cui chiarisce che la pubblicità, anche sui social, deve essere sempre indicata come tale. Se vi è “finalità promozionale”, anche solo se il prodotto rappresentato è stato “donato” all’influencer, dice l’Agcm, deve essere segnalato all’utente finale. La figlia questo non lo sa e quando la madre le mette un vestito che non le piace dice: “Mi vesti come una fake Lol”.