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 2018  ottobre 10 Mercoledì calendario

Intervista a Edoardo Boncinelli

Lo ammette, Edoardo Boncinelli: «I miei ragionamenti non sono più inflazionati dall’ottimismo». L’umorismo e il sorriso sornione di questo grande scienziato italiano si sono trasformati, nell’ultimo libro, in riflessioni amare e frecciate caustiche. La farfalla e la crisalide (Raffaello Cortina Editore, 192 pagine, 18 euro) è una cavalcata lungo la storia della filosofia (la crisalide) per dimostrare come questa disciplina sia maturata sviluppandosi in scienza (la farfalla). Edoardo Boncinelli, 77 anni, si è laureato in fisica, ma poi si è dedicato anche a genetica e biologia molecolare.
I suoi amici filosofi non saranno stati contenti di leggere il libro.
«In realtà è pubblicato in una collana diretta da un filosofo, Giulio Giorello, con il quale continuo ad andare incredibilmente d’accordo».
Eppure lei ha insegnato Fondamenti biologici della conoscenza proprio in una facoltà di Filosofia, al San Raffaele di Milano. Qual è il suo rapporto con questa disciplina?
«La amo perché mi diverte. È una grande tavolozza che mostra quante cose abbia inventato il cervello umano che non hanno nulla a che fare con la realtà».
Intende dire che è tutto falso?
«È come un’opera d’arte, anche se devo ammettere che l’arte risulta più bella. La filosofia in compenso è estremamente interessante. È una palestra di pensieri vari e astrusi. D’altronde era già stato detto nel passato, che non c’è idea tanto bislacca da non essere stata proposta da qualche filosofo. Ammetto che ho una certa sfiducia nel potere conoscitivo ed educativo di questa disciplina».
In cosa ha fiducia allora?
«Nella scienza sperimentale. Anche se ha solo quattro secoli di vita, è l’unica su cui si possa fare affidamento. Parlo di affidamento, non mi azzardo a usare la parola verità».
Scusi, ma per chi ha scritto questo libro?
«Per chi vuole pensare, anche se parlare male della filosofia in Italia è peccato mortale».
Sembra la vecchia teoria delle due culture.
«Le due culture esistono, corrispondono a due modi diversi di funzionare del nostro cervello».
Ma la cultura in generale è già messa così male. Le pare il caso di mettersi a litigare con le altre discipline?
«Ovviamente non amo gli ignoranti, ma nemmeno la stragrande maggioranza degli intellettuali. Spesso non hanno nessun contatto con la realtà, parlano di un mondo che non esiste e non è mai esistito. La cultura ha bisogno di imparare a farsi amare. La scienza e il pensiero libero non devono avere paura di infrangere la barriera del politically correct».
Trova davvero che ce ne siano troppi, di discorsi "politically correct"?
«Trovo che molti politici dicano in pubblico cose che non pensano in privato. E che abbiano un gran bisogno, insieme agli intellettuali, di fare prima di tutto chiarezza dentro di sé. Altrimenti la dicotomia con il mondo reale non farà che aumentare. Crescerà lo svilimento delle parole, il loro sganciamento dal mondo vero. E i politici continueranno a vendere qualcosa che gli italiani faranno solo finta di aver comprato».
Sembra un labirinto senza uscita.
«Se ne uscirà, come si è usciti da tutte le crisi. Ma sinceramente non riesco a vedere come. Ci vorrà un miracolo».
Ha senso in questi tempi parlare di filosofia, anche se solo per criticarla?
«In effetti la maggior parte degli esseri umani non si cura di conoscere e capire. Preferisce condannare e inveire. Ora che esco poco di casa passo del tempo su Facebook. Lo trovo pieno di nonsensi: frasi che non sono né vere né sbagliate, ma semplicemente senza senso. Si è ampliata la platea di chi può parlare, ma senza elevare il livello medio della conoscenza. Ci illudiamo di poter dire tutto, ma ci sbagliamo di grosso. Non è possibile dire che un protone sia grande come un elettrone. Proprio no».
In una frase del libro scrive che il nostro cervello non è consustanziale alla comprensione del mondo.
Cosa vuol dire?
«La teoria dell’evoluzione ci spiega che noi, come gli altri animali, sviluppiamo le doti più adatte a vivere nel nostro mondo. Riusciamo a conoscere i sassi, le pozzanghere, gli alberi, ma non l’infinitamente piccolo o l’infinitamente grande. Il nostro cervello è fatto per comprendere cose lunghe dei metri e che durano dei secondi. Per tutto il resto facciamo grandi sforzi, è vero. Ma dobbiamo renderci conto che in quel momento stiamo dimenticando la nostra biologia. E che dunque non facciamo altro che arrampicarci sugli specchi».