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 2018  settembre 18 Martedì calendario

Cipputi guadagna di più solo perché maschio. È gender gap tra operai

Decenni di battaglie femministe, anni di dibattiti, convegni, indagini ponderose, perfino indici internazionali che misurano il gap. Eppure siamo sempre allo stesso punto: le donne, a parità di ruoli e funzioni, guadagnano meno degli uomini, perfino nelle aziende delle aree più ricche, dinamiche e internazionalizzate dell’Italia. Il divario, questa volta, è certificato da uno studio aggiornatissimo delle associazioni confindustriali di Torino, Cuneo, Milano (con Lodi, Monza e Brianza), Bergamo, Brescia e Vicenza: complessivamente 357 miliardi di valore aggiunto, quasi un quarto della ricchezza generata in Italia, tutte le prime cinque province nella classifica dell’export manifatturiero. Nelle aziende dell’industria e dei servizi di quelle province le donne operaie (solo il 12 per cento del totale) percepiscono un salario medio inferiore del 14 per cento rispetto ai colleghi uomini. Tra gli impiegati il personale femminile è nettamente più numeroso: il 36 per cento. Ma il gap di genere è ancora più accentuato, intorno al 16,5 per cento. Il divario si abbatte al 6 per cento tra i quadri, categoria nella quale le donne (il 23 per cento) sono più giovani degli uomini, un po’ meno esperte ma più scolarizzate. Nei servizi informativi e nel servizio clienti, le donne guadagnano in media addirittura più degli uomini. Ma il gender gap torna a impennarsi tra i dirigenti, categoria nella quale peraltro la presenza di donne si ferma al 13 per cento: le donne dirigenti percepiscono uno stipendio più elevato nelle aree della produzione, della qualità e della sicurezza, salute e ambiente, ma mediamente il divario è negativo di circa il 18 per cento.
Complessivamente, uomini più donne, nel 2018 gli stipendi delle imprese del Nord sono cresciuti dell’1,8 per cento, con punte del 2,4 fra i dirigenti. Sotto la media (più 1,5) gli incrementi per gli operai, il cui salario lordo annuo si attesta a circa 29mila euro, con differenze contenute tra le diverse aree aziendali e più alte a seconda dell’età: un lavoratore anziano può guadagnare fino al 20 per cento più di un collega meno esperto. Con una significativa eccezione: le competenze digitali valgono il 2 per cento in più in busta paga e il vantaggio aumenta in misura consistente tra gli under 35, dove raggiunge il 16 per cento.
L’analisi sui differenziali retributivi 4.0 ha riguardato 4mila profili, di cui 500 in possesso delle competenze digitali richieste a seguito dell’introduzione delle nuove tecnologie grazie al piano di incentivi varato dal governo di centrosinistra.Per gli impiegati la retribuzione annua lorda sfiora i 40mila euro e generalmente chi è in possesso di un titolo di studio elevato guadagna di più. Per i quadri la media arriva a 68.300 euro con scostamenti minimi tra le diverse aree dell’azienda. Infine i dirigenti: la retribuzione media è di 132.400 euro all’anno ma, qui sì, gli scostamenti tra ruoli e funzioni sono cospicui: un direttore generale, per dire, può guadagnare il doppio rispetto a un dirigente della qualità. L’analisi della tipologia delle aziende mette in luce una forte correlazione dei salari con la dimensione dell’azienda e con il suo grado di internazionalizzazione: i livelli retributivi risultano più elevati di oltre 31 punti nelle grandi imprese e di circa 10 nelle multinazionali.
Tra le imprese, nove su dieci codificano i criteri in base ai quali vengono decisi gli aumenti delle retribuzioni: nel caso di dirigenti e quadri, ma in misura inferiore anche per impiegati e operai, sono gli indicatori delle performance dell’azienda a guidare le dinamiche retributive. Due aziende su tre (tre su quattro fra quelle di grandi dimensioni) erogano anche forme di retribuzione variabile, un dato in costante crescita negli ultimi anni: mediamente, nel 2018 sono stati pagati premi variabili per un ammontare che si avvicina al 10 per cento della retribuzione annua, con punte del 24 per cento per i dirigenti. Molto alta (quasi il 23) la percentuale dei premi variabili legata al parametro della riduzione dell’assenteismo, più diffuso addirittura degli indici di redditività e produttività dell’azienda.