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 2018  settembre 18 Martedì calendario

Robert Redford «Ora vado a cavallo in cerca di avventure»

Ora che Robert Redford ha annunciato che dopo quasi 60 anni sugli schermi con The Old Man & the Gun chiuderà la carriera da attore, è inevitabile ripensare ai suoi film. Butch Cassidy o La stangata? Ordinary People o I tre giorni del Condor? E dove mettere Come eravamo? O La mia Africa? Poi c’è Tutti gli uomini del Presidente, racconto dello scandalo Watergate e delle dimissioni del presidente Nixon, con Redford e Dustin Hoffman nella parte dei due giornalisti del Washington Post che fecero scoppiare il caso. 42 anni dopo c’è un’altra Casa Bianca nel caos e la parola impeachment è tornata nel lessico quotidiano degli americani, A tormentare il presidente, Donald Trump, c’è ancora lui: Bob Woodward, il giornalista interpretato da Redford. Che ha appena pubblicato il libro Fear, dove Trump viene descritto come un narciso incapace circondato da ministri e collaboratori costretti a limitare i suoi impulsi più pericolosi e autodistruttivi. 
Redford, ha letto «Fear»? Ha sentito Woodward?
«Purtroppo non ho ancora avuto il tempo di leggere il nuovo libro di Bob, ma dai tempi di Tutti gli uomini del Presidente siamo sempre rimasti in contatto. Bob non ha mai voluto essere al centro dell’attenzione. È un reporter molto calmo e piacevole. Uno che parla piano, ma sotto la superficie c’è un uomo che sa come trovare la tua giugulare. Siamo amici e ho sempre seguito il suo lavoro: il filo conduttore è che le cose non sono mai come appaiono. Il suo libro esce al momento giusto e spero che lasci un segno».
Continua a credere nel cinema e nell’arte come strumento per migliorare la società? E che influenza possono avere sugli attuali occupanti della Casa Bianca?
«Spero non ci restino troppo a lungo! Se un film può farci uscire dalla melma in cui siamo, ben venga. Penso però che il cinema debba restare fuori dalla politica. Puoi fare film su storie politiche, ma quando è solo politica mi sento un po’ a disagio».
Un tema che l’ha sempre appassionata è l’ambiente.
«Purtroppo siamo nelle mani di persone che non credono nella scienza, che pensano che lo sviluppo possa andare avanti senza limiti. Rimango comunque ottimista, credo arriveremo a un punto in cui l’allarme suonerà per tutti e faremo un cambiamento, anche se all’ultimo minuto. Ma non c’è tempo da perdere, le cose si stanno muovendo in fretta e pericolosamente».
Nel frattempo, continua a godersi la natura?
«Vivo nel West, vivo nelle montagne tra cieli e spazi infiniti. Finché potrò fare passeggiate e montare cavalli sarò felice».
Perché chiude la sua carriera con un film come «The Old Man & the Gun»?
«Viviamo in tempi oscuri, politicamente e culturalmente. La polarizzazione tra i partiti è triste e deprimente e chi paga siamo noi, i cittadini. D’altra parte, faccio questo mestiere sin da quando ho 21 anni: perché non chiudere con qualcosa che ti dà ottimismo e ti fa stare bene? Ma non si deve mai dire mai e non credo nel dire: basta e fermarsi. Penso che la strada sia ancora lunga. Mi fermo con la recitazione ma mi muovo in altre direzioni, che saranno la regia e la produzione».
Lascia con dei rimpianti?
«Probabilmente sì. Però, attenzione: se metti troppa enfasi sui rimpianti non puoi andare avanti. Tutti facciamo errori, alcuni grandi e alcuni piccoli. Fa parte della vita. Puoi vivere di rimpianti solo se hai fatto veramente del male a qualcuno, e non è il mio caso».
Un consiglio, invece?
«Di restare sempre aperti a scoprire cose nuove, a cercare nuove avventure. A volte può fare paura, ma va fatto: restare aperti a esperienze nuove ci tiene vivi».
Per lei l’ambiente e la natura sono una questione molto personale....
«Penso sia iniziato quando avevo 11 anni. Avevo avuto una leggera forma di poliomielite, prima del vaccino Salk, e quando mi fui ripreso la mamma mi portò al parco di Yosemite. E lì pensai: voglio rimanere qui. Iniziai a riflettere sul valore della natura e sul fatto che siamo una società fondata sullo sviluppo e sulla crescita ma che dobbiamo anche preservare la nostra esistenza. Altrimenti, perché fare figli?»
In quasi 60 anni di cinema ne ha viste tante. Un cambiamento che la colpisce?
«Ho assistito a molti cambiamenti positivi e uno di questi è il ruolo delle donne. Ora vedi più donne autrici e in posizioni di comando. E questo è molto sano per tutti, abbiamo un punto di vista che prima veniva ignorato».