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 2018  settembre 18 Martedì calendario

Entro il 2025 i robot creeranno 133 milioni di nuovi posti di lavoro

Entro il 2025 i robot svolgeranno più della metà dei lavori esistenti oggi, ma complessivamente creeranno anche più posti di quanti ne potranno distruggere. A dirlo è uno studio del World Economic Forum, fondazione senza fini di lucro, che ha condotto un’indagine interpellando responsabili e dirigenti di azienda di venti economie sviluppate o emergenti. Secondo il report, entro cinque anni saranno creati 133 milioni di nuove posizioni lavorative, a fronte dell’automazione di 75 milioni di mansioni. 
Saldo positivo
Un saldo positivo netto di 58 milioni di nuovi posti, più specializzati, a patto però che gli Stati investano nella formazione dei lavoratori. Perché a fare paura, soprattutto ai sindacati, è la mancanza di fondi specifici per proteggere i lavoratori obsoleti, cioè quelli per i quali sarà difficile acquisire un’ulteriore specializzazione professionale. Per gli altri invece, «c’è l’indiscutibile necessità di assumersi la responsabilità personale della propria formazione permanente e del proprio sviluppo professionale», si legge nel report. 
Nell’era dell’Information Technology, che già tanti analisti chiamano «quarta rivoluzione industriale», i primi lavori a essere automatizzati saranno quelli dove è previsto l’inserimento manuale dei dati o la gestione di libri contabili e buste paga. Poi magazzinieri, operai, addetti alle comunicazioni esterne, segretari e revisori contabili. Tutte figure che già dal 2022 si prevede che tenderanno a sparire. Ma dall’altra, il ricambio dovrebbe portare a un aumento di 133 milioni di posti per gli esperti di analisi dei dati, intelligenza artificiale, sviluppo di software, marketing, ingegneria gestionale. Ruoli per i quali, secondo le raccomandazioni del Wef, aziende e governi dovrebbero stabilire fondi di aggiornamento e formazione, per guidare la transizione e non rischiare di trovarsi senza le giuste risorse in un momento cruciale della rivoluzione economica in corso. 
Ma queste previsioni non devono sembrare fantascientifiche: negli anni Novanta del secolo scorso la diffusione degli sportelli bancomat negli Stati Uniti convinse le banche che era possibile ridurre la quantità di impiegati agli sportelli. Al contrario, grazie alla riduzione dei costi di gestione delle filiali a fronte di una maggiore clientela, le banche iniziarono ad assumere nuovi dipendenti. A una velocità maggiore rispetto alla diffusione degli stessi bancomat. 
Internet delle cose (IoT), big data, robot: in questa direzione si è mossa anche la Germania, che dal 2011 al 2016 ha abbracciato l’Industria 4.0 assistendo a una crescita dell’occupazione dell’uno per cento l’anno, con la previsione di raggiungere un più 1,8 per cento l’anno entro il 2021. Secondo uno studio condotto dal Centro per la ricerca economica europea (Zew) di Mannheim, il Paese ha raggiunto 44 milioni di posti di lavoro nel 2017 – il livello più alto dalla riunificazione del Paese avvenuta nell’ottobre del 1990 – nonostante sia la terza industria mondiale per automazione.