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 2018  settembre 18 Martedì calendario

Eulisse, surrealista senza tempo

Venezia, Bastion Dorsoduro. La sorpresa più gradita alla «Galleria l’Occhio»? Una decina di dipinti inediti che Vincenzo Eulisse (Venezia, 1936) ha tolto dalle pareti di casa della prima moglie. Risalgono agli anni Sessanta, periodo surrealista in cui, dopo il Premio Suzzara, assegnatogli da una giuria presieduta da Raffaele De Grada, diventa assistente di Emilio Vedova alla Sommer Kunstakademie di Salisburgo.
In mostra (sino all’11 ottobre) anche alcune sculture e una quarantina di quadri dal 1962 a oggi, fra cui un paio di lavori del ’73 (soggetto: uomini, animali e macchine), già esposti a Roma, alla Galleria Molino in via del Babuino e presentati da Jean-Paul Sartre: «Eulisse illumina di una curiosa luce la posizione attuale dell’individuo al centro di un universo di macchine più misteriose che mai, un universo popolato da animali artificiali, comandati da crudeli cervelli elettronici».
Periodo surrealista, s’è detto. E non è che, adesso, a 82 anni, sia cambiato qualcosa. Eulisse è un surrealista pervicace non solo come artista, ma anche nella vita. Tant’è che qualche volta è finito pure in galera – mai più di un giorno, però: l’ultima volta ha fatto subito un disegno in cui s’è rappresentato come Pinocchio tirato a forza da due carabinieri – per certe sue contestazioni o beaux gestes e nonostante siano scesi in campo a suo favore Luigi Nono, Emilio Vedova, Enzo Di Martino ed altri. Valga per tutti, alla Biennale dell’86, l’invenzione del Padiglione Sudafricano: «Un piccolo esercito di privilegiati alla ricerca delle loro prime “emozioni estetiche” arrivano in una macelleria abbandonata dove Eulisse aveva messo in scena un massacro simulato – si leggeva su «La Stampa» di Torino —. Calchi in gesso dipinti di nero e coperti di sangue, sparse al suolo come vittime assassinate dall’Apartheid. Nelson Mandela era ancora in carcere». Adesso c’è pure qualcuno che definisce l’inesistente Padiglione come «storico».
E che dire della rassegna intitolata Lettera a Jean Clair? Prendendo le mosse dalla sua Critica della modernità (ristampato in questi giorni da Abscondita), stanco di appendiabiti-sculture, passamaneria appiccicata sui quadri come (s)fregi, Eulisse aderisce alla crociata di Jean Clair. E proprio mentre espone al Museo d’arte moderna lagunare, scrive: «Da anni combatto un nemico che comincia ad indebolirsi. Vivo nascosto nella cantina del Museo d’arte moderna di Venezia ed esco solo per procurarmi il cibo. L’altra notte, in piazza San Marco, l’Arte fuggiva urlando inseguita da Bonito Oliva e Celant che cercavano di accoltellarla». Ed ancora: «Sono riuscito a corrompere un bidello e ad introdurre nell’Accademia pennelli, tubi di colore e pastelli che gli studenti usano di nascosto perché pittura e disegno sono proibiti».
Alla Biennale del ’97, Vedova ottiene il Leon d’oro. Che cosa fa Eulisse? Distribuisce manifestini a firma dell’artista: rifiuto il premio. In un’altra parte della città, Vedova girava col foglio in mano: «Se lo trovo, l’accoppo!». «Vedova arrabbiato con me? Gli passerà. Non si può stare arrabbiati coi propri figli», spiega Eulisse a un cronista. «Coi propri figli?». «Certo, lei non sa che sono figlio di Vedova e della vedova di un vivandiere polacco?».
Non si creda, però, che il lavoro di Eulisse viva per certe sue trovatine. L’artista come tale ha tutte le carte in regola. Basta ricordare le sue partecipazioni alle Biennali veneziane e alle Quadriennali romane. E poi c’è l’insegnamento: prima in Austria con quell’altro istrione di Vedova e poi come docente di Scultura, per 25 anni, all’Accademia di Urbino. Intere generazioni gli devono molto. Soprattutto libertà e fantasia inesauribile.
Eulisse è anche autore di poesie e racconti. Fingendo di essere il papa polacco, nell’82, scrive Poesie di Wojtyla, ma l’editore Rebellato gli cambia il titolo in Agonia di un Papa. «L’angelo con l’ala spezzata / siede sul divano, in mezzo alla stanza, / e dorme, appoggiato alla spalliera / col capo coperto da un fazzoletto». «Tronfio come un ufficiale di cavalleria / il sole giustiziò / con un colpo di sciabola / le betulle del parco». «Paolo di Tarso / al galoppo sul cavallo baio / mi traversa la strada / e cade tramortito / davanti alla Cattedrale tedesca / abbandonato dagli angeli. / Perché un marinaio ubriaco ha sparato al santo?».
Nella presentazione, Toni Toniato parlava di «scorribande espressive fra patrimoni iconici e verbali». «In stile “russo”, naturalmente, per via dei libri che mia madre mi faceva leggere — L’idiota , Guerra e pace , I dèmoni , L’armata a cavallo , Il placido Don , Taras Bulba , ecc. ecc. – Avevo sei anni. Adesso leggo Topolino».