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 2018  settembre 18 Martedì calendario

Piano e Grillo, amici divisi dal nuovo ponte di Genova

«A dir poco geniale». I ponti sono fatti per unire, ma un progetto di ponte, tanto più se da realizzarsi a casa propria, può anche dividere due uomini che sono amici veri da più di trent’anni. Attenzione alle forzature e ai titoli sulle liti in famiglia, perché negli anni recenti a Beppe Grillo e Renzo Piano capita sempre più spesso di pensarla diversamente su molti aspetti dello scibile umano e politico, e convivono entrambi in serenità con questa diversità di vedute, come è sacrosanto che sia.
Ma l’enfasi che il fondatore ed ex plenipotenziario di M5S ha messo nel pubblico elogio sul suo blog dell’idea venuta all’architetto bergamasco Stefano Giavazzi per la ricostruzione del ponte Morandi non è passata inosservata, soprattutto in una città come Genova, dove la comunione di vita tra le sue celebrità è sempre stata vissuta con malcelato orgoglio, come un tratto identitario, dalla coppia Fabrizio De Andrè-Paolo Villaggio a quella dei compagni di scuola e coetanei Gino Paoli e Renzo Piano, i due magneti capaci di attirare a sé una compagnia di altri espatriati che comprendeva il comico ritornato a essere tale dopo la ritirata dal suo movimento, Antonio Ricci, suo ex autore, e anche Arnaldo Bagnasco, ex camallo del porto divenuto personaggio importante del mondo televisivo, scomparso nel 2012, con il dentista Flavio Gaggero a fare da fulcro e genius loci.
Sono persone che hanno a cuore Genova, e spesso si sono spese con discrezione per il suo bene. Infatti quando Piano ha risposto alla chiamata del presidente Giovanni Toti e del sindaco Marco Bucci, che nel momento di massima depressione cittadina avevano bisogno di un colpo d’ala per risollevare il morale e l’orizzonte, molti hanno pensato che la generosità dell’architetto di fama mondiale potesse anche spiegare il silenzio prolungato del suo sodale Grillo, che da quel 14 agosto ha emesso soltanto un attacco per la verità persino flebile nei toni contro Autostrade, quasi fosse un imprimatur d’ufficio alla posizione assunta dal suo ormai ex Movimento. Non che fosse una mossa concordata, a crederci si farebbe un torto all’indipendenza di Piano e alle regole di un’amicizia che sopravvive anche alle opinioni diverse, ma la discesa in campo del senatore a vita poteva essere interpretata come un gesto che metteva d’accordo tutti, a cominciare dai parenti acquisiti.
Perché i due sono amici davvero, e non hanno mai fatto mistero del loro legame affettivo. Nel loro album pubblico dei ricordi c’è l’incursione alla Casa Bianca del 1998, quando Piano chiese a Grillo di accompagnarlo a ritirare il premio di architetto dell’anno, con il comico che si sostituì a un vincitore delle edizioni precedenti evocato da Bill Clinton, alzandosi per ricevere gli applausi, e simulando con le mani un ponte a tripla corsia per rispondere ai commensali che gli chiedevano cosa avesse fatto ricevere quella onorificenza. Ci sono le visite reciproche, sui cantieri e nei teatri di mezzo mondo, e poi le gite sulla barca a vela dell’attuale senatore a vita, il Kirribilli, che in lingua maori significa luogo pescoso. Alla sua inaugurazione, alcuni anni fa a Viareggio, fu Grillo a rompere l’ufficialità chiedendo all’armatore-architetto quanto l’avesse pagata. «Ma dillo in euro, così fa meno impressione».
C’è soprattutto un affetto vero e capace di resistere alle scosse del tempo e della politica, con Piano in veste di fratello maggiore che dal giorno del primo Vaffa day chiamava in continuazione la casa di Grillo, preoccupato per quel che gli sarebbe potuto accadere. Anche dopo, quando M5S è diventato una cosa piuttosto seria, l’architetto ha sempre fornito una copertura all’amico, «che cavalca la ricostruzione di una cultura civica in Italia», mentre nel 2013 Grillo non ha esitato a candidare al Quirinale l’architetto di fama mondiale. Lui rifiutò, così come l’allora leader dei Cinque stelle rifiutò il suo invito ad allearsi con il Pd, a riprova di una reciproca indipendenza intellettuale. Per tutto questo, non è facile capire quello che al netto dei rapporti tra i due potrebbe essere definito come uno sgarbo, motivato forse dal fatto che Piano è stato chiamato dalle persone, Toti su tutte, che oggi vengono percepite come fronte avverso da M5S.
Anche se il suo blog personale è ormai una palestra del bizzarro, proprio in virtù delle origini comuni, e del momento che sta vivendo la loro città, il cofondatore di M5S dovrebbe essere il primo a sapere della differenza che passa oggi tra l’idea di un genovese che ha firmato il Pompidou di Parigi, lo Shard di Londra, l’Auditorium di Roma eccetera, e quella di un suo pur valido collega che ha fama, esperienza e curriculum più circoscritti. «Io credo che l’ascolto, il dibattito, anche il dissenso, siano fondamentali» ripete spesso Piano a proposito della sua professione. Resteranno amici, quasi fratelli. Ma non sono esattamente gemelli.