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 2018  settembre 16 Domenica calendario

Stucchi, ori e ansia di rompere col passato. Nelle sale dell’Eliseo rinnovato da Macron

Non sono ancora le sette e questo palazzo che, tra gli ori e gli stucchi, i lustri e i cristalli, sembra più la dimora di un re che quella di un presidente, freme di un viavai inusuale. Ieri mattina l’Eliseo si preparava all’arrivo del «popolo», la visita dei comuni cittadini in questo fine settimana, le giornate del patrimonio per tutta la Francia. Lui, Emmanuel Macron, c’è ma per il momento non si fa vedere, chiuso nell’appartamento privato con Brigitte. Un piccolo gruppo di giornalisti, prima dell’apertura delle porte, può curiosare in giro con una certa libertà. L’occasione buona per capire se il giovane presidente è riuscito a svecchiare questo glorioso palazzo di 300 anni.
Cominciò a costruirlo nel 1718 l’architetto Armand-Claude Mollet per il conte di Évreux, ma già nel 1753 fu offerto da Luigi XV alla sua favorita, la marchesa di Pompadour. Più tardi ci vivranno Gioacchino Murat e Carolina, la sorella di Napoleone. E poi lo stesso imperatore (gli piaceva tantissimo). Fu anche la residenza di Napoleone III e dal 1896 in poi quella di tutti i presidenti francesi. Che potevano «dire» di più Emmanuel e Brigitte in un contesto così carico di storia? «Attraverso questo palazzo vogliono trasmettere ai visitatori stranieri un’immagine più moderna della Francia», sottolinea un’addetta stampa. E il loro leitmotiv è diventato l’inserimento di opere d’arte contemporanea nei posti più impensabili.
La spinta modernista
Nel Salone Pompadour, ancora oggi esempio dello stile inventato dalla marchesa, un rococò alla terza potenza, la première dame ha fatto appendere due tele di Picasso. Nell’ufficio personale di Brigitte l’antica pittura murale, ispirata alle felci, stacca con i pezzi da lei selezionati (la scrivania di Matali Crasset e un vaso di Pierre Charpin, design arcicontemporaneo). E nell’anticamera del glorioso «Salon Vert», al secondo piano, dove Macron si riunisce con i consiglieri più stretti, è apparsa ai muri un’ingombrante tappezzeria ispirata a Matisse. È quasi un’ansia questa voglia modernista, per alcuni fuori luogo. Ma Macron l’ha teorizzata anche per la sua politica, «en même temps» dice. Essere al tempo stesso di sinistra e di destra. Antico e moderno.
Nell’ala orientale, invece, un po’ nascosta spunta una sala da pranzo, che fu ideata da Pierre Paulin nel 1972 e che sembra una scenografia di Star Trek, con polistirolo ai muri e il soffitto ricoperto da 9mila steli e palline di vetro. Paulin fu imposto all’Eliseo da Georges Pompidou, che era un conservatore «illuminato», e dalla moglie Claude, dama dell’alta borghesia, ma stravagante. Loro non fecero compromessi. Su, negli appartamenti privati, Claude chiamò l’israeliano Yaacov Agam per un’allucinante installazione di arte cinetica, che poi Bernadette Chirac fece rimuovere. Il Salone d’argento, fortunatamente, è rimasto intatto, decorato da Carolina Murat. Qui Napoleone firmò l’abdicazione dopo la sconfitta di Waterloo, il presidente Félix Faure morì nel 1899 dopo un amplesso con l’amante e i tre cani di Nicolas Sarkozy si mangiarono le zampe di preziose poltrone.
Ecco, i visitatori stanno arrivando. Fu Valéry Giscard d’Estaing, che voleva essere un presidente diverso e moderno, un Macron ante litteram, ad aprire le porte del palazzo al «popolo». Poi, François Mitterrand, che pure era socialista, le richiuse, per salvaguardare la «sacralità» del luogo. Da Jacques Chirac in poi, invece, si è ricominciato. Ieri nel giardino scodinzolava Nemo, il labrador nero, altro simbolo «cool» dell’attuale coppia presidenziale. Nel 2016, invece, François Hollande si fece trovare al lavoro sulla sua scrivania, mentre la gente scorreva (un po’ esterrefatta) dietro il cordone di sicurezza. Le foto che lo ritraevano sui cellulari sembravano quelle del museo delle cere.