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 2018  settembre 16 Domenica calendario

Sbatti il lemma in passerella. Intervista a Antonio Marras


Da dislessico non riconosciuto a scuola il mio terrore era leggere a voce alta: quelle pagine così fitte di segni e lettere mi si ingarbugliavano nella mente. Inventavo parole e concetti che non esistevano. Le poesie invece stavano al centro della pagina, il resto era tutto bianco. Solo la pagina bianca della poesia mi dava respiro». Antonio Marras ricorda i suoi giorni tra i banchi di scuola mentre, seduto al tavolo del suo atelier milanese, disegna piccoli cerchi su un taccuino zeppo di ritagli, trame, appunti. Pagine e pagine coperte di segni, come quelle che lo terrorizzavano da bambino. Allo stilista di Alghero, famoso per la sua capacità di innestare il mondo della moda con quello della cultura e dell’arte ( una delle sue installazioni è stata esposta alla Biennale di Venezia nel 2011, l’anno scorso la Triennale di Milano ha ospitato una mostra dedicata alle sue opere), Zanichelli ha chiesto di "vestire" alcune copie del vocabolario Zingarelli, copie che a novembre saranno battute all’asta da Lella Costa e Geppi Cucciari durante una serata di beneficenza al Mudec di Milano.
Basta un gesto simbolico come questo per far tornare la cultura di moda?
« La cultura non è mai andata fuori moda. È qualcosa di così connesso con la nostra esistenza che non se ne può fare a meno. È come l’aria. Credo che il mio lavoro implichi un’aderenza alla realtà e quindi alla cultura che ci circonda. Quel che ho provato a fare nel tempo è far dialogare questa disciplina che è la moda con altre discipline: arte, danza, poesia, cinema, teatro, letteratura».
Ma come si fa a vestire un vocabolario?
«Come mi ha insegnato Maria Lai: aspettando che quei parallelepipedi mi parlassero. Durante uno dei nostri incontri Maria mi aveva detto che le cose possono parlare. Anche i muri. In quel momento stava contemplando una parete bianca su cui sarebbe dovuta intervenire. Dopo un paio d’ore le chiesi: "Stai bene? È successo qualcosa?". Lei mi rispose: " Sì, sto solo aspettando che la parete mi parli". Io da sciocco avevo riso. Poi cominciò a tracciare delle righe: " Il muro ha parlato", mi disse. Maria mi ha insegnato questo, ad ascoltare le cose, il silenzio degli oggetti, delle stanze...».
Il suo primo ricordo legato ai dizionari?
« Era un’estate molto calda, il tavolo era rotondo e io, dopo l’esame di quinta elementare, per prepararmi alle scuole medie prendevo lezioni private da una signorina che abitava al quarto piano del mio palazzo. Lì per la prima volta maneggiai un vocabolario. Mi ricordo l’impegno nello sfogliare quelle pagine alla ricerca delle parole. Quelle lezioni mi aiutarono a crescere e a colmare i vuoti dei cinque anni precedenti in cui avevo avuto un maestro terribile che mi aveva rovinato l’infanzia».
Li tiene ancora sulla libreria?
«Conservo ancora quelli usati all’esame di maturità dove all’interno avevo scritto tutti gli appunti possibili. E ho tenuto anche quelli delle mie sorelle. Ho un ricordo molto bello di questo "compagno" pesante che ti portavi a scuola e che ti dava la possibilità di trovare una soluzione quando eri in difficoltà, quando non sapevi come affrontare un tema complicato».
Qual è la sua parola preferita?
«Amore».
E quella che detesta?
«Indifferenza. Il nostro mondo ci ha abituati a guardare le cose in maniera molto superficiale, a essere assuefatti da immagini e situazioni che ci scivolano addosso. Non abbiamo più quell’attenzione, quel trasporto e coinvolgimento che dovremmo avere nel vedere certe cose che ci accadono attorno. In noi è subentrata una sorta di indifferenza che fa in modo che le cose che dovrebbero coinvolgerci, toccarci, vengano respinte».
" Gli abiti sono parole di un grande vocabolario". Parole sue.
« Certo, la moda è un linguaggio, un codice, un modo per comunicare. Vestirsi è anche un modo per riconoscersi e per dialogare. Ti soffermi e riconosci chi passa davanti a te attraverso delle affinità. Anche nella moda c’è una grammatica».