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 2018  settembre 16 Domenica calendario

Gli anni difficili della Mogherini

Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, ha annunciato negli scorsi giorni che il 2019 non sarà per lei un anno elettorale. Intendeva dire che non si sarebbe candidata nelle elezioni per il Parlamento europeo e, verosimilmente, che non avrebbe sollecitato il rinnovo di una carica che corrisponde, almeno formalmente, a quella del ministro degli Esteri. So che è spesso criticata, ma credo che le critiche vengano principalmente da ambienti euroscettici, sempre pronti a trattare ciò che proviene da Bruxelles con una combinazione di timore e disprezzo. In realtà Mogherini è stata molto più diligente del suo predecessore (Catherine Ashton, una Lady britannica, voluta da un Paese che non aveva alcuna intenzione di favorire la nascita di una politica estera europea) e ha avuto il merito di pilotare con successo i negoziati per la conclusione di un accordo sulla politica nucleare dell’Iran. Le clausole sono state scritte, in buona parte, dai suoi collaboratori e l’accordo sembra sopravvivere persino ai fulmini lanciati contro l’Iran dal presidente degli Stati Uniti e dai nuovi falchi della Casa Bianca. 
Il problema che Mogherini non ha potuto risolvere è la mancanza di una linea condivisa della politica estera europea. Come ha ricordato un intelligente osservatore della situazione internazionale (il generale Fabio Mantovani) la politica estera è efficace e coerente soltanto se esiste un accordo, pur con gradazioni diverse, sull’esistenza di nemici comuni. Ma in Europa esistono Paesi per cui la Russia, nonostante la crisi ucraina e altri motivi di dissenso, è un interlocutore indispensabile; mentre ne esistono altri che sperano di metterla in ginocchio con le sanzioni e di provocare a Mosca un cambiamento di regime. Esistono Paesi per cui il rapporto con Washington (nonostante l’elezione di un presidente unilateralista, protezionista e anti-ambientalista) è più importante di quello che hanno con Bruxelles e con i loro partner europei. E ne esistono altri, per cui, come ha detto Angela Merkel, gli europei devono prendere in mano il loro destino. Tutti sono minacciati dal terrorismo islamista, ma i membri dell’Unione Europea sono stati incapaci di dare a Federica Mogherini un mandato per la soluzione della crisi siriana e di quella libica. Fra tutti i problemi che affliggono l’Europa, la crisi dei migranti è quella che maggiormente si presta a una gestione euro-africana (magari con un «piano Marshall» per l’Africa, come suggerito recentemente da Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo); ma anche in questo caso molti Paesi hanno preferito fare una politica nazionale gretta e miope. Il ministro degli Esteri è un avvocato che dispone, quando rappresenta i suoi clienti nel corso di una trattativa, soprattutto di uno strumento: il dialogo. Temo che nel corso del suo mandato Federica Mogherini abbia impiegato più tempo a mettere d’accordo i suoi rappresentati piuttosto che a dialogare con i loro avversari.