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 2018  settembre 15 Sabato calendario

Intervista a Giovanni Simeone. «Io, Firenze e Astori: nessuno sarà mai più lo stesso di prima»

Gli occhi di Giovanni brillano come la sua giovinezza. Il sorriso si spalanca. C’è voglia di raccontare.

Giovanni Simeone, la Fiorentina in due parole?
«Una famiglia».
Un gruppo unito, insomma.
«No, di più. I nuovi che sono arrivati lo hanno capito subito. Qui non c’è spazio per egoismi o prime donne. Quando perdi un amico ti ritrovi a condividere un dolore violento. Attraverso le lacrime siamo diventati uomini. Abbiamo una missione. E nessuno può tirarsi indietro».
La missione è sorprendere?
«Dare tutto quello che abbiamo dentro. Siamo un gruppo che vuole divertirsi a giocare a calcio senza lamentarsi mai e senza mai tirare il freno. Lo abbiamo già dimostrato dopo la morte di Davide. Vogliamo continuare a farlo».
Già, nei giorni del dolore avete reagito sul campo.
«Sì. E non è retorica. È la nostra storia. Ci allenavamo come mai era successo prima. Sempre a mille, nessuno ha risparmiato una goccia di sudore. Abbiamo reagito così, come avrebbe voluto Davide».
E la storia della fascia? Ha davvero temuto che la Lega ve la strappasse dal braccio?
«No, mai. Quella era l’eredità del capitano. Il nostro simbolo, e certi simboli non si toccano».
Chi l’ha aiutata in quei momenti così delicati?
«In quel periodo avevo da poco trovato una ragazza. Mi ero innamorato. Sì, è stata Giulia a darmi una mano. E poi la meditazione, una strada che mi ha indicato mia madre».
Intanto è nata una Fiorentina piena di ragazzi. Siete la squadra più giovane. Poca esperienza, tanto entusiasmo.
«La cosa è semplice da spiegare, credo. Ecco, se noi mettiamo in campo la nostra passione, la nostra grinta, possiamo sorprendere. Se mancano queste qualità diventiamo una squadra terribilmente normale, e noi non vogliamo esserlo».
Lei e Federico Chiesa siete una coppia speciale. Due figli d’arte finiti quasi all’improvviso sotto le luci della ribalta.
«Io e Fede siamo molto amici, anche perché condividiamo questo destino: essere figli di due grandi giocatori. Beh, il vero vantaggio è avere qualcuno fidato a cui chiedere consigli. E anche entrare in uno spogliatoio di giocatori veri quando sei un bambino. Ma la cosa buffa è che mio padre è venuto per la prima volta a vedermi giocare da professionista lo scorso 26 agosto, quando abbiamo vinto col Chievo».
E meno male che alla fine è riuscito anche a segnare.
«Sì. Ci tenevo parecchio. Quando sai che c’è un genitore in tribuna non è facile. Ansia da prestazione, credo».
Ma c’è una frase di suo padre Diego che lei porta sempre con sé?
«Ce n’è una che è un mantra. Me la disse prima che io partissi per Genova: Giovanni, ricordati che fino al tuo ultimo istante di allenamento hai la possibilità di migliorarti».
A proposito: lei che obbiettivo si è dato questa volta?
«Potrei dire che voglio fare più gol della scorsa stagione. Ma la verità è che voglio soprattutto imparare a essere più utile alla squadra, diventare il riferimento per far salire i centrocampisti, per esempio».
E forse anche risparmiare un po’ di energie. Non è che tutto quel correre le toglie lucidità?
«Ma quello sono io, posso lavorarci un po’, ma senza esagerare».
Esordio con gol in nazionale, il sogno di tutti.
«Felicità pura. Ma questa gioia è figlia di tutto il lavoro fatto qui a Firenze. Devo ringraziare Pioli, che spesso a fine allenamento mi tiene in campo, mi spiega i movimenti, mi fa lavorare sulla tecnica. Gli devo tantissimo».
Qui tutti si chiedono: chi sarà l’anti-Juve?
«Secondo me l’Inter è fortissima».
Campionato combattuto o già deciso?
«Eccitante, fino alla fine. Il livello in Italia si è alzato, non è arrivato solo Cristiano Ronaldo, ma tanti altri giocatori forti. È bello giocare qui».
E la Fiorentina?
«Coraggio, gioventù, divertimento, gratitudine. Siamo un gruppo fatto di bei sentimenti.
Vogliamo fare meglio dell’anno scorso».
Ora c’è la trasferta in casa del Napoli, a cui avete strappato di dosso il sogno scudetto pochi mesi fa. Lei firmò una tripletta.
«Sì, ma non dimentichiamoci che facemmo una bella prestazione anche al San Paolo».
Che dice di Pjaca?
«Tecnicamente fa paura. Ma a me piace ricordare anche il lavoro di Eysseric. Se ne parla meno, ma è importante».
Simeone, torniamo alla sua vita fuori dal campo. Calcio, amore, meditazione e…
«Musica jazz. Mi rilassa. Poi leggo, cerco di capire le cose del mondo.
Sì, insomma, il pallone è importante, ma c’è anche altro».
Un anno fa disse che non era il momento per innamorarsi.
«Vero. Poi succede, però, come nei film. Ho conosciuto Giulia e dopo poco abbiamo iniziato a convivere. Con armonia e rispetto reciproco delle nostre passioni. Per me meditare significa trovare un equilibrio interiore. È una cosa mia e lei la rispetta. E poi Giulia mi ha davvero aiutato quando ci è cascato il mondo addosso. Le sarò sempre grato per quello che ha fatto».
Simeone, si può dire che quel dolore ha costruito una nuova strada?
«Nessuno di noi è più quello di prima. I nostri valori sono scritti su quella fascia. L’amore per Firenze, la gratitudine per Davide Astori, il nostro capitano per sempre».