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 2018  settembre 15 Sabato calendario

Sfidare la morte, non c’è solo il gioco del blackout


C’è Anna che si tagliava l’avambraccio perché in un video girato da tre adolescenti canadesi si spiegava che a ogni lacerazione corrispondeva un punto e a dieci punti passavi allo step successivo: le gambe. Un suo compagno di classe, judoka, 13enne, si era perso nella spirale del “selfie killer": ogni volta in posa, sempre più in alto, tetti, cornicioni, ponti, balconi.Finché un autoscatto è finito sotto gli occhi della madre che ha attivato psichiatra e polizia.Quando il ragazzino ha schiuso le porte del suo mondo “magico” – una realtà parallela scandita da sfide virali, livelli di difficoltà, adrenalina da videogame che si trasformava in una gara continua con il proprio corpo – i poliziotti hanno scoperto che lo studente era in contatto con coetanei che, già pratici del “blackout”, la sfida a chi sviene meglio dopo avere smesso di respirare, si erano avvicinati alla “Momo challenge”.È una roba simile alla Blue Whale.Una maratona a ostacoli con decine di prove spericolate, violente e autolesioniste. Incisioni sulla pelle, salti nel vuoto, un bombardamento di video psichedelici. Solo che l’account di Momo usa come avatar l’immagine di una donna grottesca con gli occhi sporgenti.Che poi sarebbe una sculturapupazzo creata da una società di effetti speciali giapponesi.Storie di adolescenti che entrano e escono dalla vita virtuale. Virtuale come il loro concetto di morte.L’ultimo rimasto impigliato è Igor Maj, autosoffocatosi per gioco e addio alle montagne che scalava, quelle per davvero. «È un confine labilissimo – ragiona Annamaria Fusaro, neuropsichiatra infantile, ospedale di Treviglio –. In questi adolescenti c’è molto senso di onnipotenza e pochissima consapevolezza del confine tra la realtà che è irreversibile – quella dove se faccio una cosa estrema non posso più tornare indietro – e la realtà che è invece cancellabile, resettabile con un clic. Insomma: il virtuale”. Per come la raccontano gli esperti sembra una specie di sliding doors dove tutto si confonde: prove fisiche, desiderio di emulazione, di essere accettati e contare di più, la competizione come unico terreno di affermazione. «Conta anche molto il messaggio, a volte inconsapevole, che arriva dai genitori: oggi tra gli adulti la morte viene continuamente negata. E così i ragazzini pensano che si muoia solo nei videogame, non nelle sfide dell’orrore mostrate nei video che corrono sui social». Invece possono diventare letali, devastanti. Per aiutare ragazzi e genitori a difendersi dalle insidie della Rete la questura di Brescia – diretta da Vincenzo Ciarambino – ha avviato un percorso specifico: una trentina di studenti del liceo di Scienze umane Fabrizio De Andrè sono stati formati per diventare a loro volta figure educative. Vanno nelle scuole elementari e medie della provincia e parlano con i ragazzini. «Già a 7-8-9 anni sono sgamatissimi – dice l’insegnante Paola Graffeo –. Usano videogame vietati ai minori di 18 anni, i genitori evidentemente gliene danno la possibilità.I meccanismi di questi giochi sono riprodotti nelle sfide virali a mettere a rischio la propria vita. È chiaro che chi lo fa non ne avverte il pericolo. Lo rimuove all’origine». Dalla violenza di videogiochi come GTA, Call duty, The division ai video dove la vita e la morte sono degli optional, il passo è breve. Lo sa bene e lo spiega nelle scuole Domenico Geracitano, poliziotto-scrittore. È autore di Se ci pensi è tutt’altra cosa, un libro sull’uso consapevole dei social. Ai ragazzi mostra la linea di confine tra l’avatar che può perdere fino a tre, quattro, dieci vite e l’essere umano che ne ha una e basta: se ti strangolano nel videogame, ti riprendi. Nella realtà, no. I genitori Geracitano cerca di sensibilizzarli sull’importanza dello sguardo “per conoscersi”, la condivisione delle gioie che oggi l’adolescente riversa nello smartphone.Una tavoletta elettronica ed “esistenziale” che può anche trasformarsi in una ghigliottina.La mattina prima di andarsene Igor Maj nella sua stanza aveva guardato video tutorial su come eseguire il “blackout” corretto. Per gradi. A tappe. Come se la morte “vera” in fondo non arrivasse mai.Non per lui che scalava le montagne. A tappe anche quelle.Ma il virtuale è diventato reale.