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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Graziano Mesina

Graziano Mesina, nato a Orgosolo (Nuoro) il 4 aprile 1942 (76 anni). Criminale •«Pasquale Mesina e Caterina Pinna lo misero al mondo a Orgosolo il 4 aprile 1942, penultimo di undici figli. In quarta elementare prese a sassate il maestro, lasciò la scuola, andò servo pastore come i fratelli» (Marco Neirotti). «Graziano Mesina entra per la prima volta in carcere nel 1956, all’età di 14 anni, quando viene fermato per porto d’armi abusivo. Nel maggio del 1960 nuovo arresto, questa volta per danneggiamento della cosa pubblica. Nel gennaio del 1961, dopo aver finito di scontare la pena, aiuta il fratello Antonio nelle indagini private per scagionare i Mesina dall’accusa di avere sequestrato e ucciso Pietrino Crasta. Nel dicembre dello stesso anno comincia la spirale della vendetta: “Grazianeddu” tenta di uccidere Luigi Mereu, parente di quel Francesco Mereu che, secondo i Mesina, sarebbe stato complice nell’omicidio del sequestrato. Nuovo arresto e nuovo soggiorno in carcere. Breve, perché dopo qualche mese si fa ricoverare nell’ospedale di Nuoro, da dove riesce a evadere rocambolescamente aggrappandosi a una grondaia: resta nascosto per due giorni in un cunicolo e poi raggiunge il Supramonte di Orgosolo, dove si dà alla latitanza. Ricompare all’improvviso in un bar del centro del paese la sera del 13 novembre del 1962, quando uccide con una raffica di mitra Andrea Muscau, che ritiene invischiato nell’omicidio del fratello Giovanni. Mesina viene catturato e condannato a 24 anni di carcere. L’11 settembre del 1966 nuova, rocambolesca fuga dal carcere di San Sebastiano, nel centro di Sassari: “Grazianeddu” riesce a calarsi dall’alto muro del penitenziario seguito da un giovane ex legionario spagnolo, Miguel Asencio Prados detto Atienza. I due raggiungono il Supramonte di Orgosolo, base quasi inviolabile per scorribande criminali di ogni tipo. Le imprese dei due malviventi e della loro banda cominciano ad essere mitizzate dagli inviati di varie nazioni che bivaccano a Nuoro e inondano i loro giornali di articoli con i quali contribuiscono a creare una sorta di leggenda: non capiscono che Mesina si è rapidamente trasformato da bandito barbaricino a manodopera della criminalità organizzata, meglio nota come “Anonima sequestri”. Si scatena una vera e propria guerra con le istituzioni, che vengono rafforzate con l’invio di reparti speciali, tra i quali i “Baschi blu” della polizia, due dei quali muoiono durante un’operazione sulle montagne. Il 17 giugno del 1967 a cadere in un conflitto a fuoco è lo spagnolo Atienza. Mesina riesce a sganciarsi e a continuare nelle sue imprese, tra le quali i sequestri di persona. Ormai sembra imprendibile, e il mito si autoalimenta sempre più: sino a quando, una sera del marzo del 1968, viene arrestato da una pattuglia della polizia stradale alla periferia di Orgosolo e condannato all’ergastolo per cumulo di pena. Questa volta la reclusione dura sino al 20 agosto del 1976, quando riesce a evadere dal supercarcere di Lecce insieme al nappista Martino Zichittella e ad altri dieci reclusi, tra i quali un esponente di spicco della banda dei Marsigliesi. Da Lecce raggiunge Milano – dove si aggrega alla banda capitanata dal boss Francis Turatello – dopo aver lasciato traccia del suo passaggio con il primo sequestro di persona delle Marche e altre imprese criminali. Viene catturato il 16 marzo del 1977 in un paesino vicino a Trento, e il suo “albo d’oro” si arricchisce di nuove condanne.Nel 1985 “Grazianeddu” brucia inspiegabilmente la possibilità di ottenere la semilibertà non rientrando a Porto Azzurro dal primo permesso di dodici ore: gli è stato concesso per andare a far visita a un fratello, ma lui preferisce scappare con una tale Valeria Fusè, una ragazza che spesso gli scriveva in carcere. I due vengono catturati dopo una settimana in una casa di Vigevano. Questa volta la reclusione dura sino al 18 ottobre del 1991, quando Mesina ottiene la libertà condizionale e si trasferisce a San Marzanotto, un paesino vicino ad Asti, dove trova lavoro come guardiano.Il 10 luglio del 1992, alla liberazione del piccolo Farouk Kassam, rapito in gennaio, “Grazianeddu” sostiene di aver avuto un ruolo determinante e ritorna a fare la star. Si espone troppo, e il 29 luglio viene arrestato con l’accusa di traffico di armi, inchiodato da una perquisizione e da una serie di intercettazioni inequivocabili. Mesina grida al complotto, ma, anziché scegliere un pubblico processo, dove poter dimostrare la sua tesi, opta per il rito abbreviato, a porte chiuse, e viene condannato a otto anni. Il tribunale di sorveglianza a questo punto gli revoca la semilibertà e lo rimanda a scontare l’ergastolo. Il 6 dicembre del 2000 arriva una nuova condanna a due anni e quattro mesi da parte del giudice monocratico di Nuoro per violazione della legge del 1991 sui sequestri, che impedisce i contatti tra gli emissari e i banditi. L’incriminazione risale al rapimento di Farouk Kassam. Dopo aver assaporato la libertà, le mura del carcere diventano sempre più strette, e Mesina, dopo un lungo periodo di calma, riprova a tentare la carta della semilibertà. Ma l’8 febbraio del 2001 i giudici del Tribunale di Asti respingono la richiesta dei legali dell’ex superlatitante, i quali chiedevano il ricalcolo delle pene e la revoca della condanna all’ergastolo. Non resta che la domanda di grazia, che viene inoltrata nel 2003, dieci anni dopo l’ultimo arresto. Il presidente della Repubblica, visti anche i 41 anni totali trascorsi in carcere, concede la grazia e nel novembre del 2004 “Grazianeddu” lascia il carcere di Voghera. Ma il ritorno a Orgosolo si rivela infausto: l’ex re del Supramonte riprende antiche abitudini, mascherate dall’attività di guida turistica» (Agostino Murgia). Arrestato nel giugno 2013 insieme a una ventina di complici con l’accusa di aver «promosso, costituito, diretto e organizzato un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti», nel dicembre 2016 è stato condannato in primo grado a 30 anni di reclusione, e s’è visto revocare la grazia concessagli da Ciampi nel 2004: per lui si sono quindi riaperte le porte del carcere di Badu ‘e Carros. Nel novembre 2017 è stato inoltre condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per usura ed estorsione •A lungo mitizzato come «l’ultimo bandito» o «nuovo Robin Hood», gli sono stati dedicati film (Pelle di banditodi Piero Livi, Barbagia (La società del malessere)di Carlo Lizzani, entrambi del 1969), libri e canzoni (Vero sardo Gdei Sa Razza, Bandidosdei Tazenda). Nel 2009 si parlò insistentemente persino di una sua partecipazione all’Isola dei famosi, poi scongiurata per «motivi di opportunità». Tra i suoi storici estimatori anche Indro Montanelli, che nei primi anni Novanta si spese perché Cossiga gli concedesse la grazia (iniziativa osteggiata, invece, da Giovanni Falcone) e firmò la prefazione all’autobiografia del bandito Io, Mesina(Periferia, Cosenza 1993), nella quale, tra l’altro, scrisse che Mesina «ha sbagliato secolo. È l’ultimo reperto vivente di un mondo che non c’è più. Se potessi, lo metterei sotto vetro. Come una reliquia». Addirittura, «si parlò di incontri con l’editore-guerrigliero Giangiacomo Feltrinelli, che voleva farlo diventare il Che Guevara della Sardegna trasformata in una Cuba del Mediterraneo. Non se ne fece nulla» (Vincenzo Tessandori) •Grande passione per il Cagliari di Gigi Riva, che sostiene di essere andato più volte a veder giocare allo stadio sotto mentite spoglie, quando era latitante •Celibe, senza figli. È cugino di secondo grado della beata Antonia Mesina (1919-1935), orrendamente uccisa per non aver ceduto a un tentativo di stupro •«Mesina nasce come leggenda negli anni Sessanta, è frutto di una pubblicistica che ha bisogno di personaggi, di miti. Sono anni confusi. E allora si cerca l’eroe romantico, da raccontare, gentiluomo, non violento, ma è un’immagine falsa. Il problema è che alla fine lui stesso, Mesina, ci ha creduto e ha iniziato a recitare nella vita un copione scritto da altri» (Piero Mannironi).