5 settembre 2018
Tags : Andrea Pirlo
Biografia di Andrea Pirlo
Andrea Pirlo, nato a Flero (Brescia) il 19 maggio 1979 (39 anni). Calciatore (centrocampista). Sei scudetti (due con il Milan e quattro con la Juventus), due Coppe Italia (una con il Milan e una con la Juventus), 3 Supercoppe italiane (una con il Milan e due con la Juventus), due Champions League (con il Milan), due Supercoppe Uefa (con il Milan), un Mondiale per club (con il Milan), un Campionato mondiale (2006), un Campionato europeo Under 21 (2000). Notevoli anche i traguardi personali: «È primatista di presenze (37) e di reti (15) con la maglia della Under 21 […] e, insieme a De Rossi e Balotelli, è uno dei tre giocatori ad aver segnato almeno una rete in ognuna delle tre principali competizioni calcistiche disputate dalla nazionale maggiore (il Mondiale, l’Europeo e la Confederations Cup). […] Per 23 volte candidato al Pallone d’Oro, nel 2003 ha ottenuto il suo miglior piazzamento, con un quinto posto» (Livia Taglioli). «Ho sempre saputo di essere più forte degli altri» • «Il padre ha un’azienda siderurgica, tondini e simili, il core business della zona, un centinaio di dipendenti, “mai nessuno in cassa integrazione”, dice Andrea “con orgoglio”: da quelle parti l’azienda è la famiglia e la famiglia è l’azienda. Suo fratello ci lavora. E sarebbe stato il naturale destino anche per lui. “Ma io fin da bambino non ho mai desiderato altro che di giocare a calcio”» (Cesare Martinetti). «“Per me tutto è iniziato con una palla di spugna quando ero bambino. In casa calciavo con tutto ciò che trovavo e che somigliasse a una palla: provavo a metterlo negli angoli della casa”. […] La sua parabola parte dalla provincia, da Brescia. Dove incontra Roberto Baggio, quello che per lui è stato un idolo della gioventù. "Roberto è stato il calcio. Insieme a lui ho imparato tanto, e mi ha trasmesso tantissimo. Devo molto anche a Carletto Mazzone, che per primo iniziò a provarmi nel ruolo di play. Dal Brescia in poi è stato tutto naturale"» (Mario Pagliara). «Dopo aver iniziato nelle giovanili del Brescia, Pirlo fa il suo esordio in serie A con le rondinelle nella stagione 1994/1995. Nel 1998, a 19 anni, l’Inter lo acquista come fantasista, ma lo spazio in prima squadra è davvero poco. Torna al Brescia nel 2001, e Mazzone lo arretra davanti alla difesa per impostare il gioco: primo passo di una rivoluzione tattica che farà la storia. Nell’estate dello stesso anno il Milan se lo prende con un’operazione da 35 miliardi di lire che include il passaggio di Dražen Brnčić all’Inter, una scelta folle che tutt’oggi resta uno degli abbagli di mercato più grandi della storia nerazzurra. Al Milan Pirlo scrive la storia nel ciclo vittorioso di Carlo Ancelotti, vince due Champions League e diventa uno dei calciatori più apprezzati al mondo. L’estate 2006 è quella del mondiale di Germania, un trionfo da protagonista per un recordman della nazionale azzurra con 116 presenze e 13 reti. Nel 2011 il Milan commette l’errore di farselo soffiare a parametro zero dalla Juventus, Pirlo resta in bianconero per 4 anni e riporta lo scudetto a Torino. L’ultima avventura è stata quella iniziata a luglio 2015 con il New York City, 60 presenze e un gol per colui che i newyorkesi hanno salutato con un "grazie, Maestro". […] Andrea Pirlo ha giocato la sua ultima partita nel mondo del calcio professionistico – 5 minuti, dal 90° al 95° – nel match tra i suoi New York City e il Columbus Crew [il 5 novembre 2017 – ndr]. I 23 mila dello Yankee Stadium hanno tributato all’ex di Juve e Milan un’ovazione ad ogni tocco di palla, fino alla standing ovation finale degna di un film. "A 38 anni è giusto dare spazio ai giovani. A questa età non si riesce più ad allenarsi come si vorrebbe: viene sempre fuori qualche acciacco"» (Matteo Politanò). Per celebrare il suo commiato dal calcio giocato, Pirlo ha organizzato, per il 21 maggio 2018, allo stadio San Siro di Milano, «La notte del Maestro», durante la quale disputerà una partita d’addio insieme ad altri campioni del mondo del pallone, per lo più suoi ex compagni di squadra. «Dopo 25 anni di calcio starò a casa con la famiglia. Per tenermi in forma giocherò a golf e a tennis». «Diventare allenatore? Per ora non ci penso. Inizierò però a fare il corso, perché avere il patentino può fare comodo. Se c’è una cosa che mi ha trasmesso l’aver lavorato con Antonio Conte alla Juventus, con la sua ossessione di farci vedere e rivedere continuamente video, è la passione per il lavoro di allenatore. Mi è venuta un po’ voglia di diventare allenatore» • Tra le esperienze calcistiche più traumatiche della sua carriera, la finale di Champions League del 25 maggio 2005 giocata con il Milan a Istanbul contro il Liverpool, persa ai rigori (6 a 5: tra gli ultimi tiri sbagliati, quello dello stesso Pirlo) nonostante un iniziale vantaggio di 3 reti. «Dopo Istanbul ho pensato di smettere perché niente aveva più senso. Quella finale mi ha perseguitato: insonnia, rabbia, depressione, senso di vuoto. Abbiamo inventato una nuova malattia dai molteplici sintomi: la sindrome di Istanbul» • «Pirlo è e sarà sempre quello che prende la palla al minuto 118 di Germania-Italia, a Dortmund, il 4 luglio 2006: stop di petto, destro, sinistro, sinistro, tiro, deviato in corner. E subito dopo angolo, respinta, a lui: controllo di sinistro, poi destro, destro, destro, testa alta, mezzo tacco, mezzo interno, dentro per Grosso. Senza guardare, perché la testa era girata dall’altra parte. Un corridoio che può vedere solo un essere umano diverso, solo un giocatore diverso. Il gol che ha spinto l’Italia in finale è suo quanto del terzino miracolato: Fabio ha calciato quello che Andrea ha inventato. Quel tocco è l’educazione sentimentale di questo sport. Perché un altro, uno con i piedi suoi, quella palla l’avrebbe calciata in porta. Pirlo no, perché ha imparato che il risultato conta più della gloria, che un assist può valere quanto un gol. Pirlo è la dimostrazione che la classe è in quello che pensi, prima che in quello che fai» (Giuseppe De Bellis). «“Il Maestro”, come lo hanno chiamato negli Stati Uniti, dove ha chiuso la sua carriera, è diventato – semplicemente – un modo di dire. Quando diciamo che un calciatore gioca (o, meglio, che prova a giocare) “alla Pirlo”, tutti capiamo di cosa si sta parlando. Cioè di un modo di stare in campo che prevede copertura davanti alla difesa, lanci millimetrici da 40 metri ma anche ultimi passaggi illuminanti, capacità unica di dettare il tempo a 10 compagni di squadra (perché non è sempre vero che bisogna giocare a due tocchi: bisogna saperlo fare e sapere quando ha senso), gesti tecnici sempre purissimi: come le sue mortifere punizioni, che verso la fine della carriera diventarono un’evoluzione della tecnica inventata da Juninho Pernambucano, grazie alla quale il pallone precipita all’improvviso verso un angolo irraggiungibile. E, infine, […] una ferocia agonistica che proprio a tanta classe pura verrebbe istintivo non abbinare mai. […] Che tutto questo abbia portato a qualcosa di unico e chissà quanto e quando ripetibile è diventato via via più evidente negli anni, a mano a mano che Pirlo si avvicinava alla fine della carriera. […] Il primo segno fu l’omaggio di fuoriclasse come Xavi e Iniesta dopo la finale dell’Europeo 2012 stravinta dalla Spagna sull’Italia. Un omaggio ripetuto tre anni dopo, quando fu di nuovo Xavi a consolare un Pirlo di nuovo in lacrime (a proposito di rabbia agonistica) al termine della finale di Champions League persa dalla Juve contro il Barcellona a Berlino. In mezzo, c’era stata la Confederations Cup 2013 in Brasile. Ed era stato impressionante vedere come, nel Paese più pazzo per il calcio che ci sia al mondo, ogni tocco di Pirlo in maglia azzurra venisse accolto da un’ovazione, al Maracanã di Rio come a Recife, a Fortaleza e a Salvador de Bahia» (Tommaso Pellizzari) • «È un esperto di vini. Nel 2007 ha aperto un’azienda agricola vicino alla casa natale del padre, in provincia di Brescia. “Ho sempre bevuto vino, fin da piccolo: mia madre me lo mischiava con l’acqua – ha raccontato –. Mi piace leggere libri sul vino, capirlo e provare vini di altre regioni o altre etichette”. […] Il cocktail “Pirlo”, la risposta allo spritz dedicata al regista, è stato votato miglior drink dal New York Times nel 2017» (Paolo Menicucci) • Due figli, Niccolò e Angela, dall’ex moglie Deborah Roversi; altri due figli, i gemelli Leonardo e Tommaso, dall’attuale compagna Valeria Baldini • «Quando lo vedo col pallone tra i piedi, mi chiedo se io posso davvero considerarmi un calciatore» (Gennaro Gattuso). «Pirlo è un leader silenzioso: parla coi piedi» (Marcello Lippi) • «Il calcio si gioca con la testa. I piedi sono solo strumenti». «Non sento la pressione. Ho passato il pomeriggio di domenica 9 luglio 2006 a dormire e giocare alla PlayStation. La sera sono andato in campo e ho vinto la Coppa del Mondo».