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 2018  luglio 26 Giovedì calendario

«Vi spiego perché tutti dicono I Love Rumi»


Ilove Rumi. Scritto sulle magliette. Cantato nelle canzoni, sotto la doccia o andando al lavoro. Riprodotto in tv come biografia. Balzato in testa alle classifiche dei libri.
Immortalato sui pacchetti di sigarette o nella pubblicità. La moda, o la mania, della "Rumi-terapia", invade l’America.
Il più grande poeta mistico di tutti i tempi, di origine persiana, considerato nel mondo musulmano quel che Omero, Dante o Shakespeare hanno rappresentato nella sfera occidentale, fondatore della confraternita sufi dei dervisci rotanti, riposa a Konya, che dell’Anatolia è la città più religiosa. Elif Shafak, l’autrice più letta in Turchia e appassionata conoscitrice della sua figura, qualche anno fa ha scritto in inglese un romanzo, The fourty rules of love, pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo Le quaranta porte, storia in cui descrive l’insoddisfazione di una casalinga ebrea americana, e la sua improvvisa rinascita nel leggere un libro sul sufismo corrispondendo con l’autore che vive in Europa.
Elif Shafak, che cosa succede con Jalal ad-Din Muhammad Rumi, nato nel 1207, oggi con legioni di fan in America?
«Per capirlo dobbiamo avvicinarci all’essenza della sua filosofia. Credo che il segreto sia la sua voce, che era realmente universale. In un periodo storico in cui il mondo era diviso, lui cercava di unire la gente.
E in un tempo in cui c’era odio, parlava d’amore. Era un ribelle. Ma senza alcun ricorso alla violenza.
Era un’anima forte, piena di immensa compassione. La sua voce oltrepassa i confini nazionali, le divisioni religiose o le diversità etniche, abbraccia tutti gli esseri umani equamente. Ecco perché, benché sia vissuto nel XIII secolo, Rumi è un uomo senza tempo».
Ma perché adesso, e negli Stati Uniti?
«Non dimentichiamoci che in America la religione ha sempre giocato un ruolo importante nello spazio pubblico, così come in quello politico. Perché, ancora una volta, viviamo in un mondo diviso.
Pieno di paure, odi, divisioni, polarizzazioni. E proprio come al tempo di Rumi, oggi c’è troppa rabbia, insicurezza, confusione. Da un punto di vista politico, in tutto il mondo oggi c’è più nazionalismo, tribalismo, fanatismo religioso, isolazionismo. I demagoghi populisti fanno esplodere questi sentimenti. E ce ne sono così tanti di demagoghi, a est e a ovest, che vogliono costruire muri più alti e creare "la politica della paura".
Rumi però non è un costruttore di muri, ma di ponti. Così, per le persone critiche con le religioni organizzate e dogmatiche, ma interessate a un viaggio interiore e a una spiritualità individuale, Rumi è importante».
La sua passione per lui ad esempio com’è cominciata?
«Intanto devo dirle che non sono per niente una persona religiosa.
Non sono nemmeno credente. Non mi piace la certezza della fede, la sua rigidità, il dogmatismo. Ma non mi piace nemmeno la certezza dell’ateismo. La gente di fede vuole disfarsi dei "dubbi". Ma i dubbi sono importanti. Dobbiamo dubitare sempre, persino di noi stessi. Questo vuol dire progredire. E dall’altra parte, gli atei non vogliono avere a che fare con la " fede". Ma pure la fede è importante. C’è del magico nella vita, e non tutto può essere spiegato con la pura logica».
E lei dove sta?
«Fuori da questo dualismo. Questo è quello che fa il misticismo, rifiuta di essere parte di un semplice dualismo. Quello che mi piace è la danza tra la fede e il dubbio. E voglio vederli fare un valzer, ballare e ballare. Come esseri umani abbiamo bisogno di fede e dubbio, insieme. Per questo mi sono sempre sentita vicina all’agnosticismo, la parte eterodossa del misticismo. E come scrittrice agnostica sono interessata a Rumi, certamente.
Così come lo sono al misticismo ebraico, e anche a quello cristiano.
Perché dobbiamo avere confini?».
Con la conoscenza di Rumi lei è diventata più mistica?
«Il mio interesse per il misticismo è cominciato al college. Ero una studentessa femminista, anarco-ambientalista, di sinistra.
Avevo zero interesse per il misticismo. Poi ho cominciato a leggere sull’argomento. Ho letto su Shams di Tabriz, la persona che trasformò Rumi. E Shams era affascinante. Ho continuato a leggere: taoismo, buddismo, kabbala, ateismo, agnosticismo… Dobbiamo continuare a leggere, mai smettere, mai pensare che "sappiamo". Tutti impariamo, sempre. Io sono una studentessa della vita, e l’apprendimento non finisce mai. Così, sì, ho imparato molto da Rumi, ma anche molto dalla scienza, dalla filosofia, la filosofia politica, la letteratura, il femminismo… Sono una nomade.
Sempre a cercare, sempre a imparare».
Della poetica di Rumi che cosa le piace?
«All’inizio non era un poeta, ma uno studioso. Divenne un poeta dopo aver incontrato Shams. Ed è impossibile capire la poetica di Rumi senza capire Shams. Ma Shams oggi è meno conosciuto. Era molto critico dei fanatici. Si prendeva gioco dell’ipocrisia, dei ricchi e dei potenti. E accoglieva tutti equamente: prostitute, lebbrosi, poveri… tutti erano uguali ai suoi occhi. Shams pensava che esistevano modi diversi di pregare.
C’è chi lo fa ripetendo le stesse parole, e chi attraverso la danza e la musica! Questo era estremo allora e lo è ancora oggi. Shams era fatto di fuoco, Rumi di acqua. E la cosa più interessante della loro vicenda è come l’acqua potesse amare il fuoco, e il fuoco l’acqua».
Oggi c’è chi considera i dervisci rotanti giusto un’attrazione turistica, e applaudono persino alla fine della loro danza…
«Sì, purtroppo questo in parte è diventato uno show. Ma c’è ancora un’essenza rimasta pura e meravigliosa».
Lei che reazioni ha avuto dai lettori quando il suo "Le quaranta porte" è arrivato in testa alle classifiche americane?
«Ho ricevuto, e ancora ricevo, email e lettere così belle dai lettori di quel libro. Hanno condiviso con me le loro storie personali. I loro segreti.
Non hanno detto semplicemente "mi sono divertito", ma hanno spiegato nei dettagli che cosa significassero per loro quelle pagine, perché avessero toccato i loro cuori. E questo per me è realmente prezioso».
Il suo verso di Rumi preferito?
«Ogni volta cambia. In questi giorni è: "Non essere uno studioso, sii piuttosto pazzo d’amore"».