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 2018  luglio 22 Domenica calendario

Jachino, l’uomo della mattanza. Favignana perde l’ultimo raìs

FAVIGNANA L’isola è a lutto. La scorsa notte se n’è andato uno dei protagonisti della grande epopea del tonno, aGioacchino Cataldo, 77 anni, Jachino per gli amici e i compagni della tonnara, l’ultimo raìs per i turisti che, da quando la mattanza è diventata un lontano ricordo e l’ex Stabilimento Florio riconvertito in una magnifica testimonianza d’archeologia industriale, portava sulla sua barca a fare il giro delle grotte e delle cale.
Jachino, e chi non lo conosceva quel Ciclope gentile dalla barba incolta e dall’accento nordico, retaggio del suo passato d’emigrante prima nel Nord Italia e poi in Germania, quando neanche la tonnara in piena attività bastava a mettere insieme il pranzo con la cena? Sempre cordiale e disponibile, Jachino, ovvero il raìs, s’era guadagnato un posto di spicco tra i favignanesi passati, non senza rimpianti, dal duro lavoro alla tonnara alla caotica industria dell’accoglienza. La sua affezionata clientela spaziava. Era d’obbligo incrociarlo su tutte le rotte attorno all’isola con la sua barchetta di legno piena di turisti. E, immancabile, arrivava il saluto con due colpi di sirena.
Ma, come succede a quasi tutti gli isolani della sua generazione, la testa e il cuore di Jachino erano rimasti là, dentro ai grossi cancelli arrugginiti della Camparìa, l’antica tonnara dalle immense volte crollate, o oltre il muro di tufo sbrecciato dell’ottocentesco ex Stabilimento Florio. Lui, quel portone di legno massiccio sbiancato dalla salsedine l’aveva varcato per la prima volta a 14 anni, diretto alla sezione inscatolamento, per esser poi arruolato tra i tonnaroti, i pescatori addestrati a fronteggiare il rischio e a sopportare immani fatiche. Nella tonnara ci sarebbe rimasto per 44 anni. Fra la manodopera dello Stabilimento Jachino primeggiava per doti fisiche e arguzia. Ma nessuno, forse neanche lui stesso, avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventato il raìs, il capo, come dice la stessa parola in arabo. Il quale, nella tonnara, è più di un semplice capo. Al raìs non si richiedono soltanto doti di comando. Il raìs è l’uomo delle decisioni definitive, quando calare la lunga e complessa trama di reti che formano la tonnara e quando ordinare la mattanza che guida da una barca sbattuta dalle onde e dai colpi di coda dei tonni al centro della cosiddetta “Camera della morte”.
È un manager che gode della fiducia della proprietà e al tempo stesso è un Gran sacerdote chiamato ad interpretare i segni. Sa tutto del mare, dei venti, delle correnti. Ma come l’ultimo dei marinai aggrappato al suo destino prima di ogni decisione importante non esita a chiedere la protezione dei santi. «In passato ci sono stati raìs che non sapevano né leggere né scrivere, ma conoscevano a memoria ogni minimo dettaglio della tonnara: quante ancore, quanti galleggianti, quanti metri di cima occorrevano, e, per non perdere la memoria delle cose, chiedevano ai figli scolarizzati di trascrivere questi dati su fogli di carta che all’occasione riprendevano in mano», racconta Maria Guccione, la nota ex ristoratrice (protagonista assieme alla sorella Giovanna della riscoperta della cucina siciliana di mare) sempre più depositaria della memoria storica dell’isola.Un lavoro di questo tipo, basato com’è su un mix di conoscenza empirica ed esoterismo, esperienza e improvvisazione, non lo si può che tramandare di padre in figlio. Ma Jachino non apparteneva all’aristocrazia della pesca. Quello che sapeva lo aveva imparato, da semplice tonnaroto, stando alle costole del raìs Hernandez quando, dopo la parentesi in Germania, non riuscendo a rinunciare alla sua isola e al suo lavoro («il tonno – diceva – ce l’ho nel sangue») torna a Favignana. Agli inizi degli anni ‘90 la pesca del tonno sta per diventare un settore in crisi.Scioperi, assemblee, manifestazioni. I tonnaroti favignanesi cercano di prendere in mano il loro destino e il più combattivo di tutti in questa battaglia per la sopravvivenza di un patrimonio che non è soltanto economico, ma culturale e comunitario è Jachino che, assieme ad un altro leggendario pescatore, Clemente Ventrone, dalla lunga chioma bionda e dai muscoli d’acciaio, costituisce una cooperativa di 13 marinai che prolungherà la vita della tonnara per 11 anni, prima di finire preda di avventurieri. Jachino viene eletto raìs nel 1997 e rimarrà nella carica fino al 2007. Tuttavia quella del 2007 non sarà l’ultima “calata”.
Nel 2016 il raìs Salvatore Spataro, tornato a Favignana dopo un lungo soggiorno a Trapani, calerà la cosiddetta “tonnara turistica”, nel tentativo di far riacquistare a Favignana le quote tonno perdute e riportare l’isola fra le centrali della pesca del tonno in attività.
Quindi a rigore, Jachino non è stato “l’ultimo raìs”. In tempi non sospetti i due raìs si sarebbero incontrati e chiariti. Ma forse Jachino, alla fine, a quel titolo non ci teneva così tanto: «Piuttosto sono stato l’ultimo romantico», andava dicendo, dando sfogo alla sua indole malinconica. Domani al suo funerale ci sarà tutto il paese.