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 2018  luglio 20 Venerdì calendario

Apu, l’indiano dei Simpson e il politicamente ridicolo

Ormai siamo al ridicolmente corretto: l’altro ieri Matt Groening ha rilasciato una nuova intervista al New York Times per difendere il “suo” Apu, il tragicomico indiano dei Simpson, gestore del Jet Market di Springfield, doppiato – ahilui – da un maschio “caucasico” (non “bianco”, proprio “caucasico”), Hank Azaria.
La polemica è stata innescata nel 2017 dal comico indiano-americano Hari Kondabolu con lo show The Problem with Apu, in cui accusava il personaggio di essere un concentrato di stereotipi razziali e razzisti, a partire dall’inflessione creata dal doppiatore, per giunta di etnia differente! Azaria a quel punto si è dichiarato dispiaciuto: “L’idea che qualcuno sia stato preso in giro mi rende davvero triste, non era mia intenzione, volevo diffondere risate e gioia”. Poi addirittura si è detto “felice di farsi da parte”, lui che per quel ruolo ha vinto ben quattro Emmy Awards.
Corre ora, di nuovo, in soccorso di Apu, e della serie tutta, il loro creatore: “Amo quel personaggio e mi spiacerebbe vederlo andar via”; soprattutto – così Groening – “mi addolora che i Simpson vengano criticati per la presenza di un indiano: chi è il miglior personaggio animato indiano degli ultimi 30 anni?”. Di più, “al cuore dello show c’è una premura: il fatto che i Simpson siano gialli e non rosa caucasico è voluto”, anche per “eliminare ogni connotazione razziale”.
Apu Nahasapeemapetilon, comparso per la prima volta nel 1990 (prima serie; ottavo episodio), mutua il nome da uno dei registi preferiti da Groening: Satyajit Ray, autore di Apu Trilogy. È chiaro che la polemica sia “inquinata”, eppure continua. E in Italia? Ancora si chiede ai doppiatori una inflessione stereotipata di africani, cinesi, tedeschi…?
“No, da tanti anni i cliché linguistici, spesso razzisti, non si usano più”, racconta Roberto Pedicini, voce eclettica da Kevin Spacey a Denzel Washington. “Tuttavia, il discorso è più complesso: il doppiaggio veicola una fruizione emotiva, dalle risate alla rabbia. Nei film comici, o nei cartoni, è facile che l’accento dei personaggi venga storpiato: ad esempio, in un episodio di Austin Powers, ho reso il dottor Male, che si ispira a Hannibal Lecter, leggermente gay e con accento abruzzese, mentre il lottatore di sumo ciccione l’abbiamo fatto parlare in napoletano. Ma nessuno si è offeso, ovviamente. È come fare la caricatura di un disegno: tutto è per rendere divertente la situazione. Spesso sono le stesse inflessioni dialettali o finto dialettali a essere di per sé comiche”.
Anche per Carlo Valli, storica voce di Robin Williams, doppiatore, tra gli altri, dell’egiziano Omar Sharif, “dipende tutto dal tipo di film. Se si vuole far ridere è probabile che si ricorra agli stereotipi. La polemica americana mi sembra un po’ sterile: gli italiani nei loro film sono tutti meridionali”.
In attesa delle proteste della comunità italo-americana, torniamo a quella indiano-americana: ad aprile di quest’anno è andata in onda una puntata riparatoria, che ha sortito però l’effetto contrario. “Certe cose del passato, che un tempo venivano applaudite e considerate inoffensive, ora sono politicamente scorrette. Cosa possiamo fare?”, si chiedeva Lisa alla fine dell’episodio, rinfocolando – ahilei – il dibattito interetnico.
In quei giorni anche Groening rilanciava la polemica, affermando che “la gente ama fingere di essere offesa”. Ora, invece, si spiega meglio sul New York Times: “Non mi riferivo specificamente ad Apu, ma alla cultura in generale… Penso che in questo momento particolare le persone si sentano così frustrate, impazzite e impotenti da scegliere le battaglie sbagliate. Condivido al 99% quello che dice Kondabolu: siamo in disaccordo solo su Apu”.
Poi, è vero, “come molti hanno sottolineato, che sono tutti stereotipi nel nostro spettacolo, perché questa è la natura del cartoon. Solo si cerca di non creare stereotipi riprovevoli. Comunque. Probabilmente ho detto troppo”. E certo che ha parlato troppo: dopotutto, è in tour per promuovere la sua nuova serie animata, Disincanto, in onda su Netflix dal 17 agosto. Politicamente scorretto lui o politicamente corretta lei (la pubblicità gratuita)?