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 2018  luglio 18 Mercoledì calendario

Il cemento divora la terra. Dal ’93 sparito il 28% dei campi

Un tempo qui era tutta campagna» non è più un modo di dire. Negli ultimi 25 anni più di un quarto della terra coltivata in Italia è scomparsa per colpa della cementificazione e dell’abbandono. A rivelare le conseguenze di un modello di sviluppo dannoso che ha ridotto il 28% della superficie coltivabile è il «Rapporto sul consumo di suolo in Italia 2018», diffuso ieri dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) alla Camera dei deputati. 
Solo nel 2017 la superficie naturale del nostro Paese è diminuita di 52km2. Più o meno è come se avessimo costruito ogni due ore un’intera piazza Navona, ma al posto di fontane, obelischi e turisti rimangono cattedrali nel deserto, cantieri e rimpianti. Risultato? In Italia ci sono solo 12,8 milioni di ettari di terra coltivabile. È dai tempi di «Le mani sulla città» film del 1963 di Francesco Rosi che si parla di speculazione edilizia e consumo selvaggio del suolo, ma ora la situazione sembra irrimediabile. 
Si continua a costruire anche nelle aree con vincolo paesaggistico(il 24,61% del suolo consumato nel biennio 2016-2017).
Si costruisce nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si costruisce nel Parco del Gran Sasso e nei Monti della Laga: e ormai 75mila ettari sono diventati totalmente impermeabili. 
Questi cantieri che da soli coprono più di tremila ettari invadono anche aree a pericolosità idrogeologica. Tradotto: più aumenta il cemento, più il territorio diventa fragile. Per questo non stupisce che siano saliti a 7.145 i Comuni italiani (88,3% del totale) a rischio frane o alluvioni. Un disastro che ci costa 2 miliardi di euro all’anno. 
Case su case, catrame e cemento in aumento nelle regioni in ripresa economica del Nord-Est italiano, ma il problema è nazionale: dalla pianura padana all’asse toscano tra Firenze e Pisa, dal Lazio alla Campania. Dalle aree metropolitane, alla coste liguri, siciliane e dell’Adriatico. Legambiente chiede di approvare al più presto la legge nazionale contro il consumo di suolo, ferma da mesi al Senato dopo essere stata approvata alla Camera nella scorsa legislatura. «Chiediamo un cambio delle politiche a tutela delle coste per intercettare il turismo di qualità e far fronte ai cambiamenti climatici».