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 2018  luglio 04 Mercoledì calendario

Bertè-Boomdabash: reggae per la rivincita

In sedici anni sono passati dalle feste in spiaggia a Loredana Bertè. Nati nella scena reggae salentina nel 2002, oggi i Boomdabash sono un quartetto maturo, in grado di scalare le classifiche di ascolto e di riportare una cantante iconica al suo vecchio amore.
Da due settimane la loro «Non ti dico no» è la hit estiva più trasmessa dalle radio, una traccia forte e coinvolgente da cui emerge la voce rauca e potente della diva del rock. «Per noi era un sogno lavorare con Loredana», racconta il cantante del gruppo, Biggie Bush, al secolo Angelo Rogoli. Mentre lo dice ha la voce rotta dall’emozione e poi ricorda: «L’idea di contattarla è arrivata in studio. Stavamo registrando i brani del nostro ultimo disco, “Barracuda”, quando uno di noi quattro, non ricordo chi, ha proposto di coinvolgerla. La prima reazione è stata di assoluto sbigottimento. Figurati se la Bertè si mette a collaborare con noi, pensavamo, ma poi ci siamo fatti coraggio e le abbiamo mandato il provino. Quel pezzo era perfetto per lei».
Ed è vero, lo è. Anche se oggi il binomio Bertè-reggae può sembrare singolare non dimentichiamoci che nel 1979 la rocker incise il suo pezzo più celebre ispirandosi proprio alle atmosfere giamaicane. Parliamo di quella «E la luna bussò» in cui il testo raccontava di un’emarginazione urbana più vicina alla nostra sensibilità che alla cultura caraibica ma lo faceva sui ritmi di Peter Tosh e Jimmy Cliff.
Questa poi non è l’unica collaborazione di «Barracuda», un disco che è un caleidoscopio di lingue e stili, in cui inglese, italiano e salentino si miscelano ad artisti molto diversi tra loro. Ci sono lo swing di «Maria», l’inno alla marijuana che non può mancare in un album che strizza l’occhio alla Giamaica, le atmosfere trap di «Barracuda» in cui irrompono i vocalizzi di Jake La Furia e Fabri Fibra, il raggamuffin in salsa pugliese di «Gente del sud» e il ritorno alle origini con «My generation», la traccia più convincente dell’album, e con «Pon di Riddim» in cui compare il nume tutelare del reggae tricolore, Alborosie.
«La varietà dell’album rispecchia le molte anime di questo gruppo», sottolinea Biggie Bush, «Non abbiamo mai fatto reggae puro al cento per cento e ci siamo sempre lasciati influenzare da stili distanti dal nostro».
Parte del successo del disco è dovuta anche a Ketra, al secolo Fabio Clemente, il beatmaker dei Boomdabash che insieme a Takagi (Alessandro Merli, ex Gemelli DiVersi) ha prodotto l’album. Da qualche anno il duo sta rivoluzionando il pop tricolore: hit come «Roma Bangkok», «L’esercito dei selfie», «Amore capoeira» e «Italiana», per esempio, portano la loro firma.
Oggi che i Boomdabash possono contare su quattro dischi d’oro e anche «Non ti dico no» è arrivata all’aura meta, i quattro non si fermano più. «Abbiamo un grande progetto in cantiere», ammette Biggie Bash ma non rivela di più. Che parli, forse, di Sanremo?