Tuttolibri, 23 giugno 2018
Non è una signora da ritratto l’ereditiera che fece sognare Henry James
Cara Madame De Filippi, fate bene ad andare nel Kashmir se ne avete l’occasione», così Henry James, il 9 febbraio 1909, rispondeva a Caroline Fitzgerald, convolata in seconde nozze con l’italiano Filippo De Filippi. L’amica americana chiedeva consiglio al celebre narratore se fosse opportuno per una signora avventurarsi in zone così impervie e disagiate. Lo scrittore, con un po’ di civetteria, affermava di essere un uomo sedentario anche se fin da ragazzo aveva viaggiato tra New York, Ginevra, Londra, Parigi e Berlino. Poi aggiungeva con rude franchezza di essere «roso dall’invidia» per le doti muscolari e atletiche del consorte della Fitzgerald, medico ma anche noto esploratore e scalatore.
Fu un curioso e singolare rapporto quello della fanciulla, nata nel Connecticut nel 1865, con James classe 1843: a rivelarci il legame dello scrittore con la sua corrispondente fino a oggi sconosciuta, è l’avvocato e storico dell’arte Gottardo Pallastrelli in Ritratto di signora in viaggio. Un’americana cosmopolita nel mondo di Henry James. Lo studioso ha ritrovato nell’archivio di famiglia di Caroline una ventina di lettere indirizzatele dal narratore che dopo lo scoppio della prima guerra mondiale scelse di diventare cittadino britannico. Le missive di Henry a Caroline sono un documento unico: ci restituiscono un insolito ritratto del romanziere con le sue idiosincrasie, gli altalenanti umori e i risvolti caratteriali più umani e contraddittori. James quando nel 1896 incontrò Caroline aveva composto gran parte delle sue opere più famose, da Washington Square a Principessa Casamassima. La Fitzgerald si era appena separata dal primo marito e aveva un gran desiderio di risollevarsi dal dramma del divorzio. Ricca ereditiera, nel suo appartamento londinese di Kensington riceveva quotidianamente quel mix di lord, ladies, uomini politici e intellighenzia, da William Butler Yeats a Max Beerbohm, che era l’anima mondana della capitale. E mentre lei passava da un salotto all’altro, James le scriveva dal Sussex dove aveva scoperto la deliziosa cittadina di Rye.
Ma come mai Caroline aveva tanto colpito il narratore? Incontrando la ragazza americana, le notazioni di James sono spesso ambivalenti: la definiva bella ma distratta e persino sciatta e trascurata. Comunque sempre molto malinconica. Caroline non rientrava negli stereotipi delle gentildonne frequentate dall’autore di Ritratto di signora, elegantissime, sofisticate, appartenenti all’high society internazionale. Assomigliava di più alle complesse protagoniste dei romanzi di James e non a una miliardaria in cerca di un matrimonio prestigioso in Europa. Incantata dal viaggio come opzione di libertà e forma di emancipazione femminile, Caroline si era iscritta all’American Oriental Society e aveva visitato il Caucaso, il Ladakh e l’India. Affascinata dall’Oriente, indossava lunghe tuniche colorate, camminava a piedi scalzi e dedicò a Robert Browning il primo libro di poesie recensito molto positivamente da Oscar Wilde. Nell’estate del 1889 fu corteggiata da Bertrand Russell ma sposò Lord Edmund George Fitzmaurice da cui si separò molto presto.Paradossalmente, per James, la Fitzgerald rappresentò il suo alter ego: lo scrittore diceva di detestare il tumultuoso ritmo della mondanità londinese – «nella Londra dal cuore di pietra, i minuti del giorno sono contati» – ma ne era irresistibilmente attratto; sosteneva di preferire la vita sedentaria ma ammirava lo slancio e il dinamismo di Caroline. Con queste commoventi e rivelatrici parole Henry l’accolse al rientro da un viaggio esotico: «Che piacere avere vostre notizie, e di cose così selvagge e romantiche, e di energie cosi abbondanti, e di progressi così trionfali! La grande e rapida corrente della vostra vita, cosmopolita e ampia, mi fa sentire – per contrasto – vecchio e uggioso e semplicemente obeso!». James fece molte gite in Italia centrale con la coppia Fitzgerald-De Filippi a bordo del «cavallo americano» di Caroline. Anche con il consorte di Caroline nato a Torino, il romanziere ebbe un rapporto complicato e nelle lettere alla scrittrice Edith Warthon lo definiva un «nanerottolo» e un «borghesuccio piemontese diabolico». James stimava molto però l’americana che assomigliava stranamente alle sue eroine le quali, come ribadiva lo stesso autore, erano moderne e desiderose di autonomia ma rappresentavano anche «l’idea di attaccamento al passato, di storia, di continuità e conservatorismo». Ironia della sorte, infine, proprio come Daisy Miller, protagonista dell’omonimo racconto di James, che si spegne a Roma dove ha contratto la malaria, Caroline morì anche lei nella capitale a soli 46 anni, la notte di Natale del 1911. Forse, come Daisy, anche lei era stata consumata dall’eccesso di vitalità.