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 2018  giugno 23 Sabato calendario

Disorientamento, prepotenza, lacrime: il leader secondo Messi, Ronaldo e Neymar

La storia del calcio è piena di giocatori normali che trovano la serata da fenomeno: meno, molto meno di fuoriclasse che spariscono, letteralmente si eclissano dal campo nel momento del bisogno. È successo, nientemeno, a Leo Messi, il più grande del nuovo millennio: e non è escluso che qualcosa di strano sotto ci possa essere. Forse non un caso Ronaldo, non Cristiano, l’altro, che la finale mondiale di Parigi ’98 pretese di giocarla dopo una crisi epilettica e il giallo si scoprì a distanza, con il famoso e penoso filmato della scaletta dell’aereo. Ma qualcosa sì. Perché la prima partita Messi l’aveva giocata. Male, non da Messi, ma l’aveva giocata. Persino troppo, palla sempre a lui, circondato, assaltato, soffocato dalla gabbia degli islandesi. Da quella con la Croazia invece si è praticamente astenuto: già prima della sciocchezza del portiere, a maggior ragione dopo, come mai gli era accaduto in carriera. Messi che non riesce a incidere capita di vederlo, di rado ma capita: l’ultima volta all’Olimpico con la Roma. Ma Messi che nemmeno ci prova e finisce per darsi alla macchia è un inedito.
Stava male? E nel caso, di testa o di fisico? La testa tanto a posto non era, come documentano le immagini al momento degli inni nazionali, lo sguardo perso nel vuoto, lui che si tocca la fronte, gli occhi, come a scacciare qualcosa. Ma che cosa? I fantasmi del rigore sbagliato con l’Islanda? Un’emicrania? Una tensione fuori controllo dopo 15 anni di carriera al livello più alto? Stiamo comunque parlando di un giocatore che da tempo è in cura da un nutrizionista italiano, Giuliano Poser, per combattere in particolare il vomito a secco. Ne soffriva Omar Sivori, per dirne uno non qualunque, che dietro quell’aria da sgherro soffriva come pochi lo stress, la cosiddetta ansia da prestazione. Figurarsi Leo, con quella sua eterna aria da pulcino e il peso della maglia bianca e azzurra col numero 10. Che marcasse male per Messi lo si era capito dall’intervento della madre, alla vigilia della partita, per raccontare in tv quanto Leo stesse soffrendo per quel rigore sbagliato, per i compagni, per l’Argentina. Brutto segno. In tutti questi anni la signora Celia non era mai scesa in campo a sostegno della creatura.La qual creatura compie domani 31 anni e (non) li festeggia nel momento peggiore della carriera. Un regalo di consolazione gliel’ha fatto la Nigeria, a lui e all’Argentina, rimettendo teoricamente in corsa l’Albiceleste. Ma la squadra fatta a pezzi dalla Croazia dovrebbe battere per l’appunto i nigeriani e in quello sfacelo l’impresa si annuncia improbabile. La sola, tenue speranza è che alla fine si ritrovi lui, nel senso di Leo. Che a scuoterlo sia stata la vista del baratro, spalancato, con quel lumicino in fondo riacceso dai due gol nigeriani. Mettendo da parte per un po’ il fantasma di Cristiano Ronaldo, i suoi gol puntuali e prepotenti, e ripartendo magari dalle lacrime di gioia del suo amico Neymar.