Il Sole 24 Ore, 23 giugno 2018
Reddito di cittadinanza M5S troppo generoso: in Europa non ha eguali per livello e condizioni
In Francia il reddito minimo “pro capite” garantito (il “revenu de solidaritè active”) è di circa 530 euro, e l’interessato può rifiutare soltanto una offerta di impiego ritenuta appropriata. In Germania, il sussidio anti povertà scende intorno ai 400 euro, nel Regno Unito è ancora più basso, e anche in questi due Paesi esistono obblighi piuttosto stringenti per i beneficiari (con specifiche cause di decadenza).
E in Italia? La proposta di «reddito di cittadinanza» elaborata dal M5S nel 2013, e inserita, genericamente, nel «contratto di governo», al centro del dibattito politico di questi giorni, si mostra, almeno sulla carta, decisamente più generosa: 780 euro mensili (pari alla soglia di povertà come definita da Eurostat nel 2014 – con i dati 2016 si passerebbe a 812 euro), indipendentemente dal livello della ricchezza. Non solo. Oltre a essere più cospicua in termini monetari, la misura italiana ipotizzata dalla coalizione “giallo-verde” presenta, anche, vincoli meno rigidi rispetto agli altri Paesi, potendo infatti l’interessato rifiutare massimo tre proposte lavorative nei due anni, o recedere dall’impiego per due volte nell’arco dell’anno solare, prima di perdere la somma.
A confrontare gli strumenti di reddito minimo esistenti fuori dai nostri confini nazionali con la nuova misura inclusa nel programma dell’esecutivo Conte è un interessante studio dal titolo «Reddito di cittadinanza: un confronto con l’Europa», elaborato dall’Osservatorio conti pubblici dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diretto dall’economista Carlo Cottarelli.
I risultati sono piuttosto eloquenti. Per quanto riguarda il livello del reddito minimo garantito sono stati analizzati 27 Paesi, Regno Unito compreso, e paragonati al Belpaese. Ebbene, in nessuno di questi Stati, evidenzia il rapporto, «esiste un trattamento simile». Da noi infatti il reddito minimo proposto da M5S e Lega sarebbe uguale alla soglia di povertà (saremmo l’unico Paese così “generoso”). Alla stessa conclusione si arriva confrontando lo strumento con il reddito medio pro capite dei vari Stati: anche in questa classifica, il Belpaese sarebbe al primo posto (in Italia l’ipotizzato reddito di cittadinanza coprirebbe circa un terzo del reddito medio pro capite).
«Si tratta di livelli decisamente elevati rispetto agli altri Paesi, tenendo anche conto dell’elevato debito pubblico italiano», commenta Carlo Cottarelli.
Inoltre, questa relativa generosità avrebbe riflessi pure sull’offerta di lavoro. Difatti, il rischio che una persona rimanga inattiva cresce al crescere del reddito ricevuto in assenza di lavoro. Senza considerare, in aggiunta, che non parametrando l’importo del sussidio rispetto alla zona di residenza, il reddito di cittadinanza risulterebbe più generoso al Sud dove il costo della vita, secondo alcune stime, è di circa il 16% più basso che nel resto del Paese.
La misura italiana si distingue, inoltre, anche rispetto agli obblighi per il percettore. Qui il confronto è svolto con altri 25 paesi Ue, esclusi Spagna e Belgio, che hanno normative regionali o tarate sui singoli richiedenti.
La fotografia non cambia, con l’Italia che presenta un minor collegamento tra il beneficio e la partecipazione in programmi di politica attiva. Tutti i paesi analizzati dallo studio, infatti, richiedono ai percettori di redditi minimi garantiti un’attivazione molto precisa.In 10 Paesi è obbligatorio accettare qualsiasi offerta di lavoro pena la perdita del beneficio, in 11 qualsiasi offerta appropriata, e in Francia si può rifiutare soltanto una offerta. Questo vuol dire che in 22 Paesi è concesso di rifiutare al massimo una offerta di lavoro ritenuta appropriata (in Italia si sale a tre).