Corriere della Sera, 23 giugno 2018
«Sci di lusso e scarponi francesi». Il giallo di M.M. morto negli anni 50
Abbiamo molte cose che erano sue, riusciamo anche a immaginare qualche frammento della sua vita. Ma non sappiamo chi fosse, soltanto che perse la vita scendendo da Plateau Rosa, sopra Cervinia, in una data imprecisata degli anni 50. Probabilmente un uomo benestante, ma nessun familiare avrebbe mai denunciato la scomparsa, reclamato il corpo. Le sue iniziali sono «M.M.», perché queste sono le lettere cucite sulla camicia di tessuto leggero, grigio verde, che indossava in quel suo ultimo giorno di vita. È stata trovata, insieme ai pochi i resti del corpo e all’attrezzatura che aveva con sé, 13 anni fa, il 22 luglio 2005 quando un fantasma è riapparso dal passato a 3.100 metri, località Cime Bianche, a causa dello scioglimento del ghiacciaio del Ventina. Da allora è iniziata una lunga e complessa ricerca per ricostruire un volto e una storia.
La Procura ha subito dato incarico ai medici legali di Aosta, gli uomini del Gabinetto interregionale di polizia scientifica di Torino hanno iniziato a raccogliere e inserire informazioni nella banca dati della «Ricerca scomparsi». Sono stati consultati archivi e giornali dell’epoca. Niente, nessuna traccia, ma almeno si è riusciti a ottenere una sorta di scarno identikit. Alto non meno di un metro e 75, età media, probabilmente con una buona disponibilità economica. Lo dimostrano gli sci, Rossignol «Olympique» numero 7200-210, risalenti appunto agli anni ‘40-’50, ottima qualità, per sciatori esperti e abbienti. Anche i bastoncini non erano in comune bambù, ma in metallo, un lusso all’epoca. Come gli scarponi, della mitica marca francese «Le Trappeur» (non esiste più), in cuoio, doppia allacciatura anteriore e posteriore, che spingono a pensare che fosse di nazionalità francese. Anche la camicia, ha rivelato il paziente lavoro di decifrazione dell’etichetta della Scientifica di Aosta, viene da una ditta transalpina: «Fabriqué spécialement pour Bodrigue-Par de Marly». E l’orologio Omega, numero di serie 11666171, risulta uscito dalla fabbrica l’8 febbraio 1950 con destinazione «Colonie francesi».
Viveva in Algeria o in Marocco? L’ha comprato in Africa durante una vacanza? Oppure gliel’hanno regalato? Ancora non è dato saperlo. Sappiamo invece che era miope, almeno dalla correzione della lente destra degli occhiali. La monetina da 5 lire che aveva in tasca, quella con il grappolo d’uva, ci dice poco, ma aiuta a confermare il periodo della tragedia, visto che fu coniata fino al 1950. In ultimo, un foulard di seta color rosso e un carnet da 60 corse per la funivia «Breuil Plan Maison».
«Abbiamo chiesto agli anziani, alle vecchie guide, consultato i registri di Comune e parrocchia. Nessuno ricorda niente» fa sapere Massimiliano Giovannini, comandante del Soccorso alpino della Guardia di Finanza di Cervinia che recuperò il corpo, anche lui impegnato in questa ricerca finora senza frutti. Giuliano Trucco, 74 anni, guida e maestro di sci, direttore delle piste per quasi 20 anni, ricorda quell’epoca in cui si diffuse il mito di Cervinia. «Dopo la guerra iniziarono a venire in tanti. Dalle città, Torino e Milano, ma anche dall’estero. Immaginiamo che sia sceso fuori pista e sia precipitato, quella zona era piena di crepacci. Le piste erano così, non c’erano indicazioni o pali, si seguivano le tracce degli altri. Era più difficile di adesso».
Lo sciatore ignoto fu inghiottito dalla neve e dopo almeno 60 anni resta un enigma. È stato estrapolato il suo profilo genetico in vista di una possibile comparazione con un parente e un laboratorio forense di Firenze sta analizzando le arcate con diversi denti d’oro. «Abbiamo lanciato un appello, speriamo che qualcuno ci aiuti a identificarlo – dice Ornella De Santis, dirigente dell’Anticrimine ad Aosta —. Cercheremo di farlo sapere anche in Francia, ma chissà se viene davvero da lì».