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 2018  giugno 22 Venerdì calendario

Borghi & Bagnai, i due guastatori che fanno tremare i mercati

Due guastatori euroscettici, Borghi& Bagnai, si insediano nei fortilizi parlamentari decisivi per i conti economici. L’attacco anti- sistema di Matteo Salvini colpisce ancora una volta l’economia, il fianco scoperto dell’Italia. Nel mezzo della bufera aizzata sugli immigrati e appena l’Italia nelle ultime ore aveva recuperato un po’ di credibilità europea con il discorso parlamentare del ministro del Tesoro Giovanni Tria, il vicepremier mira al pallino e manda di nuovo tutto all’aria. La doppia nomina contribuisce a far salire lo spread a quota 242.6, spinge la Borsa giù del 2 per cento e fa diventare roventi i telefoni degli operatori.
Con una mossa risoluta Salvini ha deciso di buttare nella mischia parlamentare, con ruoli di primo piano, i due commandos anti- euro più agguerriti e determinati: Claudio Borghi e Alberto Bagnai, economisti con Dna euroscettico conclamato, nominati rispettivamente presidente della cruciale Commissione Bilancio della Camera e della non meno importante Commissione Finanze del Senato. I due, insieme agli avanguardistidella prima stagione gialloverde, erano rimasti fuori dalle posizioni di governo: troppo estremisti per assecondare la “linea Tria”, prevalente dopo lo stop a Paolo Savona.
Ora tuttavia Salvini, che non ha mai ingoiato il rospo della rinuncia al ministero dell’Economia, sferra un pericoloso colpo di coda. Risultato: con l’elmetto calzato sul capo alla guida della Commissione Bilancio della Camera, che rese famoso Paolo Cirino Pomicino negli Anni Ottanta, dove viene costruita la Finanziaria e passano tutti i maggiori provvedimenti economici, arriva Claudio Borghi, 48 anni, già alla Deutsche Bank. Il neopresidente, euroscettico dichiarato, rimpiange il logo della Lega Nord delle europee del 2014 dove campeggiava «Basta Euro» e racconta che il primo gennaio del 2002 andò al bancomat per verificare se usciva veramente quella che chiama, senza neanche scherzare troppo, «orrida monetaccia».
Il presidio si rafforza al Senato dove alla Commissione Finanze ci sarà Alberto Bagnai, il bellicoso economista cinquantaseienne, laureato alla Sapienza. Di lui si ricordano un articolo del 2011 sul Manifesto intitolato «L’uscita dall’euro» e le polemiche anglo-romanesche sul suo beffardo sito Goofynomics: «Draghi! Portece n’antro ltro», dove per “ltro” si intende la sigla delle operazioni di rifinanziamento della Bce.I due, per niente sprovveduti, contrattacano. Bagnai ribatte: «Se sale lo spread significa che i mercati sono stati sorpresi e dunque sono poco efficienti». Borghi se la cava con una fredda battuta: «Dire che lo spread sale per colpa nostra è come dire “piove governo ladro”».
In Europa e sulle principali piazze finanziarie gli operatori allargano le braccia e non hanno più parole per spiegare la politica dei gialloverdi italiani. «Ci chiedono aggiornamenti ogni giorno», racconta Vincenzo Longo, analista di Ig. «Dobbiamo convivere con le esternazioni dei politici», si sfoga Anna Benassi della Kepler Chevreux. Decreta Gianni Piazzoli di Equita: «C’è la sensazione che il controllo della Lega all’interno del Parlamento sulle questioni economiche sia assai significativo». Del resto, oltre alla nomina dei due euroscettici, Salvini e Di Maio ieri hanno fatto di tutto e per deligittimare l’intervento in Parlamento di Tria che aveva perorato la causa della continuità, del consolidamento dei conti pubblici e del dialogo con Bruxelles. Fin dalla mattina ad Agorà Salvini ha stroncato la difficile posizione di Tria: «Il ministro dell’Economia fa il suo mestiere, ma noi rispettando i vincoli chiederemo più margini all’Ue per flat tax e reddito di cittadinanza». Siccome le due misure costano tra i 60 e gli 80 miliardi è come chiedere di sfondare il rapporto deficit- Pil oltre il 3 per cento. Di Maio non è da meno anche se con toni più soft: «Non è vero che Tria non sta assecondando le proposte di M5S e Lega», anzi secondo il vicepremier grillino investimenti, reddito di cittadinanza e flat tax aumenteranno il Pil e consentiranno di ridurre il debito. Non proprio la stessa cosa che ha detto Tria, l’altra faccia del governo gialloverde, il quale ieri da Lussemburgo non ha potuto far altro che ripetere che l’«euro non è in discussione».